Un volo di gabbiano sul mare dell'oblio...

Ecco cos'è questo spazio di memoria. Non è altro che il tentativo di un volo, come gabbiani inesperti, nella vana speranza di vincere il tempo. Qui, come innocenti pennuti, si abbandonano al vento di tempesta i pensieri e le memorie, in uno spazio senza indirizzo, verso un interlocutore all'infinito, in questo campo di volo, col rischio di bagnarsi le ali, nel tentativo di sfuggire per un istante ai flutti dell'oblio che vorace divora l'esistenza dell'uomo.

2008-01-23

Nuovo Medioevo

«Le ultime [diverse] elezioni hanno posto le basi per i prossimi 500 anni di medioevo» (Frank Zappa, 1989)
I miei pochi appassionati avranno letto il precedente articolo a carattere storico che tratta della nascita del medioevo, non solo come periodo storico ma anche come realtà sociale figlia degli eventi del suo tempo. Con onestà intellettuale non si può negare che, per quanto ricco di latenti fermenti ed evoluzioni silenti, il medioevo è stato il tempo storico della decadenza e dell'abbandono dei valori della civiltà classica.

Con altrettanta onestà non possiamo evitare il confronto tra la storia passata e la cronaca presente e non possiamo altresì evitare di restare allarmati dalla somiglianza dei fenomeni a carattere sociale che si sono verificati allora e che si stanno verificando oggi.

E' mio parere che la civiltà mondiale, ed in particolare il popolo italiano, sta andando incontro ad un nuovo medioevo, del quale si ravvisano già i primi sintomi nel periodo di grave decadenza sociale e culturale che stiamo vivendo oggi.

Il primo sintomo del "decadentismo da medioevo", come lo voglio definire oggi, è la disgregazione dello stato costituito, è ciò che avviene quando le autorità centrale si disinteressano del destino e dell'evoluzione delle realtà sociali delegando tutto a piccoli o grandi amministratori locali che per disinteresse dello stato (o per troppo de illecito interesse) riescono ad eclissarne la figura e l'influenza rendendo la democrazia solo un pallido riflesso di una partecipazione fittizia e del tutto superflua da parte del popolo.

Sia per spirito di corporazione, o di casta se vogliamo, sia per spirito di autosalvaguardia degli interessi personali (anche a carattere economico) la politica si è ormai disinteressata alle realtà locali, a livello nazionale e mondiale, rinchiudendosi nelle dorate torri d'avorio dei loro parlamenti sicuri e assolutamente decontestualizzati da ogni possibile riferimento democratico. Ciò ha favorito la decentralizzazione dei punti di riferimento del potere, garantendo a questi, siano essi governatori di uno stato federali o presidenti di un consiglio regionale, un'autonomia ed una sicurezza d'azione messa in totale sicurezza da ogni ingerenza esterna.

Per avvenire tutto ciò, però, è necessario che si riesca, con un abile manovra degna dei migliori prestigiatori, a riunire e collegare in maniera indissolubile i quattro poteri di uno stato. Quando i poteri legislativi, esecutivi e giudiziari appartengono a categorie assolutamente inscindibili e collegate da irrivelabili questione a carattere economico ed amministrativo, spesso oltre i limiti di quanto consentito dalla legge, viene a cadere tutta la struttura democratica che garantisce il funzionamento di una Repubblica o di un qualsiasi stato a regime repubblicano.

Il compito di prevenire questi atteggiamenti di reciproca salvaguardia, spesso ai limiti o anche oltre i limiti della collusione e della corruzione, spetta alla stampa e ai mass media a tutti i livelli. Ma cosa succede se i media sono di proprietà degli stessi ricchi uomini invischiati nelle vicende che dovrebbero denunciare? E' ovvio che una tale situazione mina alla base l'esistenza stessa del quarto potere democratico che è quello dell'informazione, anzi, trasmuta questa in uno strumento di propaganda e disinformazione utile soltanto al rimbambimento del popolo che potrà essere così facilmente indottrinato a dovere.

In una situazione del genere è ovvio che l'unica legge veramente funzionante e quella del più forte. Chi detiene il potere è in realtà il più forte, dal punto di vista economico o dal punto di vista più pratico del termine. Poiché l'ordine costituito cessa di essere tale, vengono meno anche la salvaguardia dei diritti e dei doveri di ogni cosiddetto cittadino di un tale stato, ma così facendo viene meno anche la sicurezza e la legittimità di uno stato, una volta scomparso anche il senso di legittimità non sarà affatto uno scandalo per ogni abitante del territorio, se sottoposto a tali regole, l'affidarsi al primo protettore locale in grado di dare sicurezza e stabilità, anche se con un costo non troppo basso.

E' questo il fertilissimo limo sul quale le criminalità organizzate crescono rigogliose, impadronendosi del territorio e dei suoi abitanti, insinuando le sue lunghe braccia nello stato, stringendo con questo rapporti di collusione e corruzione strettissimi, coinvolgendo quanta più gente possibile nell'amministrazione pubblica all'interno di patti associativi, a stampo mafioso, ed intrappolando così, tutti, nella strettissima morsa del ricatto e della paura, dalla quale l'unico scampo è dato dall'autopreservazione dello stato delle cose che perpetua all'infinito il ciclo mafioso in cui lo stato finisce per essere coinvolto. E' così che la mafia non è più paragonabile un cancro che attacca lo stato, essa si sostituisce allo stato, è lo stato medesimo che diventa mafia nella sua interezza ad ogni livello.

Nella generale sfiducia verso una classe politica oltre i limiti del criminale, nella generale insicurezza e mancanza di protezione se non mediante le ramificazione locali della criminalità organizzata, nel proliferare degli interessi a carattere economico dei soliti pochi potenti di turno, una nazione cessa di esistere e, sebbene formalmente riconosciuta tale sulla carta, si disgrega in un'interminabile serie di rapporti di vassallaggio nei confronti dei vari gradi di potere.

E' così che l'ordine costituito di uno stato viene deposto dalla mafia, esattamente come l'Imperatore Augustolo venne deposto da Odoacre, sebbene ciò avvenga in maniera molto più indignitosa. E se dovessimo fare un confronto con il passato tempo della storia, non posso evitare di pensare che il mondo stia rivivendo, sebbene in diversa forma estetica, ma con uguali contenuti, proprio quegli eventi che hanno caratterizzato la fine del 400 d.C. Forse è proprio all'inizio degli anni '90 che il declino internazionale ha avuto inizio, specialmente in Italia, nel 1992, quando, finita la prima Repubblica non ne seguì un'altra se non formalmente sulla carta. Forse è proprio quel 1992 l'anno in cui i barbari approfittarono della situazione, giustamente venutasi a creare, per inserire il loro cuneo nello stato, uno stato destinato a crollare su se stesso e i cui poteri, ahimé, credo siano stati deposti da tempo.

E' evidente cosa sembra attenderci adesso. Con le banche sempre più grasse, come sanguisughe sempre più in forze, che dissanguano all'unisono i popoli del pianeta in una cacofonia di lamenti e lacrime, con le case che appartengono ormai tutti ad immensi padroni del territorio in un nuovo e rivisitato concetto di latifondo, con la scuola che ha smesso di funzionare, con le informazioni che hanno smesso di circolare e con gli stati che hanno cessato di esistere quale può essere il futuro che ci attende?

Forse è vero che nulla passa di nuovo sotto i nostri cieli. Forse è vero ciò che Vico sosteneva predicando la ciclicità della Storia. Forse un'altra volta la gente si ritirerà dalle città troppo costose, smetterà di abitare queste cave di cemento e di acciaio senza un cuore sociale, smetterà di farsi stipare come pacchi incasellati in immensi edifici creati senza logica di quartiere al solo scopo di essere depositi di anime.

Si ritirerà nelle campagne la gente, là dove la vita costa di meno e dove è possibile produrre da se tutto il necessario? Si ritirerà là dove potrà riscoprire i valori della famiglia tanto violentemente strappati ad essa? Si ritirerà là dove potrà nascondersi dalla modernità e dall'evoluzione sociale che tanto indignitosamente fatto perdere ogni interesse nei suoi confronti?

Forse non è necessario porsi queste domande, forse non c'è bisogno nemmeno di pensarci, forse, basta guardarsi intorno, incrociare i volti e gli sguardi della gente, forse, è sufficiente tendere l'orecchio e il cuore per sentire nell'aria il disperato aroma di un popolo di popoli che hanno perso la speranza.

Forse è già qui, è già iniziato, il nuovo medioevo in questo periodo di decadenza civile e culturale, in questo tragico oblio di valori nel quale noi tutti naufraghiamo. Beato chi non arriverà a vederne gli esiti. Beato, sì, chi non ci sarà.
«La modernità, che sta giungendo alla propria fine, venne concepita all'epoca del Rinascimento. Noi oggi stiamo assistendo alla fine del Rinascimento» (Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev)

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