« Carissimi tutti,
appresa, da qualche minuto, la notizia che il Papa ha annullato la sua visita alla 'Sapienza', e l'applauso con cui questa decisione è stata accolta dagli studenti radunati in assemblea, sarei un ignavo e, peggio ancora, un vile -come uomo che ha dedicato il suo lavoro all' Università e, più in generale, come cittadino italiano- se vi tacessi che nello stesso istante non rammarico ma -più, molto più- offesa, dolore, impotenza e menomazione della mia libertà si sono impossessati del mio animo. Agli occhi miei, la 'Sapienza' è ancora Università 'de jure', ma, dopo questo LUTTUOSO evento, certo non più Università di fatto, non più, cioè, luogo fisico e, in uno, comunità di anime intelligenti in grado di accogliere, valutare e dibattere l'UNIVERSO mondo delle idee pensabili.
Credo che la situazione creata, lungi dal costituire la pretesa esaltazione del pensiero razionale o la rivendicazione della conculcata libertà scientifica di Galileo, abbia determinato, da stasera, uno straordinario, istantaneo impoverimento della nostra Italia, precipitata nell'inferno dell'ignoranza, del buio, e della paura dell' idee e dei sentimenti 'altri'.
Galileo fu convocato, interrogato ed ascoltato da quella vecchia, ma ben peggiori sono i segni che colorano l'alba della nuova inquisizione. E, soprattutto, ho pietà per quei poveri giovani ignoranti -resi tali da una società ignorantissima- i quali hanno applaudito alla notizia dello 'scongiurato' evento, la visita del Papa, fatto della cui gravità non hanno avuto la minima percezione. Ma, carissimi, chi semina vento raccoglie tempesta.....
Che Dio abbia pietà di questa nostra smarrita Italia... »
Voglio pubblicare a disposizione dei pochi che mi leggono la mia risposta a questa mail, breve, ma ricca di contenuto, pervenutami quest'oggi:
Carissimo amico mio,
grazie per avermi reso partecipe di questo pensiero che ho accolto come sempre con la profonda stima e l'affetto ormai familiare che nutro nei tuoi confronti.
Non condivido però questo nella sua interezza sebbene mi trovi ad occupare una posizione simile alla tua col mio pensiero.
Io credo che La Sapienza abbia subito una definitiva caduta di stile con queste azioni, poiché, sebbene è vero che l'autorità ecclesiastica, sebbene massima, non ha diritto di ingerenza o interferenza alcuna con le istituzioni secolari e laiche del nostro e degli altri paesi, c'è anche da chiedersi, con sana integrità ed onestà intellettuale, quando un ente secolare, laico, lontano quanto vogliamo da alcuna rappresentanza ecclesiastica, possa definirsi istituzione.
Una struttura accademica come quella Universitaria ha il compito costituito di essere "Universitas Studium Generale".
Proprio noi che sediamo ai lati opposti di quelle cattedre, che son banco di prova e tributo per alcuni delle due schiere e che son pulpito e piedistallo per altri, abbiamo il compito di porci questa domanda.
Noi che, a vanto o vergogna, apparteniamo a quella Siciliae Studium Generale, il Siculorum Gymnasium vanto della nostra terra dal 1434, ma non a tutt'oggi, siamo chiamati più di ogni altro a riflettere sulla reale attinenza del nome a quella struttura che ad oggi viene ancora chiamata così.
E' veramente l'Università italiana un luogo di STUDIO UNIVERSALE E GENERALE, pertanto aperto all'universalità delle persone e delle anime, alla pluralità dei pareri e delle posizioni, all'ascolto GENERALE vagliato da un giudizio SCIENTIFICO e sempre presente?
Provo un forte rammarico nell'accorgermi di quanto poco tempo impieghi questa domanda a trovare una risposta nella mia mente ed è triste accorgersi come nel battito di un impulso neuroelettrico in un solo singolo e desolato neurone già si trovi la radicale risposta che non lascia spazio ad alcun dubbio: "NO!"
L'università italiana, che ormai potremmo identificare come un'unica e monotòna universalità delle università italiane, ormai tende all'inevitabile declino divergendo senza rimedio al "meno infinito" del guadagno culturale che in esse si riceve.
Quando questa universalità si chiude negandosi all'ascolto, negandosi al confronto, negandosi al dialogo, negandosi, perché no, a quella necessaria richiesta di messa in discussione, allora questa universalità di università perde istantaneamente il suo nome divenendo di fatto un luogo di culto, dove indorati predicanti professano la propria indiscutibile fede promuovendo le proprie posizioni ed imponendo i propri dogmi dall'alto di quelle cattedre che diventano pulpiti.
I fatti de La Sapienza sono solo la punta dell'iceberg della decadenza delle università, che da campi fertili del pluralismo intellettuale e della crescita culturale si son ridotti ad universali sensi unici tutti tendenti, come bandiere al vento, verso la conca stagnate della decadenza dove ciò che da bambino mi veniva descritta nel sussidiario come la pianta dell'intelletto, da innaffiare e curare ogni giorno, immancabilmente avvizzisce e muore soffocata dalle pesanti esalazioni sulfuree di questa carcassa in decomposizione tutta italiana.
E così, con questa triste immagine da discarica, certo poco piacevole, ma affatto nuova in questo paese, ormai internazionalmente e clamorosamente noto come 'o paese della monnezza, ti lascio, mai smentendo il mio pessimismo ontologico e mai finendo di ritenere come solo la presenza di pecore nere come te possano alimentare un lontano lumicino di speranza che va comunque sempre più affievolendosi.
Perdonami, infine, per questa mia saccente risposta, del resto, chi mai son io per commentare ed additare a tal modo questa università?
Per fare il verso all'amato Sergio Corazzini:
Carissimo amico mio,
grazie per avermi reso partecipe di questo pensiero che ho accolto come sempre con la profonda stima e l'affetto ormai familiare che nutro nei tuoi confronti.
Non condivido però questo nella sua interezza sebbene mi trovi ad occupare una posizione simile alla tua col mio pensiero.
Io credo che La Sapienza abbia subito una definitiva caduta di stile con queste azioni, poiché, sebbene è vero che l'autorità ecclesiastica, sebbene massima, non ha diritto di ingerenza o interferenza alcuna con le istituzioni secolari e laiche del nostro e degli altri paesi, c'è anche da chiedersi, con sana integrità ed onestà intellettuale, quando un ente secolare, laico, lontano quanto vogliamo da alcuna rappresentanza ecclesiastica, possa definirsi istituzione.
Una struttura accademica come quella Universitaria ha il compito costituito di essere "Universitas Studium Generale".
Proprio noi che sediamo ai lati opposti di quelle cattedre, che son banco di prova e tributo per alcuni delle due schiere e che son pulpito e piedistallo per altri, abbiamo il compito di porci questa domanda.
Noi che, a vanto o vergogna, apparteniamo a quella Siciliae Studium Generale, il Siculorum Gymnasium vanto della nostra terra dal 1434, ma non a tutt'oggi, siamo chiamati più di ogni altro a riflettere sulla reale attinenza del nome a quella struttura che ad oggi viene ancora chiamata così.
E' veramente l'Università italiana un luogo di STUDIO UNIVERSALE E GENERALE, pertanto aperto all'universalità delle persone e delle anime, alla pluralità dei pareri e delle posizioni, all'ascolto GENERALE vagliato da un giudizio SCIENTIFICO e sempre presente?
Provo un forte rammarico nell'accorgermi di quanto poco tempo impieghi questa domanda a trovare una risposta nella mia mente ed è triste accorgersi come nel battito di un impulso neuroelettrico in un solo singolo e desolato neurone già si trovi la radicale risposta che non lascia spazio ad alcun dubbio: "NO!"
L'università italiana, che ormai potremmo identificare come un'unica e monotòna universalità delle università italiane, ormai tende all'inevitabile declino divergendo senza rimedio al "meno infinito" del guadagno culturale che in esse si riceve.
Quando questa universalità si chiude negandosi all'ascolto, negandosi al confronto, negandosi al dialogo, negandosi, perché no, a quella necessaria richiesta di messa in discussione, allora questa universalità di università perde istantaneamente il suo nome divenendo di fatto un luogo di culto, dove indorati predicanti professano la propria indiscutibile fede promuovendo le proprie posizioni ed imponendo i propri dogmi dall'alto di quelle cattedre che diventano pulpiti.
I fatti de La Sapienza sono solo la punta dell'iceberg della decadenza delle università, che da campi fertili del pluralismo intellettuale e della crescita culturale si son ridotti ad universali sensi unici tutti tendenti, come bandiere al vento, verso la conca stagnate della decadenza dove ciò che da bambino mi veniva descritta nel sussidiario come la pianta dell'intelletto, da innaffiare e curare ogni giorno, immancabilmente avvizzisce e muore soffocata dalle pesanti esalazioni sulfuree di questa carcassa in decomposizione tutta italiana.
E così, con questa triste immagine da discarica, certo poco piacevole, ma affatto nuova in questo paese, ormai internazionalmente e clamorosamente noto come 'o paese della monnezza, ti lascio, mai smentendo il mio pessimismo ontologico e mai finendo di ritenere come solo la presenza di pecore nere come te possano alimentare un lontano lumicino di speranza che va comunque sempre più affievolendosi.
Perdonami, infine, per questa mia saccente risposta, del resto, chi mai son io per commentare ed additare a tal modo questa università?
Per fare il verso all'amato Sergio Corazzini:
«sono solo uno studente che piange e soffre.»
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