Un volo di gabbiano sul mare dell'oblio...

Ecco cos'è questo spazio di memoria. Non è altro che il tentativo di un volo, come gabbiani inesperti, nella vana speranza di vincere il tempo. Qui, come innocenti pennuti, si abbandonano al vento di tempesta i pensieri e le memorie, in uno spazio senza indirizzo, verso un interlocutore all'infinito, in questo campo di volo, col rischio di bagnarsi le ali, nel tentativo di sfuggire per un istante ai flutti dell'oblio che vorace divora l'esistenza dell'uomo.

2009-01-09

Caro amico ti scrivo...

« Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po', e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò... » (Lucio Dalla)
Sembra opportuno cominciare questo nuovo anno sulle note di una famosissima canzone di Lucio Dalla, una di quelle che tutti prima o poi abbiamo cantato, forse anche cambiandone qualche parola, forse sostituendo a quel "ti scrivo" altre azioni più comuni e moderne come ad esempio "ti invio una E-Mail" o magari l'attualissimo "ti invio un sms". Noi, uomini nostalgici d'un passato che è stato, preferiamo affidare i nostri pensieri alla Scrittura, magari supportati dai più moderni sistemi tecnologici, ma altrettanto lontani dalle, digitalmente economiche, brutture grammaticali delle abbreviazioni da messaggino (tvb, cvd, c6, nc6, etc...).

Dopo questo periodo festivo trascorso (per fortuna) rapidamente, resi sazi da fintamente ricchi cenoni ed illeggibili fiumi di auguri elettronici al netto di vocali, è inevitabile tirare le somme di ciò che è stato e porsi domande su ciò che sarà. Ci perdoni il celebre cantautore se dubitiamo della sua capacità nello scrivere oggi quella lettera, ci perdonino gli italiani se già da subito consideriamo, senza sconti o saldi di sorta, quanto ardua possa essere l'impresa per un cittadino della "Repubblica" all'alba di questo 2009. Di cosa parlereste voi se doveste raccontare di quest'anno ad un amico lontano? Ecco cosa scriverebbero alcuni di noi:
Caro Amico,
non stracciare subito questa lettera poiché, a dispetto del suo incipit, ormai tristemente comune, non ti chiederò il tuo voto; non metterla da parte con un sospiro ipocrita in attesa di tempi migliori, non voglio la tua beneficenza; non cercare la frode scrutando attentamente fra le mie parole, non mi interessa con chi chiami o se hai la TV satellitare; non cercare carta e penna per far di conto, non voglio farti credito...

Caro Amico,
non leggere con nostalgia questa mia poiché a te io sorrido, che lontano ed innocente spettatore sarai innanzi ai fatti che ti voglio raccontare.

Caro Amico,
sebbene sembri solo un anno da quando sei partito, mi pare un secolo o forse due. A volte, nel cuore della notte, cercando distratto e bisognoso quel poco d'acqua per ristorare la bocca amara di tristezze e delusioni, mi chiedo dove io sia, in che luogo dello spazio e del tempo io mi trovi: s'è vero che nell'Italia Repubblica sono nato o se piuttosto sia la mente a giocarmi uno scherzo che mi proietta infelice duecento anni nel futuro. E' dunque il 2008 ad essersi concluso Caro Amico? O è questo ancora l'anno 1809 per concessione e grazia di Sua Maestà il Re?

Quest'anno, se la memoria non mi inganna, è cominciato tra i tumulti di coloro che chiedevano un nuovo governo, e che l'hanno ottenuto, e coloro che chiedevano nuove condizioni salariali all'insegna dei diritti e della dignità del Lavoro umano. Mi preoccupa il pensare che questa possa essere un ricordo falso e libertino di una realtà che narra della passata Rivoluzione dei Francesi, sedata nel sangue e caduta nel silenzio per opera dei potenti riuniti in Congresso a Vienna. Erano gli aerei ad essere pericolosamente stretti fra gli artigli dell'Estero conquistatore o piuttosto le Alpi? 

In questa confusione che affolla i miei pensieri temo non vi sia però differenza nei risultati... forse solo in quei miliardi di euro che gli Italiani dovranno pagare per colpa degli Aerei di cui ti parlavo... Certo, sempre ammesso che esista questa moneta e non sia una mia invenzione, un parto della mente alla ricerca di un'economia "virtuale". Poco importa, in fondo, siano i vecchi Franchi o i bravi Tarì, che sia Euro o Parpagliola la neonata moneta, sia colpa dell'Alitalia oppure dell'Austria: è comunque un fatto che non bastano i denari nemmeno per il Pane. Poco importa inoltre se è colpa della Pubblicità, oppure se ciò viene dalla reale bocca di Sua Maestà la Regina: comunque ci scherniscono proponendoci di mangiare Brioche.

Non detestarmi, Amico Caro, per questa mia intollerabile mancanza di certezza, non credermi idiota per questa mia improvvisa confusione, perdona la mia assenza di discernimento quando vedo, oggi, come allora, i risultati dei sussurri del potente. Così io, misero uomo del Terzo Stato, oppure solo dimenticato membro del popolo dei precari, mi affliggo, e considero smarrito il tempo e lo spazio. 

Certo, Caro Amico, confido che sia meglio. "Cosa?" tu chiederai e la risposta sarà per te di grande sconcerto. Meglio subire il giogo della Follia, lasciarsi cadere nell'ebbrezza di un oblio senza fine, nell'incertezza del presente e nell'indifferenza per il futuro. Meglio questo piuttosto che la presente consapevolezza dei nostri tempi. Perché oggi, più di ieri, chi non ha ancora perso il senno è costretto, da lampanti ed innegabili fatti, a rendersi conto della vita che scorre innanzi ai suoi occhi.

Caro Amico, s'è vero che il millennio è già trascorso, allora è vero che venticinque anni fa Catania si rendeva protagonista di uno dei suoi fatti più neri. Nonostante siano passati più di sette secoli da quando in questa città fu fatto divieto d'indossare Maschere o di coprirsi il volto, il disonore infame e l'opulenta vergogna, che tutto può e comanda, ha continuato ad indossare l'oscuro velo e a compiere i suoi crimini con mano guantata. Venticinque, ho detto, gli anni. Venticinque: da quando Giuseppe Fava fu brutalmente ucciso ed ignobilmente calunniato nella tomba. Venticinque anni d'ombra: esempio dell'eclisse di ogni virtù.

Non voglio credere, Caro Amico, che la mia mente goda di buona salute, poiché altrimenti doveri ammettere verosimile il parto della follia che oggi chiamo Italia: un luogo, del tempo e dello spazio, dove anche il pensiero e la parola son compagni di cella, legati agli stessi ceppi d'un umido e buio sotterraneo dimenticato, inevitabilmente costretti ad affidarsi al sogno per sfuggire dall'inespugnabile realtà.

Caro Amico,
all'inizio di questo nuovo anno ti porgo i miei Auguri, sia questo felice per te che vivi altrove, ti raggiungano la mia paura e la mia speranza che tu possa non tornare, ti tocchino i miei timori e le mie consolazioni, siano questi per te monito di un tempo che è stato e che di nuovo, forse, sarà.
«Non c'è speranza senza paura, né paura senza speranza.» (Karol Wojtyla)