Un volo di gabbiano sul mare dell'oblio...

Ecco cos'è questo spazio di memoria. Non è altro che il tentativo di un volo, come gabbiani inesperti, nella vana speranza di vincere il tempo. Qui, come innocenti pennuti, si abbandonano al vento di tempesta i pensieri e le memorie, in uno spazio senza indirizzo, verso un interlocutore all'infinito, in questo campo di volo, col rischio di bagnarsi le ali, nel tentativo di sfuggire per un istante ai flutti dell'oblio che vorace divora l'esistenza dell'uomo.

2008-01-03

Una guerra mai finita

28 giugno 1914, Sarajevo. Lo studente Gavrilo Princip, in seguito riconosciuto appartenente ad un gruppo nazionalista, si è macchiato dell'assassinio di sua Altezza Reale il Principe Francesco Ferdinando erede al trono d'Austria e della consorte Sofia.
Così all'incirca poteva essere apparsa la notizia nei giornali dell'epoca, gli stessi giornali che in meno di un mese, il 23 luglio di quello stesso anno, avrebbero visto uscire dalle loro rotative la notizia dell'ultimatum rivolto alla Serbia, voluto dal ministro degli esteri austriaco Leopold Von Berchtold, contenente i 15 irrealizzabili punti. Il giorno seguente si ruppero i rapporti diplomatici con l'impero Austro-Ungarico, il 28 di quello stesso fatidico mese, esattamente 30 giorni dopo l'assassinio dell'erede al trono, ottima scusa per una dichiarazione di guerra, questa venne consegnata agli ambasciatori serbi. E fu guerra, e fu totale.

Ciò è quanto potremmo leggere in qualche libro di storia, ma siamo sicuri che sia tutto qui? Siamo veramente convinti e persuasi che tutta l
a storia del primo conflitto mondiale si esaurisca nell'intervallo di tempo che va dal 1914 al 1918? A mio parere esso ha radici molto più profonde e non è ancora terminato. Può sembrar strano, in tempo di pace, o apparente tale, dichiararsi in condizione di guerra, ma seguitemi per un poco nel ragionamento.

Maggio 1814, dopo la rivoluzione francese, la sconfitta dell'imperatore Napoleone Bonaparte e il trattato di pace firmato il trentesimo giorno dello stesso mese, le reggenze nazionali, seduti
sui troni in macerie, o comunque incrinati, delle monarchie nazionali un tempo esistenti, dettero voce alla più grande conferenza internazionale di suddivisione politica dei territori: il Congresso di Vienna. Dal primo giorno di ottobre dell'anno 1814 al nono giorno di giugno dell'anno seguente continuarono imperterrite le trattative diplomatiche, anche durante il breve temporale del ritorno di Napoleone dall'esilio nell'isola d'Elba e la sua nuova e definitiva sconfitta nella Waterloo del 18 giugno del 1815, anche durante il nuovo ed ultimo esilio presso l'isola di S. Elena, sua terra d'ultimo fiato. Nonostante i lunghi e convinti processi diplomatici è però difficile identificare le parti che furono realmente soddisfatte di tale suddivisione, forse furono ben poche. Fra di esse non si annoverano di certo i territori a est ed a sud delle Alpi. La condotta dei diplomatici del tempo rivelò un assoluta miopia, l'incapacità di prendere atto delle concause della rivoluzione francese, degli istinti di ribellione, degli impulsi nazionalistici ed indipendentisti di molte popolazioni del continente europeo. Fra questi diplomatici spiccò il nome di Metternich, il quale riuscì a coinvolgere tutti i sovrani europei, ad eccezione del Papa e del principe d'Inghilterra, ad entrare a far parte della nascente Santa Alleanza, seme germogliante dalle intese politiche di soppressione dei moti indipendentisti (specialmente nella penisola italiana), in seguito divenuta asse forte contro tutto e tutti (gli altri) nello scontro globale.

I cento anni che seguirono furono bagnati di sangue patriottico e imperiale sino alla consumazione di tutte le possibilità della diplomazia lasciando il passo ad una guerra d'intenti a partire dal 1912. Solo in quel giorno di giugn
o del 1914 però si ebbe occasione di dar fuoco alle polveri. Ma non fu certo il 1918 a decretare il termine di una guerra che, sostengo, non ha ancora avuto termine.

Quel novembre del 1918 che vide l'ammutinamento progressivo e sistematico delle truppe tedesche, quel nono giorno di quello stesso mese che vide la proclamazione della repubblica e la fine dell'impero germanico figlio del 1871, segnò in realtà solo l'inizio della seconda fase della guerra, una guerra fatta di trattati e imposizioni. Durante conferenza di pace di Parigi (dal gennaio del 1919 al gennaio del 1920) si aprì il 23 di gennaio 1919 una serie di processi diplomatici a Versailles che portarono alla firma del trattato il 28 giugno di quello stesso anno. Con la firma del trattato con i suoi 440 articoli la Germania accettava la responsabilità civile e militare della prima guerra mondiale impegnandosi a dare giusto risarcimento alle nazioni vincitrici. Il conseguente depauperamento, unito alle perdite militari e civili subite, all'inflazione galoppante, alla carestia e al malcontento popolare, portò alla naturale produzione di intenti con conseguenti mutamenti sconvolgenti.

Il caporale dell'esercito tedesco Adolf Hitler fu fra i tanti nazionalisti tedeschi che non videro come una sconfitta la capitolazione dell'esercito imperiale, ma, piuttosto, come un alto tradimento da parte di coloro che vennero da loro defi
niti i "criminali di novembre". Fu grazie all'ambiente culturale, figlio del trattato di Versailles, oltre che alla sua capacità retorica, che dopo le legittime elezioni popolari del 1933 egli fu nominato Cancelliere della Repubblica Tedesca. Le conseguenze storiche, politiche e sociali ci sono ad oggi note, sebbene ancora queste siano cronache e non storia, poiché tutt'oggi si sortiscono gli effetti della seconda guerra mondiale, specialmente in questi anni in cui sembra essersi riaperto, e forse riacceso, il discorso dialettico sull'Olocausto.

Una
cosa è certa: se nel 1939 l'invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche segna l'inizio del conflitto armato della Seconda Guerra mondiale, è anche vero che lo scoppio delle due atomiche su Hiroshima e Nagasaki, sganciate dal bombardiere statunitense Enola Gay, rispettivamente il 6 e il 9 agosto 1945, segna la sconfitta del Giappone e la capitolazione dell'imperatore Hiroito con la successiva firma della resa incondizionata il 2 settembre dello stesso anno. Ma queste due date segnano inevitabilmente un'epoca: è inziata l'era della armi nucleari.

Il 18 ottobre 1945 ha inizio il processo di Norimberga contro i criminali di guerra e i gerarchi nazisti; insieme con esso iniziano i successivi 45 anni di guerra, la cosiddetta Guerra Fredda, fra Stati Uniti ed Unione Sovietica; una guerra fredda tuttavia calda, infatti, definire privi di scontri armati questi 45 anni è quanto di pi
ù lontano dalla realtà storica, costellata dai tentativi di evitare l'espansione dell'egemonia del nemico espandendo la propria. Riporto di seguito una breve cronologia dei 45 anni seguenti, tratta da Wikipedia.

1940:

1950:

1960:

1970:

1980:

1990:

E a partire da quel fatidico 1990? Che fosse finalmente finita la guerra con la dissoluzione del "mostro" dell'URSS nel novembre del 1989? Tutt'altro... E' il 17 luglio del 1990 quando il Rais Saddam Hussein accusa pubblicamente, durante un discorso alla televisione di stato iraqena, il Kwuait e i suoi governanti per questioni inerenti il tetto massimo di estrazione del petrolio. E' l'alba del 2 agosto 1990 quando l'esercito dell'Iraq invade il Kwuait, è l'inizio della Guerra del Golfo. Il 7 agosto, dopo aver convocato l'uinità di crisi, il presidente americano G. W. Bush (senior) autorizza a procedere l'operazione "Desert Storm" che prevede l'invio delle truppe dell'alleanza, secondo le modalità stabilite dai trattati e dai regolamenti della NATO, per fornire assistenza militare al Kwuait.

Il 16 gennaio 1991, dopo la mancata risposta all'ultimatum
lanciato 19 ore prima nei confronti dell'Iraq, scatta la più grande operazione di guerra alleata dai giorni del 1945: Desert Storm. Dura poco la guerra e il mostro di Saddam Hussein si ritira. Ma chi è costui? Come era finito lì a governare un paese in maniera, si scoprirà in seguito, assolutamente dispotica rendendo inumane e incivili le vite di tantissimi abitanti specialmente di popolazione curda? Ṣaddām Ḥusayn Al-Tikriti venne eletto a capo della repubblica iraqena nel 1979, in quanto imparentato col presidente uscente. Fu tuttavia mantenuto e secolarizzato nella sua posizione grazie, ed è storia nota, all'intervento della CIA, la quale fece in modo da approvvigionarlo di armamenti e favori, per rendere l'Iraq un buon avamposto contro l'egemonia dell'URSS ai tempi della guerra fredda. Come spesso accade però quando i piani non vanno per il meglio, questa azione si ritorse contro l'America stessa, ma non furono gli unici piani politici falliti in quegli anni.

Dall'altra parte dell'Iran, preso tra due fuochi, intanto, proprio dopo l'ascesa al potere di
Ṣaddām Ḥusayn, l'URSS portava avanti il proprio tentativo egemone-antiegemone nei confronti dell'Afghanistan. Persi già più di quindicimila uomini nello scontro impari contro i Mujaheddin, i liberatori dell'Afghanistan, l'Unione Sovietica si ritirò dallo scontro nel 1989. Si può dire che questo fu il Vietnam russo, ma, inoltre, si devono aggiungere alcune considerazioni sulle conseguenze dell'azione dell'URSS. L'obbligo di unire le tribù afghane, la necessità di lottare per liberare la propria patria e di trovare un comune denominatore, consegnò i territori afghani nelle mani degli integralisti islamici, furono essi infatti ad organizzare la forza militare che cadde in mano a generali la cui unica istruzione, oltre all'arte della guerra imparata sul campo, proveniva degli insegnamenti del Corano nella versione saudita (quella wahabita, la più intollerante e rigida). Così nei campi profughi dell'Afghanistan, sotto lo stemma di una croce rossa che portava aiuti umanitari, un'intera generazione di giovani afghani subiva il lavaggio del cervello, venendo indottrinata alla versione distorta di quella Sura del corano detta della Spada, e da quanto i Kafir afghani e Sauditi avevano volontà di far credere della Jihad.

Nel 1989 alla vigilia della ritirata sovietica, la coalizione afghana era retta da pochi eminentissimi Kafir, fra questi spiccava un uomo dall'aspetto giovanile, con indosso normalmente un
a casacca mimetica e il turbante. Egli soleva accompagnarsi con un altra figura detta "Lo Sceicco". Il nome dell'uomo in tuta mimetica era Osama bin Laden, e il compagno era lo Sceicco Omar. Se nel 1989 l'Unione Sovietica, ormai sull'orlo della fine, si ritirava dall'Afghanistan lasciando libero spazio ai Talebani e ai Mujaheddin di riorganizzarsi sotto la guida di Osama bin Laden, dall'altra parte dell'Europa un'altra crisi stava per esplodere.

L'autonomia di una regione indipendente, risalente alla Jugoslavia di Tito, ma appartenente alla Serbia, stava per essere revocata a causa delle azioni dell'allora presidente serbo Slobodan Milosevic. Quella regione è a tutti nota come Kosovo. Mentre la Russia era impegnata a contare i cocci, mentre gli Stati Uniti contavano quelli degli altri, fino al 1995 la popolazione locale mise in moto una serie di campagne di resistenza non violenta contro le politiche razziste di Mil
osevic. Con la guerra di Bosnia-Erzegovina appena conclusa, molti veterani di guerra si organizzarono in milizie armate abbandonando la fase non violenta della resistenza; contemporaneamente le pressioni della della Serbia si fecero esponenzialmente più grandi per riaffermare l'identità serba del Kosovo contro gli albanesi del Kosovo stesso. La situazione andava precipitando sempre di più.

Dal 1996 al 1999 la situazione precipita definitivamente mentre le macerie dell'Unione Sovietica, dopo la caduta del muro di Berlino, sembravano rimanere, in maniera sempre più evidente, infilzate come spine nei fianchi dello scenario politico europeo e occidentale. Dalla prima parte del 1998 ormai la guerriglia urbana imperversava nei territori kosovari e
per i territori serbo-albanesi, fino al 1999 quando la NATO entra nel conflitto. E' il 24 marzo, preso atto del fallimento dei tentativi di negoziato con il presidente Milosevic, ha il via l'operazione Air Force, l'inizio di oltre 600 raid aerei sulle città serbe da parte di bombardieri pesanti stanziati nelle basi NATO anche sul suolo italiano. La capitolazione è quasi immediata, nell'arco di 78 giorni la guerra è già finita, ma senza risparmiare un quarto di milione di morti fra la popolazione civile serba.

Mentre quest'altra sanguinosa pagina di storia veniva scritta, l'attenzione degli Stati Uniti si dimostrò manchevole di interesse nei confronti della questione orientale. Già dal 1991 infatti le intenzioni di Osama Bin Laden furono chiare: egli in quel tempo dichiarava la Jihad, la Jihad contro l'occupazione dell'Afghanistan, la Jihad contro i miscredenti, la Jihad
contro l'Occidente. E mentre s'infuocava la situazione Jugoslava, procedevano le pianificazioni terroristiche dei Talebani. Già dal 1993 fu dato inizio ai preparativi del più grande attentato terroristico visto dall'uomo, e dal 1995 partirono intere campagne di addestramento per il "grande" giorno. Era l'agosto del 2001 quando in un video Osama Bin Laden, fondatore di Al-Qaeda, dichiarava guerra agli Stati Uniti e all'Occidente. Alle ore 8.46 del mattino dell'11 settembre del 2001, a New York, in una Manatthan ancora assonnata, il volo American Airlines 11 viene dirottato per schiantarsi contro la torre Nord del World Trade Center; pochi minuti dopo, alle 9.03, il volo United Airlines 175 colpisce la seconda delle Twin Towers. Entrambe crollano in macerie in pochi minuti seppellendo quasi tremila vittime civili. Intanto il volo American Airlines 77 colpisce il Pentagono e in seguito il volo United Airlines 93 precipita al suolo in Pannsylvania, grazie al coraggio del pilota, probabilmente, per sventare un attacco alla Casa Bianca. E' guerra aperta al terrorismo fondamentalista islamico.

Seguono tre anni di bombardamenti in Afghanistan prima che gli Stati Uniti dichiarino sconfitti i Talebani, insediando un governo a Kabul. Segue poi la guerra aperta all'Iraq, g
iust'appena coinvolto nelle vicende del petro-dollaro e del petro-euro di Saddam ed economicamente svantaggiose per gli Stati Uniti. Il 19 marzo del 2003 un contingente di trecentomila soldati americani sbarca in Iraq. Il primo giorno di maggio il presidente americano Bush (junior) dichiara vinta la guerra contro la dittatura iraqena e restituito al suo popolo l'Iraq. Il 23 dicembre Hussayn è catturato dalle forze americane, sarà in seguito processato per genocidio e condannato, velocemente, alla pena capitale mediante impiccaggione. Sono le ore 6.00 del mattino del 30 dicembre 2006, il medico legale dichiara Saddam Hussayn deceduto, sul certificato di morte, come per ogni pena capitale, sarà indicata come causa della morte: "omicidio".

Sorge un sole amaro e colmo di dubbi sulla Bagdad dell
a fine del 2006, sorge un sole ancora più amaro e ambiguo su Ground Zero, al centro di Manatthan, e spira un vento gelido del mattino, gelido come l'incertezza delle teorie che avviluppano la cronaca di quel maledetto giorno di settembre. Sorge un sole amaro sul pianeta Terra, sconvolto da più di 200 anni di guerra ininterrotta. Sorge un sole amaro e lugubre sugli intenti di un Iran nucleare, sulle autobombe che continuano a scoppiare, sui kamikaze senza voce, sui territori mediorientali, sul destino dei trattati sul disarmo nucleare.

Un sole amaro, amarissimo, oscuro, un sole diverso da quello dei padri dei nostri padri, un sole diverso da quello dei lo
ro padri e da quello di coloro che fecero l'unità d'Italia. Un sole che odora di morte. Può dunque dirsi conslcusa? Può dirsi, a carissimo ed inestimabile prezzo, dopo un'infinità di piombo e di fuoco, conclusa la grande guerra che ancora oggi stravolge il mondo? O forse, attualmente, si è solo fermata?

A volte pare che il futuro attenda silenzioso, quasi come se l'universo trattenesse il fiato in un momento di indecisione. Che sia questo uno di quei momenti? Che sia solo la quiete, il preludio all'ultimo atto di una guerra folle e mai conclusa per la supremazia su uno scoglio vuoto e senz'anima, maceria inanimata dell'olocausto nucleare? Alla Storia il compito di tradurre e scrivere al presete le vicende di un futuro che ancora non vediamo. Citando le parole di J. Michael Straczynski, pronunciate da G'Kar, nell'ultimo episodio della terza stagione di Babylon 5,
«No one knows the shape of that future, or where it will take us. We know only that it is always born in pain.»

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