Un volo di gabbiano sul mare dell'oblio...

Ecco cos'è questo spazio di memoria. Non è altro che il tentativo di un volo, come gabbiani inesperti, nella vana speranza di vincere il tempo. Qui, come innocenti pennuti, si abbandonano al vento di tempesta i pensieri e le memorie, in uno spazio senza indirizzo, verso un interlocutore all'infinito, in questo campo di volo, col rischio di bagnarsi le ali, nel tentativo di sfuggire per un istante ai flutti dell'oblio che vorace divora l'esistenza dell'uomo.

2008-04-27

25 Aprile 2008: ritorno... "a quel paese"

«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» (Art. 21, Costituzione della Repubblica Italiana)
Torino, 25 Aprile 1945: le truppe partigiane armate con un equipaggiamento di fortuna e con la sconsiderata incoscenza della gioventù liberano il capoluogo piemontese dall'occupazione nazifascista, lo stesso avviene a Milano mentre il Clnai proclama lo sciopero generale. Dall'alba al tramonto si svolge l'ultimo atto del nazifascismo che conclude la partecipazione dell'Italia alla seconda guerra mondiale. Tredici giorni di fuoco seguiranno velocemente macchiati dell'ultimo sangue dei vincitori e dei vinti, fino alla resa della Germania firmata dall'ammiraglio Karl Dönitz sulle macerie di una nazione divisa e scomparsa. In un Italia devastata in soli 45 giorni verrà nominato il Comitato di Liberazione e sarà dato il via ai lavori che porteranno alla costituente.

Oggi, dopo 63 anni, nuovamente rendiamo omaggio ai morti, tutti i morti, di quel 25 aprile , di quelle pagina nere della storia di Italia. Qualcosa però sembra essere cambiato d'improvviso. E' facile il confronto, proprio oggi, che siamo portati a voltarci indietro, tra la fine degli anni '40 e la fine di questi anni a doppio 0. Ed ecco, insano, s'insidia il dubbio che forse l'Italia non abbia preservato la sua stessa memoria.

Com'è possibile, ci chiediamo oggi, che questo stato sia la stessa sovrana nazione che ricostruì se stessa in meno di 10 anni? Possiamo ritenere ancora fedelmente rispettati quei 139 sacrosanti principi su cui il nostro paese si è fondato emanando la sua Costituzione? E' ben semplice darsi una risposta: semplice come accendere la TV, come aprire un giornale, come un click del mouse. A chi appartiene oggi quel belpaese che fu Italia?

Proprio in quei luoghi della memoria citati dal poeta Piero Calamandrei, a sua volta citato dall'ex presidente della camera Bertinotti durante il suo discorso di insediamento, ci perdonino le onorate salme di quel nerissimo '45 dell'essere Italiani. Ci perdonino per non aver saputo conservare le libertà pagate col loro sangue e la loro vita, ci perdonino per l'indifferenza e l'ignavia. Ci perdonino per l'aver rinunciato ad essere cittadini in uno stato che ha venduto se stesso.

Ma il perdono, si sa, non appartiene più ai morti, bensì ai vivi che troppo spesso, lascivi, perdonano se stessi con leggerezza. Certo non è la casta politica, oggi, a dar l'impressione di naufragare nei rimorsi, non è quella classe che strumentalizza a fini propagandistici perfino una sacra festa laica come questa: facendo della commemorante propaganda, sempre pronti, in vero, a mostrare il serio e compunto sorriso elettorale al primo obiettivo che capiti a tiro.

Forse, la novità, quest'anno, è che qualcuno ha detto basta: a modo suo, privo di fine tatto giornalistico, magari, come molteplici direttori di testate e giornali ci ricordano, ma certamente in un modo più che efficace.

Torino, 25 Aprile 2008: una folla di gente si raduna in piazza San Carlo, attorno al palco dove Beppe Grillo parlerà al pubblico del V2-Day, il secondo V-Day organizzato soprattutto con lo scopo di raccogliere adesioni e firme per i tre referendum proposti da Grillo per abolire l'ordine dei giornalisti, il finanziamento pubblico ai giornali e la legge Gasparri (nota anche come decreto salva-rete4). Le stime ufficiali dicono tra le 40 e le 60 mila persone, ma i grilli invece sostengono di essere stati quasi 120 mila. Altissimo il successo anche in altre città fra cui Napoli dove sono state raccolte fino al pomeriggio oltre 8000 firme, non di meno Catania, Roma e le altre principali città dove si è tenuto il V2-Day.

Dalle prime stime sembrerebbero essere già state raccolte oltre 1.300.000 firme (ricordando che per la proposta referendaria ne occorrono 500 mila) e la raccoltà durerà ancora per diverso tempo, per permettere a tutti coloro che non hanno potuto di firmare anch'essi, infatti per farlo basterà rivolgersi ad uno dei tantissimi meet-up e gruppi diffusi sul territorio nazionale. Per firmare occorre solo un documento di riconoscimento valido.

Certamente il grandissimo afflusso di gente al fenomeno V-Day non può che far riflettere. Sebbene infatti si sprechino le accuse di qualunquismo, di anarchia politica, persino di inciviltà, è pur vero che la gente, che non sta comodamente seduta nelle dorate sedi istituzionali, si è lasciata coinvolgere, o meglio, ha coinvolto se stessa e gli altri. Decine di giovanissimi (e meno giovanissimi) hanno contribuito in prima persona all'organizzazione su scala nazionale dei V2-Day, il tutto a titolo totalmente gratuito, mediante piccole forme di autofinanziamento, senza alcun aiuto da parte di nessuno né in termini economici né in termini informativi (anzi con il deliberato intento da parte di quasi tutti mass-media di stende un forzato silenzio sull'evento).

Ma silenzio non è stato possibile fare data la portata e la grande entità della giornata. E il dopo V2-Day? C'è ciò chi prontamente mette le mani avanti già tacciando di inutilizzabilità delle firme raccolte poiché in periodo elettorale, ma dimenticando i notissimi e celebri esempi delle volte in cui in Italia ciò è successo senza troppo clamore. Come andrà a finire tutto ciò?

Forse è semplicemente presto per dirlo, ciò che però è certo è che non ancora a lungo si potrà tentare di stendere il silenzio e di oscurare quelle centinaia di persone che in moltissime piazze hanno costruito una V gridando con tutto il cuore alle caste Italiane quell'imperativo di moto che ormai nasce, in tutti, dal cuore.

Le implicazioni sono evidenti, ma la storia ci insegna come la cronaca sia destinata a restare tale a lungo prima di divenire storia. Il 25 Aprile insegna anche questo: non sono maturi i tempi per le considerazioni e gli animi sono ancora troppo accesi per poter analizzare con razionalità storica gli eventi recenti e gli eventi passati di questo secolo. Forse un giorno l'Italia si renderà conto di aver visto l'alba di una nuova Italia, ma non è questo il giorno.

Forse un giorno gli Italiani saranno tornati Italiani e allora, solo allora, con una nuova libertà, riscoperta e ritrovata, potranno dare un libero e sereno giudizio sulle nostre presenti e passate azioni. Oggi, per alcuni, forse quel giorno è più vicino: il giorno in cui questo pese ritroverà memoria e scoperta dei valori della Costituente.


Tra rimembranze e perentori auguri, fra mandati e mandanti, si conclude così il giorno del ritorno... "a quel paese".
«La gente esige la libertà di parola per compensare la libertà di pensiero, che invece rifugge.» (Sören Kierkegaard)

2008-04-21

Politiche 2008: il pranzo è servito

«Quasi sempre, in politica, il risultato è contrario alle previsioni» (François-René De Chateaubriand)
Roma, 14 Aprile 2008: l'alba di una nuova era politica e storica abbraccia i cieli nuvolosi di una capitale ancora addormentata e completamente indifferente alle lunghe maratone notturne che hanno occupato le reti televisive italiane. Già a partire dalla sera precedente, però, arriva sconvolgente il terremoto politico indissolubilmente destinato a cambiare, forse in via definitiva, gli equilibri e il volto della cosiddetta Repubblica Italiana.

Lo spettacolo inizia alle 16 in punto, appena chiusi i seggi elettorali con la comparsa dei primi exit poll, i sondaggi fallimentari, i tanto demonizzati strumenti della confusione e dell'errore, semplice frutto, tuttavia, della proverbiale impazienza e poca sincerità, qualità tipicamente italiana in fatto di politica. Chi propone di abolirli, chi di ridimensionarli, chi invece li vanta come strumento scientifico di certa previsione. Il risultato? Tutto sbagliato. La colpa? Tutta nostra. Nel bene o nel male subito c'è chi canta vittoria, chi si congratula, chi si vanta e si impegna in altisonanti progetti, chi già spende previsioni sulla data delle future e prossime nuove elezioni.

Poi le prime proiezioni, a queste l'ingrato compito di instillare il dubbio. Il motivo? Sarà un anomalia statistica! Ma un'anomalia non è. Si susseguono i minuti ed infine le ore, si fa metà pomeriggio, e dopo la seconda e la terza, vedendo l'andazzo sempre più controtendente rispetto agli exit poll, superato il 40% di schede esaminate, l'esito comincia a farsi chiaro. Forse allora, solo in quel momento, qualcuno si volta verso due cantucci ombrosi del palcoscenico elettorale, lì dove i riflettori si affievoliscono e dove la luce scema come una speranza morente: qualcuno si è perso per strada.

Ore 19.00, ormai è evidente, Berlusconi ha stravinto, almeno alla Camera, forse anche al senato, il partito democratico non è riuscito a muoversi dalla percentuale già propria da prima della mini-campagna elettorale condotta comunemente in sordina in questi mesi, l'UDC passa per il rotto della cuffia, solo grazie agli elettori palermitani e siciliani... E gli altri?

Pochi sono i secondi necessari a fare due conti, ed ecco su questo grande palcoscenico a reti unificate i colossi si voltano, e lì, fagocitati dalle quinte della politica tutti i partiti minori e quei partiti che minori si ritrovano oggi ad essere. Come soldati, come anime senza nome al fronte nemico cadono sotto la pioggia di piombo i volti notissimi della politica, cadono sbattendo la faccia contro un muro, lasciando l'impronta su quello sbarramento, frutto della legge porcellum, che impone il silenzio a quei gruppi elettorali che non costituiscono il 4% dell'elettorato non coalizzato.

Le grandi forbici delle recenti elezioni tagliano fuori le ali della scena politica italiana, solo tre le liste sopravvissute, sull'orlo dello scivolo per il bipartitismo "all'italiana".

Alla luce di questa alba post-elettorale, godendo dei malinconici raggi di un sole malato, viene da chiedersi chi fossero i reali nemici. Chi era quell'avversario innominato a cui si riferiva Veltroni nei giorni passati? Quale invece il voto sprecato tanto additato da Berlusconi fino all'ultimo istante? Forse non era fra questi due che si svolgeva lo scontro. Forse erano proprio quei partiti, i non coalizzati, i paria della casta, il comune nemico di una specie di organismo politicamente modificato, un ibrido dialettico, un leader carismatico quale Silter Veltrusconi.

Sera, ormai, di questo 14 Aprile dell'8. Una luna moscia fa capolino fra cupi nuvoloni che annunciano pioggia, acida, corrosiva rugiada timore dei campi, singolarmente simile a quella pioggia di voti con cui l'Italia ha cambiato l'Italia. Si senta sollevato quel poco-percento di Italiani ai quali oggi lo Stato volta le spalle, si sentano sollevati coloro che a destra e a sinistra hanno espresso preferenze che non saranno considerate, si sentano sollevati poiché non rappresentati non ricadrà su di loro la responsabilità dei prossimi anni, non loro saranno detti colpevoli della morte di quella, defunta, seconda Repubblica.

Così incomincia la terza era della Repubblica Italiana: la prima, quella dei grandi partiti, morì con tangentopoli, la seconda, quella delle grandi coalizioni, muore oggi, cucinata e servita, col contorno di tutti i "partiti desaparecidos", sul vassoio d'argento dell'Italia. Buon appetito, quindi, e sia lieto il fiero pasto in questo odierno pranzo che conta due soli invitati.
« I buoni governi non sono mai resi tali dalle leggi, ma dalle qualità personali di coloro che governano. La macchina del governo è sempre subordinata alla volontà di coloro che amministrano la macchina stessa. Perciò, per un governo, la cosa più importante è il modo in cui si scelgono i capi » (Frank Herbert)