Un volo di gabbiano sul mare dell'oblio...

Ecco cos'è questo spazio di memoria. Non è altro che il tentativo di un volo, come gabbiani inesperti, nella vana speranza di vincere il tempo. Qui, come innocenti pennuti, si abbandonano al vento di tempesta i pensieri e le memorie, in uno spazio senza indirizzo, verso un interlocutore all'infinito, in questo campo di volo, col rischio di bagnarsi le ali, nel tentativo di sfuggire per un istante ai flutti dell'oblio che vorace divora l'esistenza dell'uomo.

2008-01-29

Mi voti? Ma quanto mi voti?

«Già da un pezzo, da quando non usiamo più vendere i voti, il popolo non si preoccupa più di nulla; una volta distribuiva comandi, fasci, legioni, tutto. Ora se ne infischia e due cose soltanto desidera ansiosamente: pane e giochi» (Giovenale)
Chissà se Decimo Giunio Giovenale, durante la scrittura delle Satire, intorno al 100 d.C. avrebbe mai potuto immaginare che 1900 anni più tardi nulla di nuovo avrebbero visto questi cieli. Questa frase estratta dal saggio autore latino è infatti oggi attuale come allora o forse anche più di allora.

Sembra dormire, ormai, quel popolo, o semplicemente quell'insieme di persone che abitano il territorio dello stato italiano. Capaci gli italiani, capacissimi anzi, di far baldoria, di gioire e di prestarsi a far festa se opportunamente incitati all'azione, ma di fatto carenti nella sostanza e nella capacità di farsi essi stessi promotori delle loro proprie iniziative.

Nel generale letargo della coscienza è quindi più che normale assistere ai dialoghi politici nei proliferanti salotti politici di tutte le reti, è più che normale vedere questi politici comportarsi come adolescenti isterici nella stagione degli amori: ora si additano, ora si corteggiano, ora si scontrano duramente, ora sfoggiano i migliori amichevoli sorrisi.

E così fra un bacino ed un litigio, questi eterni innamorati, dal passional
e bisogno fisico di poltrona, giocano a far gli adulti e nel farlo chiedono agli italiani quanto questi li apprezzino, quanto questi possano concedergli i loro favori se essi si dimostreranno vergini e casti, se faranno voto di presentarsi soli senza altri patner alle elezioni oppure se invece si presenteranno tutti insieme in una grande partecipazione orgiastica elettorale.

E fra un sondaggio ed un po' di pubblicità, fra un finto dibattito e l'inizio di una nuova campagna elettorale c'è anche chi, come nelle migliori storie d'amore, sente il bisogno di prendersi pause di riflessione.

E a chi può andare oggi in omaggio il San Valentino d'oro se non al nostro amato presidente Napolitano? Anche lui, innocente creatura, dolce e tenero innamorato della politica, vuole la sua pausa di riflessione. Eh si che ha molto da riflettere! Con oggi si può apertamente affermare che Napolitano ha verificato come la maggioranza dei partiti e dei seggi delle due camere non vuole affatto un governo di grande coalizione, non vuole tecnici e non vuole governi a termine, ha inoltre verificato come non ci sia nemmeno lontanamente un accordo sulla legge elettorale nemmeno all'interno della ex-maggioranza.

A sostengo di tali parole basta guardare, in questo momento, Ballarò su raitre con la senatrice Finocchiaro che a momenti parrebbe volersi lanciare sul collo del povero Diliberto con fare vampirico, cosa che effettivamente ad un'occhiata improvvisa potrebbe non sembrare tanto fantasiosa...

E dunque è c
omprensibile quanto Napolitano abbia da riflettere su questa decisione difficilissima con così poche possibilità di comprendere quali siano gli umori politici attuali. E quindi come non porgere ad Egli gli auguri di tutto il popolo di cui è presidente? Un popolo che certamente si fida ciecamente di lui e che non ha alcun dubbio sul fatto che in queste ore Napolitano si rinchiuderà in un bunker senza contatti col mondo esterno per evitare STRANE influenze.

Con la coscienza in pace quindi, mondata da ogni sospetto sulle importantissime ed imminenti nomine delle più alte cariche negli enti sottogovernativi italiani così come da ogni sospetto sulle pensioni parlamentari sempre più vicine, certi che la soluzione migliore per questa crisi di governo sarà comunicata a breve dalla Presidenza della Repubblica gli italiani dunque già attendono carponi.

«I più grandi dolori sono quelli di cui noi stessi siamo la causa» (Sòfocle)

2008-01-28

«Aggiungi un posto a tavola...

...che c'è un Cuffaro in più, se sposti un po' la seggiola stai comodo anche tu!»
Forse è con queste parole che il presidente Casini, segretario dell'UDC, richiamerà all'ordine i membri delle due Camere, infatti, per chi non lo avesse saputo, l'ormai ex presidente della regione Sicilia, Cuffaro si è dimesso.

Si è dimesso, ci tiene a farlo sapere, non certo per colpa della sentenza emessa pochi giorni fa dal Tribunale di Palermo, ma per la strumentalizzazione che se ne stava facendo. Si, infatti, ci tiene a
ribadirlo, non è mai stato condannato per favoreggiamento a stampo mafioso, perché lui non è certo un mafioso! L'ex presidente Cuffaro, infatti, come attesta la sentenza, non ha favorito l'intera Mafia, non ha certo svenduto favori all'ingrosso, si è solo premurato di svolgere un'attività di "favoreggiamento al dettaglio" a questo o quell'altro singolo mafioso.

Ed in effetti, però, per quanto incontestabile ne era la base, già la strumentalizzazione politica era ben che incominciata. Chi nei giorni scorsi con un rapido zapping tra un canale e l'altro non ha sentito svariate volte il nome di Cuffaro nei vari salotti politici, il più delle volte pronunciato da un'additante sinistra come disvalore per la campagna della destra?

Ebbene sì, lo ammetto, anche io ho firmato la petizione per chiedere le dimissioni di Cuffaro, ma qui mi assumo la responsabilità di sfidare questi stessi a fare lo stesso nel momento in cui il prossimo politico di sinistra dovesse essere coinvolto in problemi con la giustizia.

Ovviamente comprendo quanto possa essere vana ed inutile una tale sfida, ma solo poiché già so quanto vana è stata la richiesta di dimissioni a Cuffaro, infatti, non penso nemmeno lontanamente che ciò possa aver arrecato alcun disturbo al medesimo, specialmente in vista delle future e vicine elezioni politiche per le quali Casini ha già promesso allo stesso Cuffaro "in segno di fiducia e stima" il posto di capolista sia per la camera che per il senato nella Sicilia orientale.

Ovviamente nessuno avrà mai il coraggio di collegare tutto ciò all'immunità parlamentare di cui godrà Cuffaro quando sarà eletto, così come nessuno potrà mai nemmeno lontanamente supporre che una simile operazione abbia a che vedere con la futura non processabilità del neo-deputato o neo-senatore, che, condannato in primo grado, potrebbe non scontare mai la condanna.

La verità è che nemmeno io voglio fare grandi supposizioni, forse proprio per la paura e il disgusto che naturalmente nasce dalle considerazioni in proposito, tuttavia una domanda mi è inevitabile: chi prenderà adesso in mano il testimone del dimissionario presidente dell'ARS?

Forse non è la domanda, ma la risposta a causare in me il peggior sentimento: un sentimento di profondo disgusto, certo, ma anche di profonda pietà e tristezza per questa mia disperata terra. Da sole suonano nella mia mente le parole di una canzone molto forte come The End dei Doors:
[The End] Can you picture what will be
So limitless and free
Desperately in need of some stranger's hand
In a desperate land

(Puoi immaginare come sarà la fine? Così infinita e libera. Col disperato bisogno di una mano straniera in una terra disperata)

2008-01-25

Sinistra, ultimo atto

«La democrazia è la forma di governo che dà ad ogni uomo il diritto di essere il proprio oppressore»
Condivido pienamente queste parole scritte molti anni fa da Henry Louis Mencken, mai infatti vi fu stato più democratico dell'Italia nel conferire al popolo il potere di autodistruggersi.

Durante la mattina e il pomeriggio di questa giornata catanese dal clima quasi primaverile ho avuto modo di ascoltare la gente e di sentire l'euforia e la festa di coloro
che non troppo discretamente si rallegravano di ricordare l'avvenuta caduta del governo di Romano Prodi. Come non farsi coinvolgere da tale euforia? Come non condividere, almeno in parte, almeno colti da un sentimento di empatia, gli umori collettivi?

Tiriamo le somme dunque di questo govern
o per capire qualcosa del governo che verrà. La legislatura è durata meno di due anni, è nata già manchevole di una maggioranza stabile per effetto di una legge elettorale definita una "porcata" da coloro che l'avevano scritta e approvata. E sebbene la sconfitta elettorale con questa legge si sia presentata come un ottimo contrappasso per chi ha tentato di mettere le manacce sulla costituzione e sulle elezioni, non ha certo giovato al paese, in nessun modo.

In questo periodo di tempo, diciamocelo, il governo non ha concluso NULLA. Bhe, non proprio nulla in fondo... Il governo tre o quattro cose le ha fatte. Ha bloccato tutte le opere pubbliche, quelle cattive, inutili ed irrealizzabili (come il ponte di Messina), ma anche quelle buone, utili e soprattutto necessarie (come la TAV); ha varato le leggi finanziare di lacrime e sangue, di fatto riducendo il debito pubblico di oltre 3 punti percentuali e portandolo al minimo storico del 1.2%, anche se per far questo ha indebitato gli italiani; infine ha indultato i carcerati e la monnezza.

Nient'altro, ahimè trovo da elencare fra le cose compiute da questo governo. Alla luce dei fatti, senza esprimere alcuna opinione sui meriti o sui demeriti individuali, l'Italia si è arenata, è rimasta ferma per due anni, fra l'altro molto buoni dal punto di vista economico, fino ad oggi, quando alle porte si affaccia una possibile grande recessione. Non voglio sindacare
sulle colpe, non so se l'incapacità è derivata dall'esecutivo o dall'inesistente maggioranza, o dalle lotte intestine o dalla non collaborazione fra i diversi schieramenti alleati ed opposti. Certo è che solo un ricordo rimarrà agli italiani della passata legislatura.

Abbiamo guadagnato di meno, abbiamo speso di più, abbiamo saldato una parte del debito pubblico indebitandoci noi stessi. Alla fine dobbiamo dire che il ministro Padoa Schioppa non sembra essersi reso partecipe di un'eccellente azione economica
del governo, alla fine si è limitato a fare quello che ogni altra lavandaia avrebbe saputo fare, ha risolto il debito semplicemente spostandolo dalle casse pubbliche alle tasche degli italiani. Insomma un'idea di economia a mio avviso un po' casalinga, un po' domestica è questo che mi pare aver fatto il nostro ministro: economia domestica.

Come non parlare poi dell'immobilismo tecnologico? Delle mancate riforme sulla scuola? Dei promessi PAX, DICO e non dico.. Insomma dove sono finite quelle 230 pagine di programma elettorale? E certo che di cose ne erano state promesse... E non si escano fuori le scuse inerenti la legge elettorale, poiché il programma è stato redatto quando già questa legge era stata votata ed approvata.

E' prevedibile così quale sarà il futuro risultato elettorale, sono altresì prevedibili a mio avviso le sce
lte che sarà costretto a fare il Presidente della Repubblica. E' probabile che Napolitano tenti di costituire un governo tecnico con lo scopo di varare la sola riforma elettorale, ma con quale maggioranza? E quale riforma??

Ad oggi va preso atto della non esistenza di una maggioranza e della non esistenza di un'idea di riforma elettorale che possa trovare dei consensi in numero sufficiente da essere approvata ed applicata.

Pertanto è evidente la difficoltà che Napolitano temo non riuscirà ad affrontare dovendo quindi sciogliere le camere e richiamando alle urne elettorali gli italiani. Ma cosa succederà in quel momento?

Secondo molte voci sarà l'astensionismo a prevalere, tuttavia io non ne sarei così certo. Il centro-destra (o detto tale) parte infatti avvantaggiato da una campagna elettorale durata più di un anno e mezzo gratuitamente e volontariamente offerta dallo scellerato governo di sinistra appena defunto. E come
biasimare gli italiani?

Se è vero che scegliere il male minore non è una soluzione, è anche facile pensare cosa direbbe in proposito uno dei padri di famiglia che ultimamente non sono riusciti a sfamare i loro figli il 20 del mese. Dopo una serie di tassazioni vessatorie ed un infinita richiesta di lacrime e sangue da parte di un governo che per tagliare la spesa pubblica ha ben pensato di ampliare l'organico, il numero di ministri e sottosegretari ed i propri stipendi, quanti italiani sarebbero disposti a concedere il bis?

Se è vero dunque che oggi più che mai il fenom
eno dell'astensionismo inciderà sulle elezioni, credo anche che questo non sarà così esteso e che riguarderà soprattutto gli elettori del centro-sinistra. La conseguenza di quanto detto è ovviamente tutta a vantaggio del centro-destra, è infatti prevedibile che la casa delle libertà e tutto il circondario siano eletti a larghissima maggioranza, cosa per la quale dovranno certamente ringraziare il dimissionario professore ed il suo esecutivo.

Temo però che ci aspettino anni duri, semp
re più duri. Temo che l'Italia stia per consegnare nelle mani del centro-destra tutto lo strapotere di cui ha bisogno per regnare incontrastato nei prossimi cinque anni innalzando sotto la Sacra Bandiera Repubblicana la pesante effige di un nuovo regno barbaro.

Credo che Romano Prodi e con egli la sinistra abbia concluso la propria carriera politica almeno per una o due generazioni, è lecito quindi comprendere la felicità di Berlusconi e del suo schieramento tutto che potrà felicemente brindare oggi con dell'ottimo champagne.


«Ogni nazione ha il governo che si merita» (Joseph Maistre)

2008-01-24

Il governo è (s)caduto

«La vera arte del governo consiste nel non governare troppo»
Questo è ciò che disse Jonathan Shipley e forse per questa ragione avrebbe detto anche che il governo appena caduto era formato da grandissimi artisti. Infatti se c'è una cosa della quale l'esecutivo Prodi II non si può accusare è proprio quella di aver "governato troppo". Battuto dalla sua stessa maggioranza, trattato a pesci in faccia da chi ha espresso la sua fiducia sub contditione il neo-ex premier Romano Prodi è salito in questi minuti al Quirinale per rassegnare, con estrema rassegnazione, le sue dimissioni al Presidente della Repubblica.

Come sempre, però, anche questo passo importante della politica italiana è stato condotto "all'italiana", con il solito stile che contraddistingue il nostro modo di essere "politically correct", giusto appena a suon di "cesso", "troia", "
checca" etc... E tra una rissa sedata ed una lavata di capo (o di faccia sputata) è proseguita l'allegra commedia del Senato.

E così fra la compravendita di questo o di quel senatore, le incertezze, i dubbi, le risse e le varie vicende a contorno comprensive di sbarellamenti e trasporti su sedie a rotelle, il
governo Prodi alla fine è caduto, pare, per non rialzarsi più. Ma fa veramente bene tutto ciò alla nostra Italia? E' veramente positivo vedere un tale spettacolo durante un momento altamente istituzionale come quello della fiducia ad un governo?

Certo è che se qualcuno si è risentito dei fatti accaduti questo non è il popolo italiano, che, anzi, ha accolto con un boato la dichiarazione di voto, quasi come dopo il rigore di Fabio Grosso che decretò la vittoria della nazionale durante i mondiali del 2006. Festeggiamo dunque, finché possiamo ancora tirare un respiro di sollievo, festeggiamo adesso e subito, ma facciamo presto, poiché il tempo e la storia non si fermano mai.

Festeggi l'Italia con l'opposizione tutta. Poco importa, in fondo, se nel mondo è così che ci ricorderanno. Poco importa se saranno le corna o gli sputi proposti dai nostri senatori a dichiarare al mondo chi siamo. Poco importa se questa crisi di governo si apre con le bottiglie di spumante stappate durante la lettura dell'esito del voto di fiducia. Poco importa se rimarranno le immagini dei senatori del centrodestra che si ingozzano di mortadella per schernire Prodi nel momento della massima manifestazione della sua incapacità.

Brindate quindi ed ingozzatevi tutti di mortadella, anche voi! Attenti però perché si dice che oggi la mortadella sia (s)caduta.
«Tutti i governi votano per alzata di mano. Il nostro per calata di braghe» (Anonimo)

2008-01-23

Nuovo Medioevo

«Le ultime [diverse] elezioni hanno posto le basi per i prossimi 500 anni di medioevo» (Frank Zappa, 1989)
I miei pochi appassionati avranno letto il precedente articolo a carattere storico che tratta della nascita del medioevo, non solo come periodo storico ma anche come realtà sociale figlia degli eventi del suo tempo. Con onestà intellettuale non si può negare che, per quanto ricco di latenti fermenti ed evoluzioni silenti, il medioevo è stato il tempo storico della decadenza e dell'abbandono dei valori della civiltà classica.

Con altrettanta onestà non possiamo evitare il confronto tra la storia passata e la cronaca presente e non possiamo altresì evitare di restare allarmati dalla somiglianza dei fenomeni a carattere sociale che si sono verificati allora e che si stanno verificando oggi.

E' mio parere che la civiltà mondiale, ed in particolare il popolo italiano, sta andando incontro ad un nuovo medioevo, del quale si ravvisano già i primi sintomi nel periodo di grave decadenza sociale e culturale che stiamo vivendo oggi.

Il primo sintomo del "decadentismo da medioevo", come lo voglio definire oggi, è la disgregazione dello stato costituito, è ciò che avviene quando le autorità centrale si disinteressano del destino e dell'evoluzione delle realtà sociali delegando tutto a piccoli o grandi amministratori locali che per disinteresse dello stato (o per troppo de illecito interesse) riescono ad eclissarne la figura e l'influenza rendendo la democrazia solo un pallido riflesso di una partecipazione fittizia e del tutto superflua da parte del popolo.

Sia per spirito di corporazione, o di casta se vogliamo, sia per spirito di autosalvaguardia degli interessi personali (anche a carattere economico) la politica si è ormai disinteressata alle realtà locali, a livello nazionale e mondiale, rinchiudendosi nelle dorate torri d'avorio dei loro parlamenti sicuri e assolutamente decontestualizzati da ogni possibile riferimento democratico. Ciò ha favorito la decentralizzazione dei punti di riferimento del potere, garantendo a questi, siano essi governatori di uno stato federali o presidenti di un consiglio regionale, un'autonomia ed una sicurezza d'azione messa in totale sicurezza da ogni ingerenza esterna.

Per avvenire tutto ciò, però, è necessario che si riesca, con un abile manovra degna dei migliori prestigiatori, a riunire e collegare in maniera indissolubile i quattro poteri di uno stato. Quando i poteri legislativi, esecutivi e giudiziari appartengono a categorie assolutamente inscindibili e collegate da irrivelabili questione a carattere economico ed amministrativo, spesso oltre i limiti di quanto consentito dalla legge, viene a cadere tutta la struttura democratica che garantisce il funzionamento di una Repubblica o di un qualsiasi stato a regime repubblicano.

Il compito di prevenire questi atteggiamenti di reciproca salvaguardia, spesso ai limiti o anche oltre i limiti della collusione e della corruzione, spetta alla stampa e ai mass media a tutti i livelli. Ma cosa succede se i media sono di proprietà degli stessi ricchi uomini invischiati nelle vicende che dovrebbero denunciare? E' ovvio che una tale situazione mina alla base l'esistenza stessa del quarto potere democratico che è quello dell'informazione, anzi, trasmuta questa in uno strumento di propaganda e disinformazione utile soltanto al rimbambimento del popolo che potrà essere così facilmente indottrinato a dovere.

In una situazione del genere è ovvio che l'unica legge veramente funzionante e quella del più forte. Chi detiene il potere è in realtà il più forte, dal punto di vista economico o dal punto di vista più pratico del termine. Poiché l'ordine costituito cessa di essere tale, vengono meno anche la salvaguardia dei diritti e dei doveri di ogni cosiddetto cittadino di un tale stato, ma così facendo viene meno anche la sicurezza e la legittimità di uno stato, una volta scomparso anche il senso di legittimità non sarà affatto uno scandalo per ogni abitante del territorio, se sottoposto a tali regole, l'affidarsi al primo protettore locale in grado di dare sicurezza e stabilità, anche se con un costo non troppo basso.

E' questo il fertilissimo limo sul quale le criminalità organizzate crescono rigogliose, impadronendosi del territorio e dei suoi abitanti, insinuando le sue lunghe braccia nello stato, stringendo con questo rapporti di collusione e corruzione strettissimi, coinvolgendo quanta più gente possibile nell'amministrazione pubblica all'interno di patti associativi, a stampo mafioso, ed intrappolando così, tutti, nella strettissima morsa del ricatto e della paura, dalla quale l'unico scampo è dato dall'autopreservazione dello stato delle cose che perpetua all'infinito il ciclo mafioso in cui lo stato finisce per essere coinvolto. E' così che la mafia non è più paragonabile un cancro che attacca lo stato, essa si sostituisce allo stato, è lo stato medesimo che diventa mafia nella sua interezza ad ogni livello.

Nella generale sfiducia verso una classe politica oltre i limiti del criminale, nella generale insicurezza e mancanza di protezione se non mediante le ramificazione locali della criminalità organizzata, nel proliferare degli interessi a carattere economico dei soliti pochi potenti di turno, una nazione cessa di esistere e, sebbene formalmente riconosciuta tale sulla carta, si disgrega in un'interminabile serie di rapporti di vassallaggio nei confronti dei vari gradi di potere.

E' così che l'ordine costituito di uno stato viene deposto dalla mafia, esattamente come l'Imperatore Augustolo venne deposto da Odoacre, sebbene ciò avvenga in maniera molto più indignitosa. E se dovessimo fare un confronto con il passato tempo della storia, non posso evitare di pensare che il mondo stia rivivendo, sebbene in diversa forma estetica, ma con uguali contenuti, proprio quegli eventi che hanno caratterizzato la fine del 400 d.C. Forse è proprio all'inizio degli anni '90 che il declino internazionale ha avuto inizio, specialmente in Italia, nel 1992, quando, finita la prima Repubblica non ne seguì un'altra se non formalmente sulla carta. Forse è proprio quel 1992 l'anno in cui i barbari approfittarono della situazione, giustamente venutasi a creare, per inserire il loro cuneo nello stato, uno stato destinato a crollare su se stesso e i cui poteri, ahimé, credo siano stati deposti da tempo.

E' evidente cosa sembra attenderci adesso. Con le banche sempre più grasse, come sanguisughe sempre più in forze, che dissanguano all'unisono i popoli del pianeta in una cacofonia di lamenti e lacrime, con le case che appartengono ormai tutti ad immensi padroni del territorio in un nuovo e rivisitato concetto di latifondo, con la scuola che ha smesso di funzionare, con le informazioni che hanno smesso di circolare e con gli stati che hanno cessato di esistere quale può essere il futuro che ci attende?

Forse è vero che nulla passa di nuovo sotto i nostri cieli. Forse è vero ciò che Vico sosteneva predicando la ciclicità della Storia. Forse un'altra volta la gente si ritirerà dalle città troppo costose, smetterà di abitare queste cave di cemento e di acciaio senza un cuore sociale, smetterà di farsi stipare come pacchi incasellati in immensi edifici creati senza logica di quartiere al solo scopo di essere depositi di anime.

Si ritirerà nelle campagne la gente, là dove la vita costa di meno e dove è possibile produrre da se tutto il necessario? Si ritirerà là dove potrà riscoprire i valori della famiglia tanto violentemente strappati ad essa? Si ritirerà là dove potrà nascondersi dalla modernità e dall'evoluzione sociale che tanto indignitosamente fatto perdere ogni interesse nei suoi confronti?

Forse non è necessario porsi queste domande, forse non c'è bisogno nemmeno di pensarci, forse, basta guardarsi intorno, incrociare i volti e gli sguardi della gente, forse, è sufficiente tendere l'orecchio e il cuore per sentire nell'aria il disperato aroma di un popolo di popoli che hanno perso la speranza.

Forse è già qui, è già iniziato, il nuovo medioevo in questo periodo di decadenza civile e culturale, in questo tragico oblio di valori nel quale noi tutti naufraghiamo. Beato chi non arriverà a vederne gli esiti. Beato, sì, chi non ci sarà.
«La modernità, che sta giungendo alla propria fine, venne concepita all'epoca del Rinascimento. Noi oggi stiamo assistendo alla fine del Rinascimento» (Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev)

2008-01-22

Antico medioevo

«Odoacer Torcilingorum rex habens secum Sciros, Herulos diversarumque gentium auxiliarios Italiam occupavit et Orestem interfectum Augustulum filium eius de regno pulsum in Lucullano Campaniae castello exilii poena damnavit» (Getica, 242)
«Odoacre, re dei Torcilingi, che aveva con se gli Sciriani, gli Eruli e diverse altre genti ad aiutarlo, occupò l'Italia e, ucciso Oreste, depose suo figlio Augustolo dal regno, condannandolo all'esilio nel castello di Lucullio in Campania» Sono le parole che Jornandes scrisse nel 551 d.C. all'interno della sua Getica (o De origine actibusque Getarum) per descrivere la fine dell'Impero Romano d'Occidente seguita alla deposizione dell'imperatore Flavio Romolo Augusto (noto anche come Augustolo) per opera del re Odoacre la sera del 4 settembre 476 d.C. proclamatosi re della penisola Italica.
Sono molte le versioni su questa vicenda, secondo alcune fonti addirittura vi sarebbe stato un accordo tra l'imperatore Augustolo e il re Odoacre per la presa della capitale dell'Impero, in seguito al quale Odoacre avrebbe fatto salva la vita di Augustolo, il quale infatti non fu ucciso, condannandolo, si, all'esilio in un maniero campano, ma passandogli un vitalizio di seimila soldi annui, pari al reddito di un ricco senatore imperiale.

Altri sostengono che è il 486 l'anno della caduta dell'Impero, cioè quando il Regno di Soissons, ultimo baluardo dell'occidente, fu annesso al Regno dei Franchi, tuttavia, poco importa della data esatta in cui questo avvenne, certamente però, prima del 500 d.C. cadde l'Impero Romano d'Occidente, e con la sua caduta, come gli storici convengono quasi universalmente, si pone inizio a quella lunga età di transizione, e spesso di decadenza, nota come medioevo.

Sebbene siano state molteplici le opere di rivalutazione del medioevo c
ome periodo storico e come fenomeno culturale sono innegabili gli aspetti negativi che lo contraddistinsero, così come è innegabile la decadenza culturale, sociale e generalmente riguardante l'umanità che in quegli anni portò ad una rapida frammentazione ed implosione dei valori civici e del senso di stato o di nazione a favore della legge del potere localizzato e accentrato nelle mani dei piccoli o grandi signori feudali.

Il primo elemento che contraddistinse il medioevo fu la disgregazione amministrativa, quindi la mancanza di interesse da parte dell
'istituzione governativa centrale nei confronti dei governatorati provinciali e periferici, favorendo così la costituzione di domini privati, nei quali i governatori locali potevano avere, in scala, le stesse facoltà dell'imperatore. Ben prima che Augustolo scrivesse la sua lettera all'imperatore dell'Impero Romano d'Oriente, forse poiché sotto minaccia di morte da parte di Odoacre, esprimendo la non necessità di avere due imperatori, e consegnando ad Odoacre l'Italia, la struttura sociale ed economica dell'Impero aveva già cominciato a collassare su se stessa, i Romani si impoverirono sempre di più, indebitandosi e divenendo schiavi, molti dovettero abbandonare le città per rifugiarsi nelle campagne dove la vita costava di meno, tutta l'oro di Roma e del suo Impero continuava a convergere, come in pozzi senza fondo, negli abbondanti saccula di strozzini e grandi latifondisti.

A causa del generale impoverimento la gente cominciò a perdere fiducia nell'Impero medesimo, e questo, dal canto suo, non era in grado di garantire sicurezza e stabilità ai Romani.
Già dalle prima invasioni barbariche la delocalizzazione della forza militare imperiale aveva consegnato le città e le province, tutte, nelle mani delle brigate locali. Il deludente trattamento ricevuto dall'impero da parte dell'esercito aveva poi dato il colpo di grazia a qualsiasi gruppo armato in grado di mantenere legittimamente l'ordine costituito, le città avevano così lasciato spazio alle bande agli ordini di potenti signorotti locali, i quali erano in quel tempo gli unici in grado di mantenere una sorte di ordine. Nasceva un nuovo stato dentro lo stato che come un cancro avrebbe da subito cominciato a divorare le fondamenta dell'Impero.

In assenza di protezione ed ordine costituito tutte le istituzioni crollarono su se stesse una dopo l'altra. Il 4 settembre del 476 d.C. l'Impero era già allo sfascio, l'Imperatore non era che una figura simbolica e senza potere ormai da tempo, la giustizia non veniva più esercitata, solamente amministrata come potere unico e legato alla legge ed alla forza dei potenti locali. Le realtà locali si richiudevano su se stesse e nemmeno le notizie su quella o quell'altra azione del governatore di turno riuscivano ad evadere dai confini sempre più fortificati delle singole aree territoriali.

Sebbene il regno di Soissons cadde solo nel 486 d.C. consegnando ai Franchi l'ultimo baluardo dell'Impero Occidentale, l'occidentalità dell'Impero romano andò perduta molto tempo prima. Tutto l'insieme dei valori civili e morali andò perduto quando le città cominciarono a trasformarsi in piccoli gruppi di latifondi fortificati dove ricchi signori locali, in totale accordo con la forsennata gestione e reggenza dell'Impero stesso, offrivano protezione in cambio di assoluta fedeltà e sudditanza ad essi stessi prima che all'Impero.

Il V secolo tramontava con le ceneri fumanti di un grande e vasto impero, l'alba del secolo successivo sarebbe stata salutata dalle infinite distese desolate delle città in macerie come perpetui monumenti al tempo che fu e che mai più sarebbe stato.
«Il Medioevo è passato alla storia come il periodo dei secoli bui. Nessuno, però, mi ha spiegato chi era stato a spegnere la luce» (Luciano De Crescenzo)

2008-01-21

Una schifezza mai Vista...

«L'edizione di Windows Vista Home Premium garantisce maggiore facilità d'uso, sicurezza e intrattenimento sia su computer desktop che portatili»


Sono queste le parole con cui la softwarehouse di Redmond presenta il nuovo e (a suo dire) innovativo sistema operativo nei suoi molteplici tipi e versioni: una adatta per ogni utente a secondo delle maggiori o minori castrazioni apportate alle prestazioni del sistema medesimo.

Poco importa poi se nel tuo sistema a 64 bit ti trovi con un modestissimo sistema operativo zoppicante a 32 bit, potrai ben dire e vantarti di avere Vista, personalizzato ed adeguato alle tue caratteristiche di utente.

Apprezzatissima (da parte dei produttori) l'innovazione di windows defender, un logorroico sistema che non fa altro che chiederti e richiederti inutili conferme fino a snervarti, il tutto per impedire che qualche cracker possa fare danno. Infatti è noto che se un cracker attacca il tuo sistema in tua assenza, a furia di acconsentire alle proprie operazioni, gli verranno gli scrupoli ed abbandonerà la faccenda.

Che dire poi dell'interfaccia grafica? "Eccezzziunale... veramente", così bella, che, guarda caso, sembra proprio una commistione dei nuovi desktop grafici per KDE, Gnome (desktop manager di Linux) e Mac-OS (della Apple). Che coincidenza!

E che usabilità, che migliorie! Come non apprezzare gli sforzi dei programmatori Microsoft che, non potendo rinnovare ancora di più con nuove idee il sistema, di fatto uguale in prestazioni e gestione dei servizi al suo predecessore, han ben pensato di ricollocare tutte le applicazioni e le aree di configurazione da tutt'altra
parte. Così, ad esempio, se prima per configurare un IP statico di rete ci volevano appena tre passaggi e una conferma, adesso addirittura di passaggi ce ne vogliono il doppio con il triplo di conferme, che offertona speciale!!

Che dire infine delle suite office 2007 studiate a posta per questo sistema operativo? Coi nuovi formati con la x alla fine dell'estensione forse non garantiscono alcuna compatibilità con i predecessori, ma volete mettere il piacere di un'interfaccia blu puffo da doversi ristudiare da cima a fondo? Per non parlare della patente europea del computer, al secolo ECDL, che, poiché riguardante office 2003, completamente diverso, da oggi non vale più nulla!

Che sarà mai infine se Vista chiede un hardware di esose proporzioni per essere utilizzato? Cosa importa se il solo media center si mangia 90 MB di ram? Cosa importa se 1,2 GB di ram ti risultano impegnati con il solo sistema provvisto di sidebar (casualmente simile alla googlebar) e di media player?

Concludo smentendo le accuse mosse a Bill Gates di tentare di forzare le leggi della concorrenza e della libera scelta dell'utente.

Non è vero che Microsoft e le case produttrici di computers preassemblati si son messi d'accordo per distribuire solo pc e laptop con vista OEM (cioé già incluso ed installato) per imporne l'acquisto, l'han fatto solo per facilitare il passaggio all'utente!

Non è vero che le hardwarehouse non producono più driver compatibili con XP per facilitare l'acquisto di Vista dopo accordi fatti con zio Bill, sono solo troppo impegnati per farli!

Non è vero che il bootloader di Vista è stato studiato a posta per impedire la convivenza di questo con altri sistemi operativi come Linux, è solo uno sfortunato gioco della sorte se questo blocca la partenza del computer ad ogni minimo cambio dell'MBR obbligando al ripristino da immagine su cd ed alla perdita di ogni altro sistema!

Ed infine non è vero che Bill Gates e Microsoft sono stati pluricondannati per tutte le vicende su riportate dalla commissione europea, è solo che i giudici non li amano! Ed è proprio per questo motivo che tutti gli utenti (ma solo quelli informati, e spesso non dai venditori) possono richiedere in qualsiasi momento, secondo direttiva europea, il downgrade a XP o la rimozione dell'OEM con conseguente rimborso.

Tutti insieme, dunque, facciamoci fregare dal tentativo di obbligato upgrade a Vista, facciamoci accogliere a tentacoli aperti da questa nuova interfaccia, anche se alquanto priva i contenuto, nonostante i costi. Non diamo infine ascolto alle voci che descrivono Microsoft in declino e Linux sempre più in ascesa, è tutta propaganda sovversiva dell'ordine costituito internazionale delle case produttrici!

«Quantum mechanic Seth Lloyd says the universe is one giant, hackable computer. Let’s hope it’s not running Windows» (Kevin Kelly)

2008-01-20

La magistratura e i suoi consigli

«Resto governatore, domani mattina sarò nel mio ufficio come sempre a lavorare al servizio della Sicilia»
Sono queste le parole umide di lacrime che Totò Cuffaro, presidente della Regione Sicilia, ha pronunciato alle 17.44 dopo la sentenza che lo vede condannato a 5 anni di reclusione per favoreggiamento, ma non per mafia. Sì, infatti è questa la linea di confine degli uomini d'onore, quell'articolo 7 che definisce se il favoreggiamento sia o non sia stato a stampo mafioso. Ed infatti, come si legge nella sentenza, Cuffaro non ha favorito la mafia ma soltanto qualche amico, che poi questi amici fossero anche mafiosi è un altro paio di maniche...

Dunque, con la coscienza pulita, mondata dalla macchia di quell'articolo 7, mondata da ogni dubbio sulla sua mafiosità, il presidente della Regione Sicilia può ben intendere come meramente consultiva la sentenza del giudice ed intendere la sua condanna a 5 anni di carcere come un lieve consiglio a trasferirsi in una delle comode suite del carcere di Palermo che sono
già pronte ad accoglierlo. Ma il presidente, ligio al dovere e con profondo senso civico, decide che da domani non godrà dell'offerta ospitalità della galera, preferendo a questo il ritorno al suo impeccabile lavoro.

Certamente egli è comunque grato alla magistratura, così come grati sono tutti i suoi colleghi e amici, poiché, in fondo è vero, ogni magistrato per via della rettitudine che lo contraddistingue è sempre pronto ad elargire buoni consigli, e forse, a volte, pure ad ascoltarli.

Proprio la giornata di ieri è stata quella dei consigli, dalla
condanna consiliatrice al Consiglio Superiore della Magistratura, l'ente di autogoverno della magistratura nel nostro paese, piccolo parlamento di giudici con le sue commissioni e i suoi consigli, chiamato a vigilare sul funzionamento della struttura giuridica italiana, anche, a volte, essendo costretto a spinose questioni come quelle di certi giudici provinciali come qualche De Magistris.

E ieri, nella giornata dei buoni Consigli, quelli che non si possono rifiutare, secondo quanto previsto dalla legge hanno scritto la loro
sentenza, i giudici superiori, nei confronti del De Magistris. Riconosciuto colpevole, questo, è stato condannato alla perdita di anzianità, al trasferimento e al cambio di ruolo perdendo così la sua funzione di PM.

Nella giornata dei consigli, infatti, il Consiglio Superiore della Magis
tratura non ha tradito le aspettative del consiglio dei Ministri e del Parlamento tutto, ormai in agitazione per le vicende politiche degli ultimi tempi.

Forse le azioni di ieri mostrano un ravvisamento della magistratura? Che sia questo il ritorno di questi giudici così zelanti alla retta via della statalità e della fedeltà all'organo governativo?

Solo il tempo potrà dirci quanto più roseo sarà il futuro della magistratura, dell'Italia e degli italiani tutti.
«Non è vero che in Italia non esiste giustizia. E' invece vero che non bisogna mai chiederla al giudice, bensì al deputato, al ministro, al giornalista, all'avvocato influente. La cosa si può trovare: l'indirizzo è sbagliato» (Giuseppe Prezzolini)

2008-01-19

La casta famiglia del ministro

«Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale»
«La magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere»

(Art. 112 e 104-1° della Costituzione della Repubblica Italiana)
Probabilmente i miei pochi lettori saranno portati a noia nel leggere quanto sopra, poiché forse è ormai prevedibile questo mio vezzo del citare qua e là quel vecchio e desueto testo costituzionale che ormai giace dimenticato sotto cumuli di polvere in qualche pregiato leggio a Montecitorio. Desueto, infatti, poiché nessuno sembra più ricordare i principi, i valori e persino le norme che in esso sono espresse con il loro significato sociale, politico e giuridico.

E' ancora possibile, oggi, credere nella
Costituzione e nella sua validità ed applicazione all'interno dei territori all'interno di quello stato che almeno sulla carta si costituisce Repubblica Italiana? E' ancora possibile supporre come valido il principio dell'assenza di ingerenze ed di imposizioni di un potere rispetto ad un altro? E' vero che i quattro poteri costituiti ed estesi di una nazione, la legge, il giudizio, l'ordine pubblico e l'informazione, possono considerarsi legittimamente esercitati in autonomia ed indipendenza reciproca in Italia?

Ed è anche vero che «Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato» come da articolo 67 della nostra cosiddetta Costituzione? I recenti eventi di questi ultimi due giorni non possono evitare di suscitare intimamente nell'animo di ogni cittadino, anche solo lontanamente degno di essere chiamato tale, un forte e stringente dubbio, che inevitabilmente non può a sua volta portare ad altro che ad una risposta negativa.

In Campania sono stati emessi 23 avvisi di garanzia nei confronti di altrettanti esponenti politici dell'UDEUR, partito guidato da Clemente Mastella, ad oggi EX ministro della Giustizia, fra i quali la stessa moglie e cognati e parenti ed amici del Clemente nazionale, in pratica tutti uomini e donne di fiducia del fu ministro Mastella, sull'integrità morale e giuridica dei quali l'onorevole non ha espresso alcun dubbio brandendo anzi la spada della retorica e della sua dotta cultura in difesa di questi. Tanto da dimettersi, il signor ministro, per l'indignazione, per l'offesa, per l'ingerenza di tale cerchia di insulsa gente che addirittura osa emettere dei mandati di cattura interferendo così con i politici.

Sì, perché, a dire del ministro e del parlamento tutto,
come confermato dagli scroscianti e ripetuti applausi della sinistra e della destra, del centro e degli estremi più lontani, è una vergogna ed un fatto scandaloso che la magistratura osi addirittura arrestare i parenti di un politico, infatti così come il politico gode dell'immunità parlamentare, anche la famiglia dovrebbe goderne. Ebbene sì, perché qui la vera Casta è la magistratura, e la politica deve correre ai ripari, magari con qualche legge opportuna, una di quelle leggi ad person... anzi nò, volevo dire ad generem: giusto appena uno di quei piccoli, dolci e modesti provvedimenti che ripristinino la castità dello stato e della magistratura, una castità che prenda spunto, per far piacere al cattolicissimo ministro, dai sani valori della famiglia, sì, questa grande e allargata FAMIGGHIA che governa l'Italia.

E non è forse un godere del cuore quando vediamo la commovente solidarietà con cui questa grande famiglia del parlamento si stringe intorno al compunto e commosso ministro? Non è forse commovente vedere come il pio Bondi esprima a nome suo e di tutte le schiere forziste la propria vicinanza con voce quasi rotta dalle "drammatiche e tragiche" parole del ministro dimissionario? Si questa è l'Italia che ci piace, quando coloro che nei candidi salotti di Porta a Porta si presentano come acerrimi avversari politici, si stringono a cerchia per difendersi come consanguinei parenti nel momento del pericolo.

E auguriamo loro quindi che ci riescano a difendersi! Che possano riuscire a combattere i tentacoli della legge, che possano sfuggire all'applicazione della giustizia, che mai debbano conoscere le fredde celle dove altri traditori dello stato devono giacere, che ne escano puliti ed impuniti per il bene della casta classe di questi parvi servitori dello stato, della repubblica, o ancora di più della loro res, poiché ormai è così alto in loro il senso di affezione per questo nostro stato che ne proteggono le istituzioni con indefessa indole, quasi come se queste fossero tutte cellule di un immortale organismo che sfugge alle cicliche leggi della natura, avvinghiandosi, con tutte le sue forze, per la difesa di quelle poltrone riscaldate con tanto coraggio.

Per fortuna (loro) è probabile che essi riescano a difendersi, è probabile che passino indenni la bufera, nonostante la presenza di pochi demoni eversivi come gli esponenti, in ordine di lettura, dell'Italia dei Valori e de La Destra, che uniche e isolate pecore nere hanno avuto il coraggio di dire le cose così come stanno nonostante i mormorii e le occhiate di sbieco dell'intero gregge di ignobili capre!

Sono questi i giorni più duri, in questa allegra orwelliana fattoria degli animali, quando il Romanissimo Napoleone è chiamato a prendere in mano le redini, fosse anche ad interim, nonostante in cuor suo compunto e commosso, lascivo e delicato nel concedere al dimissionario ministro proroghe e pause di riflessione come nemmeno nei più dolci dialoghi tra fidanzatini in crisi. Come evitare di far quindi loro i nostri auguri? Come mostrarsi sordi al languido richiamo del piangente parlamento che ora più che mai ha bisogno del nostro aiuto?

Si mostri quindi unita l'Italia e gridi all'unisono che NO, NON PUÒ ESSER, QUESTA "GIUSTIZIA", UGUALE PER TUTTI! Che sempre vivi restino fra i nostri politici questi valori morali, che essi sempre si dimostrino rispettabili uomini d'onore che mai, a costo di non vedere e non sentire, vogliono mancar di rispetto o vogliono che si manchi di rispetto alla loro FAMIGLIA.

«Mi ha fatto piacere vedere in qualche luogo uomini, per devozione, far voto d'ignoranza, come di castità, di povertà, di penitenza» (Michel de Montaigne)

2008-01-18

Universitas Dogmatium Generale

« Carissimi tutti,

appresa, da qualche minuto, la notizia che il Papa ha annullato la sua visita alla 'Sapienza', e l'applauso con cui questa decisione è stata accolta dagli studenti radunati in assemblea, sarei un ignavo e, peggio ancora, un vile -come uomo che ha dedicato il suo lavoro all' Università e, più in generale, come cittadino italiano- se vi tacessi che nello stesso istante non rammarico ma -più, molto più- offesa, dolore, impotenza e menomazione della mia libertà si sono impossessati del mio animo. Agli occhi miei, la 'Sapienza' è ancora Università 'de jure', ma, dopo questo LUTTUOSO evento, certo non più Università di fatto, non più, cioè, luogo fisico e, in uno, comunità di anime intelligenti in grado di accogliere, valutare e dibattere l'UNIVERSO mondo delle idee pensabili.

Credo che la situazione creata, lungi dal costituire la pretesa esaltazione del pensiero razionale o la rivendicazione della conculcata libertà scientifica di Galileo, abbia determinato, da stasera, uno straordinario, istantaneo impoverimento della nostra Italia, precipitata nell'inferno dell'ignoranza, del buio, e della paura dell' idee e dei sentimenti 'altri'.

Galileo fu convocato, interrogato ed ascoltato da quella vecchia, ma ben peggiori sono i segni che colorano l'alba della nuova inquisizione. E, soprattutto, ho pietà per quei poveri giovani ignoranti -resi tali da una società ignorantissima- i quali hanno applaudito alla notizia dello 'scongiurato' evento, la visita del Papa, fatto della cui gravità non hanno avuto la minima percezione. Ma, carissimi, chi semina vento raccoglie tempesta.....

Che Dio abbia pietà di questa nostra smarrita Italia... »
Voglio pubblicare a disposizione dei pochi che mi leggono la mia risposta a questa mail, breve, ma ricca di contenuto, pervenutami quest'oggi:

Carissimo amico mio,


grazie per avermi reso partecipe di questo pensiero che ho accolto come sempre con la profonda stima e l'affetto ormai familiare che nutro nei tuoi confronti.

Non condivido però questo nella sua interezza sebbene mi trovi ad occupare una posizione simile alla tua col mio pensiero.

Io credo che La Sapienza abbia subito una definitiva caduta di stile con queste azioni, poiché, sebbene è vero che l'autorità ecclesiastica, sebbene massima, non ha diritto di ingerenza o interferenza alcuna con le istituzioni secolari e laiche del nostro e degli altri paesi, c'è anche da chiedersi, con sana integrità ed onestà intellettuale, quando un ente secolare, laico, lontano quanto vogliamo da alcuna rappresentanza ecclesiastica, possa definirsi istituzione.

Una struttura accademica come quella Universitaria ha il compito costituito di essere "Universitas Studium Generale".

Proprio noi che sediamo ai lati opposti di quelle cattedre, che son banco di prova e tributo per alcuni delle due schiere e che son pulpito e piedistallo per altri, abbiamo il compito di porci questa domanda.

Noi che, a vanto o vergogna, apparteniamo a quella Siciliae Studium Generale, il Siculorum Gymnasium vanto della nostra terra dal 1434, ma non a tutt'oggi, siamo chiamati più di ogni altro a riflettere sulla reale attinenza del nome a quella struttura che ad oggi viene ancora chiamata così.

E' veramente l'Università italiana un luogo di STUDIO UNIVERSALE E GENERALE, pertanto aperto all'universalità delle persone e delle anime, alla pluralità dei pareri e delle posizioni, all'ascolto GENERALE vagliato da un giudizio SCIENTIFICO e sempre presente?

Provo un forte rammarico nell'accorgermi di quanto poco tempo impieghi questa domanda a trovare una risposta nella mia mente ed è triste accorgersi come nel battito di un impulso neuroelettrico in un solo singolo e desolato neurone già si trovi la radicale risposta che non lascia spazio ad alcun dubbio: "NO!"

L'università italiana, che ormai potremmo identificare come un'unica e monotòna universalità delle università italiane, ormai tende all'inevitabile declino divergendo senza rimedio al "meno infinito" del guadagno culturale che in esse si riceve.

Quando questa universalità si chiude negandosi all'ascolto, negandosi al confronto, negandosi al dialogo, negandosi, perché no, a quella necessaria richiesta di messa in discussione, allora questa universalità di università perde istantaneamente il suo nome divenendo di fatto un luogo di culto, dove indorati predicanti professano la propria indiscutibile fede promuovendo le proprie posizioni ed imponendo i propri dogmi dall'alto di quelle cattedre che diventano pulpiti.

I fatti de La Sapienza sono solo la punta dell'iceberg della decadenza delle università, che da campi fertili del pluralismo intellettuale e della crescita culturale si son ridotti ad universali sensi unici tutti tendenti, come bandiere al vento, verso la conca stagnate della decadenza dove ciò che da bambino mi veniva descritta nel sussidiario come la pianta dell'intelletto, da innaffiare e curare ogni giorno, immancabilmente avvizzisce e muore soffocata dalle pesanti esalazioni sulfuree di questa carcassa in decomposizione tutta italiana.

E così, con questa triste immagine da discarica, certo poco piacevole, ma affatto nuova in questo paese, ormai internazionalmente e clamorosamente noto come 'o paese della monnezza, ti lascio, mai smentendo il mio pessimismo ontologico e mai finendo di ritenere come solo la presenza di pecore nere come te possano alimentare un lontano lumicino di speranza che va comunque sempre più affievolendosi.

Perdonami, infine, per questa mia saccente risposta, del resto, chi mai son io per commentare ed additare a tal modo questa università?

Per fare il verso all'amato Sergio Corazzini:
«sono solo uno studente che piange e soffre.»

2008-01-17

Anno Nuovo...

... casotto nuovo!
Chiedo scusa a tutti i miei lettori, ma, a causa di una serie di situazioni che si sono venute a creare ed un periodo di inattività di questo blog, unito alla perdita di molti dei post pubblicati, sono stato costretto a resettare il blog medesimo, per cui vedrete pubblicati come a partire dal 1° gennaio di quest'anno anche dei vecchi post. Sebbene rammaricato devo però interrompere i festeggiamenti per il lieto evento poiché da domani, 18 gennaio, purtroppo per chi mi legge, comincerò nuovamente a tingere le pagine virtuali di questo spazio di memoria con le mie nuove quotidiane lagnanze.
Sempre il mio grazie a chi segue questo piccolo angolo di web con tanta affezione... (forse ansiosi di vaccinarsi contro di essa).

2008-01-16

Don Paolo Gentiloni, ministro ma non troppo

«C’era una volta un paesino chiamato Brescello. (…) Sempre diversi ma sempre uguali il parroco Don Camillo e il sindaco Peppone, i fieri capi delle due opposte fazioni. Brescello, visto da destra è il paese di Don Camillo, visto da sinistra è il paese di Peppone. Visto dall’alto è un paese dove gli avversari si battono duramente, ma senza diventare nemici e la voce della coscienza ha sempre l’ultima parola… »
Con queste parole l'abile penna di Giovannino Guareschi descriveva l'Italia del lontano dopo-guerra degli anni '50. Era un'Italia in costante ricostruzione, l'Italia degli scontri politici e di abilissimi duelli dialettici, l'Italia dei piccoli ricatti e dei soliti sotterfugi. L'Italia era in fondo piccolo paesino formato da tanti piccoli paesini dove il Peppone e il Don Camillo di turno non cessavano mai di fomentare la lite, ma dove, sempre fedeli al reciproco rispetto, si finiva sempre per arrotolarsi le maniche e lavorare, insieme, per ricostruire quell'Italia.

Chissà cosa scriverebbe oggi Guareschi se avesse modo di sbirciare, per qualche istante, la situazione politica e sociale di questa Italia del secondo millennio. Chissà se, forse, Duvivier non preferirebbe altri attori forse più capaci dei mitici Fernandel e Gino Cervi, per interpretare lo scenario politico odierno.

Probabilmente no, non sarebbero stati reputati capaci di ricalcare in maniera altrettanto naturale i tratti meschini e vergognosi della politica Italiana, o meglio, della partitica oligarchica che detiene un potere assolutamente antidemocratico.

Non credo che i giganti della storia, questi enormi e dignitosi colossi sulle cui spalle poggiamo per merito degli uomini che ci hanno preceduto, si asterrebbero dal pronunciare il più duro giudizio sui nostri tempi. Penso sarebbe altissima la critica che essi muoverebbero alla nostra Repubblica prêt-à-porter, esattamente come gli abiti preconfezionati in negozio, la quale, però, di preconfezionato ha le liste dei candidati eletti, le liste dei partiti, degli emendamenti da fare, delle spese e delle tasse da imporre ed, infine, l'immutabile lista degli scempi da compiere indipendentemente da chi sia al potere in una finta competizione che mai riguarda la rotta riducendosi, meramente, all'elezione (spesso dubbia) di un timoniere.

Uno solo, forse, è il tratto caratteristico che può legare le storie raccontateci dal Guareschi alle vicende Italiane recenti. Infatti, nei bellissimi film e nei romanzi dell'autore, alla fine sempre si riusciva a mettersi d'accordo, a lavorare insieme a perseguire uno scopo unico per il bene del paese o dell'Italia. Ebbene anche oggi accade qualcosa di simile, solo che la classe partitocratica e oligarca che detiene il potere in Italia non si mette d'accordo alla fine, essa si è migliorata a tal punto da sapersi mettere d'accordo all'inizio, prima ancora che spuntino i problemi da affrontare.

Un sistema che riesce a far ciò è forse fra i più efficienti mai pensabili e progettabili da mente umana. Peccato, fattosi tristemente cronaca quotidiana, quando tale accordo a priori piuttosto che per risolvere i problemi agli Italiani serva per crearne sempre di nuovi.

L'ultimo, fra i tanti, si chiama Vi-Max. Il Vi-Max è una tecnologia di radiotelecomunicazione a banda larga, capace di garantire qualità del segnale entro un raggio di oltre 50 Km dal posizionamento dell'antenna, superando così, di fatto, le prestazioni dell'attuale UMTS e, data la maggior facilità e il minor costo per garantire copertura nazionale, in grado di superare l'ormai tanto discusso digital divide. Il digital divide è per inciso quel losco fantasma che accompagna lo sviluppo tecnologico di una nazione quando diverse parti di questa hanno una differente velocità di sviluppo, provocando così il restare indietro di alcune parti del territorio nazionale rispetto ad altre, svantaggiando quindi gli abitanti meno fortunati che si trovano, spesso, privati di servizi sempre più indispensabili.

Ovviamente, non c'è bisogno nemmeno di parlarne, tutti noi ci possiamo facilmente immaginare come tali tecnologie saranno affidate a concorrenti della tecnologia UMTS esistente, appunto per assicurarsi che tale tecnologia sia sfruttata davvero e sappiamo anche che il nostro ministro per le telecomunicazioni si farà garante di ciò in prima persona... E INVECE NO! Con innocente stupore, veramente degno della penna del Guareschi, scopriamo che accade tutto il contrario. Ci stupiamo, improvvisamente, venendo a conoscenza delle riunioni svoltesi tra il ministero suddetto e le maggiori compagnie telefoniche italiane, proprio quelle che detengono tutti i diritti sull'uso e sullo sviluppo della tecnologia UMTS ossia Telecom, Vodafone, Wind ed H3G (i gestore dei famosi videofonini 3).

Il ministro Paolo Gentiloni ha infine stabilito come basa della gara d'asta 45 milioni di euro, una base effettivamente bassa, e che sarebbe giustamente stabilita per facilitare nuove società emergenti altrimenti impossibilitate a priori a prendere parte a questo ramo del marketing delle telecomunicazioni. Ma che senso ha se le più ricche società vi partecipano potendo così giocare al rialzo per tutto il tempo necessario al fine di eliminare ogni concorrenza?

Possiamo credere che le società che detengono la gestione dell'UMTS faciliteranno lo sviluppo e la diffusione di una tecnologia che va assolutamente a svantaggio dell'UMTS e che inevitabilmente, dati i bassi costi di impianto e gestione, costerebbe di meno anche all'utente finale facendo ingrassare di meno le già grassissime società di capitale citate?

Dopo aver scritto, così come molti altri, una lettera al ministro per invitarlo a riflettere su tali eventualità e per chiedere caldamente il divieto di partecipazione per conflitto di interessi delle suddette società, ecco cosa mi è stato risposto:
Buongiorno

in merito alle osservazioni sulla tecnologia WI-Max e sui criteri da adottare in ambito di assegnazione delle frequenze, sottolineiamo che i criteri sono stati dettati dall' Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, proprio allo scopo di garantire la pluralita' degli operatori. Questo Ministero, in sede di gara di assegnazione si atterra' scrupolosamente a quei criteri di garanzia.

Cordiali saluti

Urp del Ministero delle comunicazioni
mg
Criteri di Garanzia, appunto, per garantire l'immutabilità dello status quo, per far si che le quattro vacche grasse continuino ad ingrassare a dismisura succhiando impunemente il sangue degli italiani mediante le tariffe più alte d'Europa e, spesso, del pianeta. Che tali criteri forniscano in realtà l'unica garanzia di incentivare, così facendo, lo scadere della qualità delle telecomunicazioni in Italia, la quale è già al di sotto della media Europea.

Tutti voi miei cari lettori sapete quanto io possa essere pessimista, mi scuserete quindi se credo che il martelletto del banditore dell'asta per la tecnologia Vi-Max oltre che colpire la proverbiale base in legno, nel momento in cui dichiarerà vinta l'asta, colpirà anche lo sciacquone che decreterà la definitiva buttata nel cesso di tale tecnologia in Italia.

Mi rammarico per tale miopia e distrazione del nostro ministro delle telecomunicazioni, mi rammarico anche di non potermene meravigliare, infatti non è la prima volta che questi si dimostra fin troppo distratto, come ad esempio quando si accorse, di colpo in televisione davanti a milioni di italiani, di non aver letto bene la legge bavaglio che imporrebbe a coloro che svolgono privatamente opera di informazione, fra ci tutti noi blogger, di registrarsi ad uno specifico albo pagando ovviamente la salatissima tassa. Sebbene sia stata fatta eccezione per i blogger resta l'arbitrarietà di dichiarare un sito internet come spazio di informazione o meno.

Insomma non posso nascondere la mia delusione, ma non posso manifestare sorpresa alcuna, posso soltanto unirmi a quanti altri vogliono combattere questa situazione ed impedire che una possibilità importante come il Vi-Max faccia la fine che fanno tutti i grossi e buoni progetti di questa Italia ormai tanto lontana dai sani principi di quel Brescello di Peppone e Don Camillo. E così come ci rallegriamo nel vedere le vicende divertenti creati dai comportamenti del distratto Senatore Peppone e del focoso Don Camillo Monsignore, ma non troppo, così, ahimé, dobbiamo fare i conti con la nostra classe politica spesso costituita da altrettanto distratti senatori e deputati e da qualche tale emerito onorevole come ad esempio il nostro Don Paolo Gentiloni: ministro ma non troppo.
«La tecnologia... è una cosa curiosa. Ti dà grandi doni in una mano, e ti pugnala alle spalle con l'altra.» (C. P. Snow)

2008-01-15

Una Repubblica prêt-à-porter

«La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale»
(Costituzione della Repubblica Italiana, art. 139)
Come sempre però: fatta la legge, trovato l'inganno. Ebbene si, cari abitanti della penisola Italica che dopo tanto tempo di pausa (non evitabile) tornate a leggere le tristi pagine di questo blog, questo è l'argomento che oggi consentirà a questo spazio di memoria di sospingersi, ancora una volta, là dove nessun pessimista è mai giunto prima, oltre ciò per il quale alcun abile scrittore di drammatici horror ha mai posato la penna, più lontano di quanto ogni comico possa aspirare a trattare con eccezionale sarcasmo ed ilarità: dentro i meccanismi che muovono quella nazione che si chiama Italia e che è detta Repubblica.

Sebbene la nostra costituzione parli chiaro e sia stata strutturata con precisione e scrupolo affinché ella stessa provvedesse a regolare i modi per aggiornarla e rivederla negli anni, nonostante le nostre leggi, almeno quelle dell'immediato dopoguerra, fossero state concepite per evitare ogni futura forma che negasse il diritto costituzionale di ogni cittadino italiano ad essere parte integrante di una repubblica democratica fondata sul lavoro e, aggiungo io, sull'onestà dei suoi amministratori, tutto, almeno negli ultimi anni, sembra essere mutato.

Erano i bei tempi della ricostruzione, gli anni sognanti del quinto decennio del passato secolo, quando quei rispettabili grandi signori dei nostri padri sbracciandosi ricostruivano l'Italia. Erano i bei tempi delle battaglie politiche dialettiche e morali, dei comizi e dei carrocci, della sinistra operaia e della destra imprenditrice, del semi-centro democristiano e socialdemocratico. Tempi divenuti in seguito tanto lontani, tanto distanti, tanto dimenticati da non essere più considerati parte di ciò che dovrebbe essere la base della storia moderna e della cronaca recente della nostra nazione.

Molto tempo è passato da allora, e come tanta acqua è passata sotto i ponti sempre più in degrado delle nostre città, così tanta gente è passata per le urne del sistema elettorale sempre più in degrado delle nostre circoscrizioni. In questo fiume umano di votanti, col trascorrere del tempo, ogni singolo membro della società sempre di più ha cominciato ad assomigliare ad una goccia d'acqua in un insensibile oceano di gocce senza volto, senza nome e, per di più, senza valore.

Se è vero che ogni goccia d'acqua è una parte dell'oceano, è anche vero che tutta l'acqua di un recipiente chiuso ermeticamente, per quante decine di milioni di gocce d'acqua ne compongano il volume, non potrà mai cambiare forma né posizione, venendo trasportata da chi detiene il controllo del barattolo. E' facile tradurre questa metafora, per nulla scontata, in termini di società, politica e, ahimè, partitica.

Nei sessantanni che ci separano dalla presunta nascita della cosiddetta Repubblica Italiana le cose non hanno fatto che precipitare. In questo continuo aggravarsi della situazione, i cittadini si sono visti privare nei fatti, forse senza nemmeno rendersene conto, di ogni libertà e diritto costituzionale, di ogni possibilità di effettiva collaborazione legale e hanno visto eclissarsi di ogni forma di onestà e rettitudine una volta, forse, apparentemente riscontrabile nelle istituzioni dello stato. Ultime fra le libertà negate (ma ultime solo in ordine cronologico) sono, fra le altre, la libertà di pensiero, la libertà di stampa e proprio quella forma repubblicana sulla carta non sottoponibile a revisione.

Chi di voi, uomini e donne d'Italia, figli dei talk show e dei confronti televisivi, ha potuto votare davvero nelle ultime elezioni locali e centrali? Chi di voi può affermare con certezza di aver esercitato nelle forme e nei limiti della costituzione il proprio democratico diritto di prendere parte all'elezione del governo della cosiddetta Repubblica Italiana?

Io non credo che sia possibile rispondere affermativamente a queste domande, poiché non credo che lo stato italiano abbia preservato negli anni la sua forma democratica e il suo ordinamento repubblicano. Non lo credo poiché non riscontro elementi che mi possano rassicurare sulla mia posizione di elettore quando penso al presente sistema elettorale, alla roccaforte sulla quale la casta politica italiana si è rifugiata alla mensa del gran comitato degli oligarchi.

Quando ci hanno così bene anestetizzati? Come hanno fatto a trovare quel potente e magnifico sedativo che silenzioso e strisciante ha sedotto e corrotto la lucidità delle nostre menti? Perché noi, popolo della penisola italica, ci siano lasciati rapire e trasportare così lontano da quanto il nostro intelletto avrebbe mai concesso se non sopraffatto dall'inazione, dall'ignoranza e dall'inerzia? E soprattutto chi è colui che aspettiamo attribuendogli in maniera indefinita l'incarico di salvarci e di portare a compimento le azioni potenziali che arcani moti ci impediscono di tradurre in atto?

O popolo italiano! Cosa siamo? Cosa aspettiamo? Cosa vogliamo veramente? E' ora di svegliarsi e di alzare le corna che ci han messo in testa i nostri impiegati contro i quali inveiamo nelle piazze nelle giornate di mal tempo, ma che siamo stati noi a mettere lì! Oh «governo ladro!» fra un lampo, un tuono e qualche goccia di pioggia...

E così, nel collettivo assopimento e nella totale e ignobile ignavia, esperimenti psico-para-democratici sono portati avanti dall'uno e dell'altro schieramento, fra i comuni sorrisi smaglianti di codeste due facce del moderno Giano bifronte che poggia le sue corpulente posteriorità volgarmente accasciato sui quei due colli, là, in quel di Roma.

Andiamo quindi tutti noi, bonas oves, ad eleggere il nostro candidato a queste o a quelle primarie di questo o quel partito. Facciamo la nostra brava parte di cittadini della Repubblica Italiana, ed esercitiamo, mi raccomando, tutti muniti dell'euro di turno (non fatturato), la nostra democrazia: la democrazia a gettoni.
«Venghino signori, venghino! Tre palle un soldo, chi fa il centro vince! Venghino signori, venghino...»

2008-01-14

Crocifissi e moschee

«(...) le esigenze costituzionali di eguale protezione del sentimento religioso che stanno alla equiparazione del trattamento (...) sono riconducibili, da un lato, al principio di eguaglianza davanti alla legge senza distinzione di religione sancito dall'art.3 della Costituzione, dall'altro dal principio di laicità o non-confessionalità dello Stato che implica, tra l'altro, equidistanza e imparzialità verso tutte le religioni, secondo quanto disposto dall'art. 8 della Costituzione. Ove è appunto sancita l'eguale libertà di tutte le confessioni religiose davanti alla legge (...)»
Era il 29 aprile del 2005 quando, con queste parole, la Corte Costituzionale della Repubblica Italiana sanciva nella sua sentenza l'illegittimità di quanto previsto dall'articolo 403 del codice penale, che prevede pene per chi offende la religione di stato, quella cattolica, unitamente al 406 che prevede minori pene rispetto ai culti non di stato. Tale polverone ha origine dal lontano 2003 con la persona di Adel Smith, accusato di vilipendio alla religione Cattolica e processato ai sensi dell'articolo 403, per aver gettato dalla finestra della camera d'ospedale della madre il crocifisso, provocando lo stupore, e lo shock, degli altri pazienti della camera oltre che della direzione sanitaria. Da quel gesto iniziava la battaglia del signor Smith contro la presenza del crocifisso negli uffici pubblici e nelle aule scolastiche. Già a quel tempo io medesimo mi schierai per la presenza e la permanenza del crocifisso in quanto importante simbolo, oltre che religioso, identificativo della storia dello stato Italiano nato ed evolutosi con la presenza, positiva o meno, della chiesa cattolica, anche nelle sue istituzioni. Come simbolo e presente memoria della storia della Repubblica Italiana pertanto va tollerato il crocifisso specialmente da quelle minoranze che chiedono tolleranza ma dovrebbero in primo luogo essere disposti ad offrirne.
«Moschea vicino alla chiesa - Voluta dai bengalesi nel quartiere dell'Esquilino: il prete era d'accordo. Doveva aprire a settembre Roma, la destra insorge: blitz musulmano. Il Comune: "Cantieri irregolari". Il capo dell'associazione di stranieri: "E' solo un centro culturale". Esposti e minacce di sit in. Trovate opere abusive. Storace: "Quanti altri imam devono predicare terrorismo?» (Repubblica.it)
Era il lontano 2005, ma, passati appena 2 anni ed una manciata di mesi, si riaccende la protesta, questa volta non riguarda però la presenza del crocefisso ma, al contrario, la presenza di una moschea, o meglio, di un centro culturale di fede islamica, vicino ad una chiesa nella città di Roma. Ricevuto il benestare del parroco e il permesso, iniziati i lavori, qualche mese fa, sembrava realizzarsi il piccolo sogno di vedere vicine una chiesa ed una moschea in regime di pacifica convivenza e invece? Sit-in, proteste, striscioni, slogan e frasi di oltremodo opinabile onestà intellettuale.

Queste sono però solo alcune delle notizie inerenti i continui scontri culturali e razziali sop
rattutto a sfondo religioso, leggiamo nei giornali dei giorni scorsi di quel manovale senegalese che ha murato l'alcova di una Madonnina nel muro di un agglomerato residenziale poiché infastidito, ma leggiamo anche del pestaggio di un gruppo di extracomunitari ad opera di un gruppo di ragazzi italiani finché c'è scappato il morto.

Ciò che si evince senza troppa difficoltà è che tutti sembrano pronti a chiedere comprensione, accettazione, tolleranza. Ma è ahimé altrettanto evidente come nessuno, nemmeno fra chi chiede tanto, sia disposto a darne una minima parte. E' facile chiedere, pretendere, fare rumore, organizzare sit-in e lanciare crocifissi dalla finestra, è comprensibile come la gente possa scadere in tale vituperio alla natura umana. E' facile poiché l'uomo è spesso, troppo spesso, un codardo, poiché l'uomo troppo spesso preferisce la via breve e fa
cile rispetto a quella lunga e difficile. E così, con estrema facilità si scade nella violenza, quella fisica, quella verbale, quella ideologica, quella razziale.

Forse è troppo difficile per quegli esseri che oggi, nel 2007, ci ostiniamo a chiamare Umani mettersi intorno ad un tavolo, discutere, costruire, trovare una via comune che ripudi la violenza, che rispetti le reciproche culture che si ricordi, ogni tanto, di quegli articoli 3, 8 ed 11 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Che bel sogno sarebbe vedere un grande edificio circolare diviso in molteplici spicchi, all'interno dei quali tutte le confessioni r
eligiose possano trovare spazio, al centro del quale tutti gli uomini possano trovare il dialogo e la convivenza pacifica e costruttiva. Che bel sogno sarebbe se esistesse questo tempio di pace, condivisione e fratellanza. Che bel sogno, si, ma, si sà: i sogni son desideri chiusi in fondo al cuor. Chissà per quanto questo cassetto in fondo al cuore dell'uomo dovrà restare chiuso, chissà se l'uomo ricorda ancora dove ha messo la chiave, chissà se quella chiave, in fondo, esiste oppure no.
«La pace non può essere mantenuta con la forza, può essere solo raggiunta con la comprensione» (Alber Einstein)

2008-01-13

Senza parole

« Scritta apparsa sulla saracinesca di una bottega romana»
«È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo arianonordico.» (Da La difesa della razza, diretta da Telesio Interlandi, anno I, numero1, 5 agosto 1938, p. 2)

2008-01-12

Sarkozy, i pedofili, i francesi.

«Nicolas Sarkozy promet un hôpital fermé pour les délinquants sexuels - Hôpital-prison, castration chimique, suppression des remises de peine pour les délinquants sexuels. Nicolas Sarkozy a annoncé, lundi 20 août, l'arsenal qu'il prévoit pour lutter contre les pédophiles récidivistes, "les prédateurs", comme il les a appelés à plusieurs reprises.»
« Nicolas Sarkozy promette un carcere ospedale per i delinquenti sessuali - Ospedali-prigione, castrazione chimica, soppressione delle remissioni di pena per i delinquenti sessuali. Nicolas Sarkozy ha annunciato, lunedì 20 agosto, l'arsenale in costruzione per la lotta contro i pedofili recidivi, "i predatori", come egli li ha chiamati per maggiore rievocazione (...) ».

Sono queste le parole con cui il giornale francese Le Monde commenta le dichiarazioni del premier francese Sarkozy. Lungo tutto l'articolo l'autore si schiera in maniera decisamente critica e discorde rispetto alle opinioni del presidente Sarkozy, la stessa cosa fanno molte altre testate del mondo intero.

Tanto per cambiare, senza paura di essere una voce sola fuori dal coro, dirò la mia. Io penso che per la prima volta nella storia della criminologia giudiziaria si inizia a vedere il problema della pedofilia sotto un'altra luce. Chi sono codesti animali che chiamiamo pedofili? Io credo che sono innanzitutto uomini, che sono gravemente malati, che vanno protetti da loro stessi almeno quanto la società.

Non capisco in vero la posizione del giornale Le Monde, nell'articolo questo pare schierarsi a favore della dignità umana, ripudiando quindi il ricorso alle proposte di "Sarkozy il Chimico", tuttavia, mi chiedo se sia più giusto e dignitoso ignorare il tutto, archiviare velocemente la pratica pedofilia dando qualche aggiustatina alle leggi e alla severità delle pene previste, rificcando, come al solito, la testa sotto la sabbia, pur di non vedere, di non sentire, di non doversi impegnare a trovare soluzioni.

Demolendo un po' di informazione scadente e prendendo atto delle reali parole del premier francese scopriremo, infatti, che egli prevede che in questi Ospedali-Carcere i pedofili siano curati, fisicamente e soprattutto psicologicamente. Non è sufficiente, infatti, incarcerare un pedofilo, prima o poi questi potrebbe uscire e ricominciare, non perché incarnazione demoniaca umana, ma semplicemente in quanto persona malata non in grado di controllare le sue ripugnanti pulsioni.

La cosiddetta castrazione chimica, inoltre, non sarebbe, secondo la proposta di Sarkozy un'imposizione, ma, piuttosto, una possibilità offerta al condannato, forse, per certi casi, l'unica possibilità per poter sperare in una riabilitazione della persona.

Non sono certo a favore dei pedofili, io stesso provo profondo schifo al pensiero, io stesso, ovviamente, vengo colto dal sentimento di assoluta repulsione verso queste persone al limite dell'umanità, ma, se mi fermo a pensare per un po', ricordo che molto difficilmente tutto ciò è frutto del caso. Molto spesso questi pedofili sono i frutti nati dal seme della violenza domestica e dell'abuso sessuale in età infantile.

Se è giusto quindi che essi scontino la massima pena nei limiti dell'umana civiltà è anche vero che così come il carcere non restituirà la vita o non toglierà i traumi alle loro vittime, è anche vero che, oltre che una misura restrittiva per la sicurezza della società, questa può anche diventare anche qualcosa di costruttivo.

Sono d'accordo con il presidente Sarkozy e con la necessità di curare, oltre che eliminare dalla circolazione, i pedofili. Ciò non lede, ovviamente, la possibilità, penso giusta, di negare gli sconti di pena a questa categoria di carcerati così come quella di aumentare le pene previste e la loro durezza. Tutto ovviamente escludendo, almeno a mio parere, la pena di morte, poiché questa è una pena troppo definitiva e inconcludente per potersi dire degna di uno stato civile fatto di uomini, che tali sono e che pertanto non hanno ancora acquisito il diritto di sostituirsi a Dio. Lascio concludere il mio pensiero alle parole di Cesare Beccaria:
«Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio.»

2008-01-11

A qualcuno piace fredda...

«La situazione vista da Londra: l'inizio del nuovo anno sarà cupo e tempestoso»
Con queste parole titolava il quotidiano La Stampa nel n. 304 dell'anno III, pubblicato domenica 28 dicembre 1947. Pagate le dovute 15 lire gli italiani in quei giorni potevano leggere quanto segue:
« Londra, 27 dicembre - la vita politica riprende dopo le ferite natalizie con la sensazionale notizia che la Russia avrebbe ordinato di trasferire da Berlino a Lipsia l'Amministrazione Centrale Tedesca (...) Simultaneamente si apprende che entro pochissime settimane il governo militare russo metterà in circolazione nella zona tedesca sovietica un nuovo «marco di dopoguerra»: a loro giustificazione i russi lasciano intendere che risulterebbe loro che gli anglo-americani stiano per emettere nella Germania occidentale un nuovo «marco occidentale». (...) per il momento nessuno degli stati del blocco sovietico ha riconosciuto il governo ribelle in Grecia; (...) Quanto agli aiuti finanziari degli Stati Uniti alla Grecia, questi ammontano già a 300 milioni di dollari, metà dei quali per spese militari (...) lo scorso mese era stato formato uno stato maggiore greco-americano . L'impressione di Londra è che il 1948 si apra con un panorama politico assai cupo e tempestoso; (...) da fonte americana si viene a sapere che il governo degli Stati Uniti ha rinunciato ai suoi progetti di sviluppo dell'energia atomica per l'industria, per concentrarsi invece su un vastissimo programma di ampliamento degli stabilimenti Hanford nello stato di Washington per la fabbricazione di bombe atomiche: lo Stato Maggiore americano si è opposto al trasferimento di scienziati e di materiale per l'industrializzazione dell'energia atomica. »
Roma, 20 agosto 2007 - Dopo più di 58 anni e mezzo dalla pubblicazione dell'articolo sopra riportato, nuovi gelidissimi venti di guerra fredda spirano dalla Russia verso l'occidente. E' di appena 3 giorni fa la notizia del ritorno in servizio dei famosi bombardieri strategici da ricognizione a lungo raggio di fabbricazione russa. Ma, con ogni rispetto per i piloti russi che guideranno quei giganteschi affari volanti forse un po' datati, non sono certo i bombardieri a spaventare, così come nessun'altra operazione (forse) propagandistica della Russia che altro non produce che la messa in ridicolo dell'amministrazione della ex potenza mondiale.


In questi giorni il presidente russo Putin però sembra sentirsi a capo di una grande e rinata potenza economica, una potenza della quale, tuttavia, il prodotto interno lordo è pari soltanto a quanto gli Stati Uniti donano ogni anno ai paesi in via di sviluppo, circa 300 milioni di dollari (cifra ridondante a quanto pare nella storia della guerra fredda). Tale atteggiamento apparentemente miope non è assolutamente contrastato dalla frammentaria e debole opposiz
ione interna Russa, così, incontrastato, il buon vecchio Vladimir Putin resta apparentemente libero di divertirsi lanciando gli aereoplanini, piantando bandierine sotto il polo nord, lanciando qualche tonnellata di missili sulla Georgia, etc... Fra un missile e l'altro, una bandierina e un sommergibile, un bombardiere e qualche affermazione poco consona, il presidente Putin sembra tingere costantemente di ridicolo se stesso e la Russia, ma c'è veramente così tanto da ridere? Forse no.

Se infatti i sostenitori della miopia di Putin se la ridono, tutti gli altri guardano ai costanti segni di allarme provenienti da Madre Russia, questa ex-potenza che si sente mutilata nel fisico e nell'orgoglio, che soffre della
costante ossessione che la trova sempre sulla via della ricostruzione bellica al fine di non essere inferiore a nessun altro, per poter ritornare a tenere in scacco il pianeta al pari di quanto potesse fare l'ex (e fortunatamente defunta) URSS.

Non è più un mistero che la Russia ha ormai preso le distanze dai trattati sul disarmo, non lo è che la presidenza degli Stati Uniti d'America non ha riconosciuto la spedizione russa sotto la calotta polare, non è affatto
un mistero come i rapporti vadano stringendosi fra i membri del cosiddetto «gruppo di Shanghai». Anzi, pare proprio che il buon vecchio Putin si sia praticamente autoeletto e nominato guida morale e politica degli altri cinque paesi del gruppo di Shanghai: Cina, Uzbekistan, Kazakhstan, Tagikistan e Kirghizistan.

Se tanto riso provocano quindi gli aereoplanini di Putin, altrettanto sorriso non provocano le alleanze sempre più forti tra la Russia e le altre pericolose potenze sulla scena internazionale. Aveva forse ragione
Vico? Che la storia sia veramente destinata a ripetersi sempre con i suoi continui corsi e ricorsi? Se è così certo è che questa volta il ricorso ha subito un periodo molto breve: nemmeno sessant'anni e la guerra fredda torna a spaventare il mondo. Ma siamo sicuri che "fredda" sia la parola esatta?

Per fortuna non sono in grado di prevedere il futuro, ma conosco il passato a sufficienza da poter dire con certezza che una guerra non è mai stata e non sarà mai fredda. Potranno pure venire il gelo e
il ghiaccio a congelare i sederi dei potenti seduti nelle loro dorate poltrone all'interno di splendide sale di consiglio, tuttavia, ogni guerra è stata e sarà sempre incendiata dal fuoco delle bombe e delle armi che hanno tinto e potrebbero tingere di sangue il suolo di molteplici cosiddetti stati satellite: poveri burattini che combattono per i loro rispettivi due grandi padroni. Così è stato. Così sarà ancora?

Ogni corda ha il suo punto di rottura e prima o poi questa si spezza. Non sono in grado di prevedere se e quando si potrebbe rompere la delicatissima fune dell'equilibrio sulla quale tutti gli stati del mondo danzano, so soltanto che il mondo assiste in questi giorni al meraviglioso ed inquietante balletto sulla fune di due enormi elefanti sperando che questi non siano troppo proverbialmente maldestri.

Non so cosa potrà accadere il giorno in cui si spezzerà la corda, so soltanto che quando accadrà un capitolo della storia del nostro pianeta potrebbe essere destinato a concludersi, la breve pagina della permanenza dell'umanità nell'universo potrebbe trovare fine consegnando l'uomo e la sua memoria all'oblio eterno. Tanto per citare Albert Einstein:
«Io non so con quali armi sarà combattuta la Terza Guerra Mondiale, ma so che la Quarta sarà combattuta con pietre e bastoni»