«Resto governatore, domani mattina sarò nel mio ufficio come sempre a lavorare al servizio della Sicilia»
Sono queste le parole umide di lacrime che Totò Cuffaro, presidente della Regione Sicilia, ha pronunciato alle 17.44 dopo la sentenza che lo vede condannato a 5 anni di reclusione per favoreggiamento, ma non per mafia. Sì, infatti è questa la linea di confine degli uomini d'onore, quell'articolo 7 che definisce se il favoreggiamento sia o non sia stato a stampo mafioso. Ed infatti, come si legge nella sentenza, Cuffaro non ha favorito la mafia ma soltanto qualche amico, che poi questi amici fossero anche mafiosi è un altro paio di maniche...
Dunque, con la coscienza pulita, mondata dalla macchia di quell'articolo 7, mondata da ogni dubbio sulla sua mafiosità, il presidente della Regione Sicilia può ben intendere come meramente consultiva la sentenza del giudice ed intendere la sua condanna a 5 anni di carcere come un lieve consiglio a trasferirsi in una delle comode suite del carcere di Palermo che sono già pronte ad accoglierlo. Ma il presidente, ligio al dovere e con profondo senso civico, decide che da domani non godrà dell'offerta ospitalità della galera, preferendo a questo il ritorno al suo impeccabile lavoro.
Certamente egli è comunque grato alla magistratura, così come grati sono tutti i suoi colleghi e amici, poiché, in fondo è vero, ogni magistrato per via della rettitudine che lo contraddistingue è sempre pronto ad elargire buoni consigli, e forse, a volte, pure ad ascoltarli.
Proprio la giornata di ieri è stata quella dei consigli, dalla condanna consiliatrice al Consiglio Superiore della Magistratura, l'ente di autogoverno della magistratura nel nostro paese, piccolo parlamento di giudici con le sue commissioni e i suoi consigli, chiamato a vigilare sul funzionamento della struttura giuridica italiana, anche, a volte, essendo costretto a spinose questioni come quelle di certi giudici provinciali come qualche De Magistris.
E ieri, nella giornata dei buoni Consigli, quelli che non si possono rifiutare, secondo quanto previsto dalla legge hanno scritto la loro sentenza, i giudici superiori, nei confronti del De Magistris. Riconosciuto colpevole, questo, è stato condannato alla perdita di anzianità, al trasferimento e al cambio di ruolo perdendo così la sua funzione di PM.
Nella giornata dei consigli, infatti, il Consiglio Superiore della Magistratura non ha tradito le aspettative del consiglio dei Ministri e del Parlamento tutto, ormai in agitazione per le vicende politiche degli ultimi tempi.
Forse le azioni di ieri mostrano un ravvisamento della magistratura? Che sia questo il ritorno di questi giudici così zelanti alla retta via della statalità e della fedeltà all'organo governativo?
Solo il tempo potrà dirci quanto più roseo sarà il futuro della magistratura, dell'Italia e degli italiani tutti.
Dunque, con la coscienza pulita, mondata dalla macchia di quell'articolo 7, mondata da ogni dubbio sulla sua mafiosità, il presidente della Regione Sicilia può ben intendere come meramente consultiva la sentenza del giudice ed intendere la sua condanna a 5 anni di carcere come un lieve consiglio a trasferirsi in una delle comode suite del carcere di Palermo che sono già pronte ad accoglierlo. Ma il presidente, ligio al dovere e con profondo senso civico, decide che da domani non godrà dell'offerta ospitalità della galera, preferendo a questo il ritorno al suo impeccabile lavoro.
Certamente egli è comunque grato alla magistratura, così come grati sono tutti i suoi colleghi e amici, poiché, in fondo è vero, ogni magistrato per via della rettitudine che lo contraddistingue è sempre pronto ad elargire buoni consigli, e forse, a volte, pure ad ascoltarli.
Proprio la giornata di ieri è stata quella dei consigli, dalla condanna consiliatrice al Consiglio Superiore della Magistratura, l'ente di autogoverno della magistratura nel nostro paese, piccolo parlamento di giudici con le sue commissioni e i suoi consigli, chiamato a vigilare sul funzionamento della struttura giuridica italiana, anche, a volte, essendo costretto a spinose questioni come quelle di certi giudici provinciali come qualche De Magistris.
E ieri, nella giornata dei buoni Consigli, quelli che non si possono rifiutare, secondo quanto previsto dalla legge hanno scritto la loro sentenza, i giudici superiori, nei confronti del De Magistris. Riconosciuto colpevole, questo, è stato condannato alla perdita di anzianità, al trasferimento e al cambio di ruolo perdendo così la sua funzione di PM.
Nella giornata dei consigli, infatti, il Consiglio Superiore della Magistratura non ha tradito le aspettative del consiglio dei Ministri e del Parlamento tutto, ormai in agitazione per le vicende politiche degli ultimi tempi.
Forse le azioni di ieri mostrano un ravvisamento della magistratura? Che sia questo il ritorno di questi giudici così zelanti alla retta via della statalità e della fedeltà all'organo governativo?
Solo il tempo potrà dirci quanto più roseo sarà il futuro della magistratura, dell'Italia e degli italiani tutti.
«Non è vero che in Italia non esiste giustizia. E' invece vero che non bisogna mai chiederla al giudice, bensì al deputato, al ministro, al giornalista, all'avvocato influente. La cosa si può trovare: l'indirizzo è sbagliato» (Giuseppe Prezzolini)
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