Un volo di gabbiano sul mare dell'oblio...

Ecco cos'è questo spazio di memoria. Non è altro che il tentativo di un volo, come gabbiani inesperti, nella vana speranza di vincere il tempo. Qui, come innocenti pennuti, si abbandonano al vento di tempesta i pensieri e le memorie, in uno spazio senza indirizzo, verso un interlocutore all'infinito, in questo campo di volo, col rischio di bagnarsi le ali, nel tentativo di sfuggire per un istante ai flutti dell'oblio che vorace divora l'esistenza dell'uomo.

2008-06-16

Voglio andare a vivere in campagna

Diario di un candidato alla vigilia elettorale.
Caro diario,

da quanto tempo non ti scrivo, da quanti giorni non ha luogo questo mio ricorrente passatempo?

Scusa, caro diario, ma, come saprai, sono stato molto occupato, ultimamente, per questa piccola campagna elettorale che ha impegnato me (e i miei elettori) per appena sei o sette mesi, ma adesso è conclusa.

Ho parlato di tante cose in questi giorni, ho cercato di additare nel migliore dei modi i miei avversari politici, l'ho fatto sempre con lo stile che mi contraddistingue, senza fare troppa polvere, giusto per dare quella necessaria impressione di scontro. Del resto si sa, guardati dagli amici che dai nemici ti guarda Dio... è il lato cattivo della politica questo, caro diario: troppi amici! Ma alla fine non mi preoccupo, la paura è per i giovani, noi vecchi lupi della politica ben sappiamo quanto fragile sia lo scontro ideologico nel momento in cui si parla della difesa dei reciproci interessi.

Eppure a volte mi preoccupo, caro diario, di questa Italia ormai così improduttiva. Sarà colpa dell'euro o dell'evasione fiscale? Non lo so, caro diario, poiché di economia non me ne intendo, ma una cosa è certa: non si ruba più bene come una volta. Certi momenti quasi mi sembra di vedere il popolo svegliarsi, si lo so che siamo in Italia e che questa è solo immaginazione, ma ugualmente per un attimo ho i brividi... Ah gentaglia, se solo sapesse quanto è facile cambiare le cose, ma per fortuna non lo sa e non c'è pericolo per lo status quo.

Si è vero, quest'anno abbiamo rischiato con la questione delle morti bianche, ma i giornali questa volta hanno proprio esagerato. Nemmeno fosse morto il papa! Cosa ci vuoi rubare da questi tizi in tuta che nemmeno arrivano alla seconda settimana del mese? Sono elementi inerti e poco rilevanti per le mie tasche, che pensino a lavorare di più e a pagare più tasse, allora forse ne potremo discutere... Forse, bada bene caro diario, poiché nessuno è così sprovveduto da mettersi contro le grandi industrie... ed alla fine che sarà mai qualche decina di morti l'anno? Ci servono qualche migliaio di caduti per poterci sedere al tavolo delle trattative!

Ma che bei mesi che ho passato, caro diario, soprattutto perché regolarmente pagati dagli Italiani, certo ho dovuto anticipare di tasca mia, ma figurati se non lo becco quell'1% che riparerà ogni conto alle magiche parole di "rimborso elettorale". Sapessero i miei elettori quanto sono cornuti e bastonati... C'è ancora qualche fastidioso cittadino (specie fortunatamente in via di estinzione) che tenta di avvertire gli abitanti di questa penisola sul mio passato da corrotto e colluso, ma non c'è problema, infatti non sono stato un attimo in prigione, il tutto è caduto in prescrizione e con le attenuanti. Certo caro diario quest'ultima parte è meglio ometterla, non vorrei che qualche elettore andasse a scoprire che l'applicazione delle attenuanti implica l'essere stati riconosciuti evidentemente colpevoli... Ma alla fine cosa può un cittadino in un mare di omertosi sudditi? Per questo sto tranquillo.

Oggi vedo con chiarezza il mio passato politico. Ho amministrato contro la legge, ho commesso reati contro la mia nazione, mi sono indebitamente appropriato di ciò che non era mio, ho abusato del mio ufficio e della mia posizione, sono stato tanto corrotto quanto colluso, spesso ho aiutato il proliferare ed il benessere della mafia, non ho mai rispettato il mio mandato. In qualsiasi altra parte del mondo a quest'ora sarei rinchiuso all'interno di una cella senza chiave, ma qui siamo in Italia ed è proprio in funzione di questo mio onorevole passato che ricevo oggi le lodi ed il riconoscimento del partito. Ora posso dirmi politicamente maturo ed aspirare alle più alte posizioni nell'amministrazione dello stato.

Tante cose ho detto nei passati giorni, caro diario, tante cose illegali ho fatto e tantissime buone ne ho promesse, ora, in questo week-end elettorale, è il momento del silenzio, stasera la chiusura della mia campagna. So già cosa dire e come comportarmi, farò le mie ultime promesse elettorali e, alla fine, come sempre, chiederò di metterci una croce sopra.
[ogni riferimento a fatti o persone esistenti è da ritenersi triste sintomo puramente casuale di una nazione malata, N.d.A.]

2008-05-19

La calata di San Filippo: piccolo teatro antico

«La grande città, ai giorni nostri, è l'unico deserto alla portata dei nostri mezzi» Albert Camus
Se un poco accorto turista si trovasse a passare, per caso, dopo essere incorso in un'incauta scelta arrivato ad un qualche bivio dalle parti di Piedimonte Etneo, e se il caso dovesse giudicare opportuno farlo succedere il sabato antecedente la terza domenica di maggio, questo turista di cui discorrevamo poc'anzi potrebbe restare piacevolmente meravigliato e sbigottito.

Lontano dal caotico suono dei clackson e dei motori rombanti della città, fra i monti che attorniano le gole dell'Alcantara, in una quieta valle nasce il paesino di Calatabiano: un luogo che, come in una bolla d'aria sospesa nel tempo, sembra ancora oggi riprodurre le sembianze di un borgo quattrocentesco. Se però dovesse capitare di passare per le sue vie in quel di maggio, i fiori, i manifesti, le bandiere e gli addobbi non ci consentirebbero di restare immuni da una naturale curiosità per la locale manifestazione religiosa: la calata (e la salita) di San Filippo Siriaco.

La manifestazione prevede, in maniera assolutamente regolare, ogni anno, l'accalcarsi di curiosi e turisti lungo la ripida saluta che dalla piazza centrale del paese conduce fino al promontorio dove sorge il castello Arabo-Normanno, preceduto lungo la via dalla chiesa del SS. Crocifisso. Dopo la sfilata del corteo storico, con i costumi tradizionali della casata dei Cruyllas, da qui che parte il fercolo, una riproduzione del Santo Nero che la leggenda vuole avere più volte sconfitto Satana. Circa tredici quintali portati in spalla dai portatori che percorrono correndo la ripidissima discesa arrivando alla piazza del paese in circa sei minuti, veloci per rappresentare la rapidità delle azioni del Santo contro satana. Dopo otto giorni, la domenica della settimana successiva, per l'ottava, alla discesa segue la salita del fercolo del Santo di ritorno dalla chiesa madre di Maria SS. Annunziata.

L'incolpevole turista che dovesse quindi, in questa data e in questi modi, trovarsi ad errare, non potrebbe evitare di guardare con stupore, apprensione e sbalordimento questa manifestazione che mette in scena questa narrazione sul grande palcoscenico del paese di Calatabiano e sul quale ogniuno dei partecipanti e degli spettatori recita la sua parte che, per molti, non è solo folklore ma anche religione e profondo sentimento.

Nonostante ogni anno siano in molti a venire a vedere le gesta dei portatori che tradizionalmente indossano tre nastri, verdi, rossi e gialli, «'nttrizzati» in testa, tuttavia l'evento non sembra avere grosso risalto, sebbene questo, a parere univoco di chi viene a guardarlo, sembri essere un'attrattiva molto più degna di nota che, magari, le eterne ed infinite tribune elettorali che i media nazionali e locali ci snocciolano quotidianamente davanti agli occhi.

Il turista sarebbe rimasto certamente piacevolmente meravigliato, come detto in principio, ma, di fatto, sbigottito dal silenzio che, come nebbia lattiginosa, sembra essersi infiltrato fino a farsi muro tra noi e quei fatti che i pochi potenti dei media han giudicato troppo poco importanti, e quindi indegni di nota. Cosa sia a rendere tale il giudizio di quei pochi forse è da cercare proprio in questi "noi altri" che, troppo spesso, disumanamente inerti, ci lasciamo convincere, con estrema facilità, a diventare spettatori addomesticati di spettacolari e improponibili immondizie. Così, tapini, a favore del nulla rinunciamo alla storia.
«Cos'è la storia dopo tutto? La storia sono fatti che finiscono col diventare leggenda; le leggende sono bugie che finiscono col diventare storia.» Jean Cocteau

2008-05-15

Ombre cinesi

«La teoria di supersimmetria suppone che ogni particella che osserviamo ha una particella "ombra"» (INFN)
Roma, 15 aprile 2008 - Una nuova alba sulla capitale dilegua tutte le ombre notturne sui sei colli romani, uno in particolare, però sembra non sortire l'effetto radiante del nostro astro celeste, uno, in particolare, sempre quello, Montecitorio, è oggi il teatro dove si vine messo in scena l'atto di nascita dell'ombra per eccellenza, quell'altissima e democratica espressione delle ombre italiane: il governo ombra.

Cosa c'è mai di strano in questa iniziativa? Come ci spiega la fisica questo non solo è possibile ma è anche previsto! E infatti se è vero che oggi il Senato della Repubblica conferisce la fiducia al premier Silvio Berlusconi e al suo governo, è altrettanto vero che in silenzio le ombre conferiscono la fiducia al lato oscuro dello "sforzo" repubblicano col "governo delle ombre" del nostrano e domestico Lord dei Sith "Darth Veltroni". Come reagirà il moderno yoda della terza repubblica?

Senza cedere al lato oscuro dello "sforzo" con la sua solita carismatica altezza morale (in evidente carenza di un'altezza fisica) il Cavaliere jedi Berlusconi subito prospetta un futuro di collaborazione e di reciproco rispetto con la repubblica delle ombre, e già prevede, infatti, una lunga serie di colloqui a cadenza settimanale con colui che fu il suo avversario politico: il leader dei Sith Veltroni.

A parte gli scherzi e le metafore farsesche, mirabilissima e irraggiungibile è però l'immaginazione fantapolitica dei nostri dipendenti romani, laddove nemmeno l'arguita penna di George Lucas è mai arrivata ci pensa la Mussolini che, così, tanto per non essere da meno, inventa e reinventa il suo governo "penombra". E sì, perché tra l'ombra e la luce, come ancora una volta la fisica ci insegna, c'è sempre una zona di penombra!

Da dietro le quinte, in questo palcoscenico televisivo che manda in onda lo show della fiducia, gli ombrosi e i penombrati si sfregano le mani.Quello che oggi assume tutti i propri poteri costituzionali è quindi un governo sospeso fra ombre e luci, come materia infinitamente sospesa sull'orizzonte del buco nero della rappresentanza parlamentare italiana, così creato e strutturato, a loro dire, per dare maggiore partecipazione agli elettori, ed in effetti, assolutamente riguardevole della diversità del creato, anch'esso pieno di sfumature.

Cosa ci aspetta dunque? Sarà forse il tempo del governo "chiaroscuro" di Casini? Sarà Di Pietro ad inventarsi un governo a "luce soffusa"? O saranno gli stessi presidneti delle camere ad evolvere oltre la loro stessa funzione politica inventando il governo "a sprazzi di colore"?

In questo scenario tra il mitico e il leggendario che resta diviso tra luci e ombre, del presente e del passato, palesemente sospeso tra il comico e il tragico, noi tutti, ignari e platonici spettatori, incatenati al muro della vergogna di questa moderna spelonca, non possiamo sottrarci, nemmeno a volerlo, a questi giochi politici di mirabile ed altissima fattura: abilissime esibizioni di pagliacci eletti che ancora pensano di stupire mentre proiettano su codesto muro lo spettacolare susseguirsi mediatico della loro inconclusa serie di ombre cinesi.
«Lo chiamano "Er Penombra", uno che non va d'accordo nemmeno con se stesso...» (Paolo Bonolis)

2008-04-27

25 Aprile 2008: ritorno... "a quel paese"

«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» (Art. 21, Costituzione della Repubblica Italiana)
Torino, 25 Aprile 1945: le truppe partigiane armate con un equipaggiamento di fortuna e con la sconsiderata incoscenza della gioventù liberano il capoluogo piemontese dall'occupazione nazifascista, lo stesso avviene a Milano mentre il Clnai proclama lo sciopero generale. Dall'alba al tramonto si svolge l'ultimo atto del nazifascismo che conclude la partecipazione dell'Italia alla seconda guerra mondiale. Tredici giorni di fuoco seguiranno velocemente macchiati dell'ultimo sangue dei vincitori e dei vinti, fino alla resa della Germania firmata dall'ammiraglio Karl Dönitz sulle macerie di una nazione divisa e scomparsa. In un Italia devastata in soli 45 giorni verrà nominato il Comitato di Liberazione e sarà dato il via ai lavori che porteranno alla costituente.

Oggi, dopo 63 anni, nuovamente rendiamo omaggio ai morti, tutti i morti, di quel 25 aprile , di quelle pagina nere della storia di Italia. Qualcosa però sembra essere cambiato d'improvviso. E' facile il confronto, proprio oggi, che siamo portati a voltarci indietro, tra la fine degli anni '40 e la fine di questi anni a doppio 0. Ed ecco, insano, s'insidia il dubbio che forse l'Italia non abbia preservato la sua stessa memoria.

Com'è possibile, ci chiediamo oggi, che questo stato sia la stessa sovrana nazione che ricostruì se stessa in meno di 10 anni? Possiamo ritenere ancora fedelmente rispettati quei 139 sacrosanti principi su cui il nostro paese si è fondato emanando la sua Costituzione? E' ben semplice darsi una risposta: semplice come accendere la TV, come aprire un giornale, come un click del mouse. A chi appartiene oggi quel belpaese che fu Italia?

Proprio in quei luoghi della memoria citati dal poeta Piero Calamandrei, a sua volta citato dall'ex presidente della camera Bertinotti durante il suo discorso di insediamento, ci perdonino le onorate salme di quel nerissimo '45 dell'essere Italiani. Ci perdonino per non aver saputo conservare le libertà pagate col loro sangue e la loro vita, ci perdonino per l'indifferenza e l'ignavia. Ci perdonino per l'aver rinunciato ad essere cittadini in uno stato che ha venduto se stesso.

Ma il perdono, si sa, non appartiene più ai morti, bensì ai vivi che troppo spesso, lascivi, perdonano se stessi con leggerezza. Certo non è la casta politica, oggi, a dar l'impressione di naufragare nei rimorsi, non è quella classe che strumentalizza a fini propagandistici perfino una sacra festa laica come questa: facendo della commemorante propaganda, sempre pronti, in vero, a mostrare il serio e compunto sorriso elettorale al primo obiettivo che capiti a tiro.

Forse, la novità, quest'anno, è che qualcuno ha detto basta: a modo suo, privo di fine tatto giornalistico, magari, come molteplici direttori di testate e giornali ci ricordano, ma certamente in un modo più che efficace.

Torino, 25 Aprile 2008: una folla di gente si raduna in piazza San Carlo, attorno al palco dove Beppe Grillo parlerà al pubblico del V2-Day, il secondo V-Day organizzato soprattutto con lo scopo di raccogliere adesioni e firme per i tre referendum proposti da Grillo per abolire l'ordine dei giornalisti, il finanziamento pubblico ai giornali e la legge Gasparri (nota anche come decreto salva-rete4). Le stime ufficiali dicono tra le 40 e le 60 mila persone, ma i grilli invece sostengono di essere stati quasi 120 mila. Altissimo il successo anche in altre città fra cui Napoli dove sono state raccolte fino al pomeriggio oltre 8000 firme, non di meno Catania, Roma e le altre principali città dove si è tenuto il V2-Day.

Dalle prime stime sembrerebbero essere già state raccolte oltre 1.300.000 firme (ricordando che per la proposta referendaria ne occorrono 500 mila) e la raccoltà durerà ancora per diverso tempo, per permettere a tutti coloro che non hanno potuto di firmare anch'essi, infatti per farlo basterà rivolgersi ad uno dei tantissimi meet-up e gruppi diffusi sul territorio nazionale. Per firmare occorre solo un documento di riconoscimento valido.

Certamente il grandissimo afflusso di gente al fenomeno V-Day non può che far riflettere. Sebbene infatti si sprechino le accuse di qualunquismo, di anarchia politica, persino di inciviltà, è pur vero che la gente, che non sta comodamente seduta nelle dorate sedi istituzionali, si è lasciata coinvolgere, o meglio, ha coinvolto se stessa e gli altri. Decine di giovanissimi (e meno giovanissimi) hanno contribuito in prima persona all'organizzazione su scala nazionale dei V2-Day, il tutto a titolo totalmente gratuito, mediante piccole forme di autofinanziamento, senza alcun aiuto da parte di nessuno né in termini economici né in termini informativi (anzi con il deliberato intento da parte di quasi tutti mass-media di stende un forzato silenzio sull'evento).

Ma silenzio non è stato possibile fare data la portata e la grande entità della giornata. E il dopo V2-Day? C'è ciò chi prontamente mette le mani avanti già tacciando di inutilizzabilità delle firme raccolte poiché in periodo elettorale, ma dimenticando i notissimi e celebri esempi delle volte in cui in Italia ciò è successo senza troppo clamore. Come andrà a finire tutto ciò?

Forse è semplicemente presto per dirlo, ciò che però è certo è che non ancora a lungo si potrà tentare di stendere il silenzio e di oscurare quelle centinaia di persone che in moltissime piazze hanno costruito una V gridando con tutto il cuore alle caste Italiane quell'imperativo di moto che ormai nasce, in tutti, dal cuore.

Le implicazioni sono evidenti, ma la storia ci insegna come la cronaca sia destinata a restare tale a lungo prima di divenire storia. Il 25 Aprile insegna anche questo: non sono maturi i tempi per le considerazioni e gli animi sono ancora troppo accesi per poter analizzare con razionalità storica gli eventi recenti e gli eventi passati di questo secolo. Forse un giorno l'Italia si renderà conto di aver visto l'alba di una nuova Italia, ma non è questo il giorno.

Forse un giorno gli Italiani saranno tornati Italiani e allora, solo allora, con una nuova libertà, riscoperta e ritrovata, potranno dare un libero e sereno giudizio sulle nostre presenti e passate azioni. Oggi, per alcuni, forse quel giorno è più vicino: il giorno in cui questo pese ritroverà memoria e scoperta dei valori della Costituente.


Tra rimembranze e perentori auguri, fra mandati e mandanti, si conclude così il giorno del ritorno... "a quel paese".
«La gente esige la libertà di parola per compensare la libertà di pensiero, che invece rifugge.» (Sören Kierkegaard)

2008-04-21

Politiche 2008: il pranzo è servito

«Quasi sempre, in politica, il risultato è contrario alle previsioni» (François-René De Chateaubriand)
Roma, 14 Aprile 2008: l'alba di una nuova era politica e storica abbraccia i cieli nuvolosi di una capitale ancora addormentata e completamente indifferente alle lunghe maratone notturne che hanno occupato le reti televisive italiane. Già a partire dalla sera precedente, però, arriva sconvolgente il terremoto politico indissolubilmente destinato a cambiare, forse in via definitiva, gli equilibri e il volto della cosiddetta Repubblica Italiana.

Lo spettacolo inizia alle 16 in punto, appena chiusi i seggi elettorali con la comparsa dei primi exit poll, i sondaggi fallimentari, i tanto demonizzati strumenti della confusione e dell'errore, semplice frutto, tuttavia, della proverbiale impazienza e poca sincerità, qualità tipicamente italiana in fatto di politica. Chi propone di abolirli, chi di ridimensionarli, chi invece li vanta come strumento scientifico di certa previsione. Il risultato? Tutto sbagliato. La colpa? Tutta nostra. Nel bene o nel male subito c'è chi canta vittoria, chi si congratula, chi si vanta e si impegna in altisonanti progetti, chi già spende previsioni sulla data delle future e prossime nuove elezioni.

Poi le prime proiezioni, a queste l'ingrato compito di instillare il dubbio. Il motivo? Sarà un anomalia statistica! Ma un'anomalia non è. Si susseguono i minuti ed infine le ore, si fa metà pomeriggio, e dopo la seconda e la terza, vedendo l'andazzo sempre più controtendente rispetto agli exit poll, superato il 40% di schede esaminate, l'esito comincia a farsi chiaro. Forse allora, solo in quel momento, qualcuno si volta verso due cantucci ombrosi del palcoscenico elettorale, lì dove i riflettori si affievoliscono e dove la luce scema come una speranza morente: qualcuno si è perso per strada.

Ore 19.00, ormai è evidente, Berlusconi ha stravinto, almeno alla Camera, forse anche al senato, il partito democratico non è riuscito a muoversi dalla percentuale già propria da prima della mini-campagna elettorale condotta comunemente in sordina in questi mesi, l'UDC passa per il rotto della cuffia, solo grazie agli elettori palermitani e siciliani... E gli altri?

Pochi sono i secondi necessari a fare due conti, ed ecco su questo grande palcoscenico a reti unificate i colossi si voltano, e lì, fagocitati dalle quinte della politica tutti i partiti minori e quei partiti che minori si ritrovano oggi ad essere. Come soldati, come anime senza nome al fronte nemico cadono sotto la pioggia di piombo i volti notissimi della politica, cadono sbattendo la faccia contro un muro, lasciando l'impronta su quello sbarramento, frutto della legge porcellum, che impone il silenzio a quei gruppi elettorali che non costituiscono il 4% dell'elettorato non coalizzato.

Le grandi forbici delle recenti elezioni tagliano fuori le ali della scena politica italiana, solo tre le liste sopravvissute, sull'orlo dello scivolo per il bipartitismo "all'italiana".

Alla luce di questa alba post-elettorale, godendo dei malinconici raggi di un sole malato, viene da chiedersi chi fossero i reali nemici. Chi era quell'avversario innominato a cui si riferiva Veltroni nei giorni passati? Quale invece il voto sprecato tanto additato da Berlusconi fino all'ultimo istante? Forse non era fra questi due che si svolgeva lo scontro. Forse erano proprio quei partiti, i non coalizzati, i paria della casta, il comune nemico di una specie di organismo politicamente modificato, un ibrido dialettico, un leader carismatico quale Silter Veltrusconi.

Sera, ormai, di questo 14 Aprile dell'8. Una luna moscia fa capolino fra cupi nuvoloni che annunciano pioggia, acida, corrosiva rugiada timore dei campi, singolarmente simile a quella pioggia di voti con cui l'Italia ha cambiato l'Italia. Si senta sollevato quel poco-percento di Italiani ai quali oggi lo Stato volta le spalle, si sentano sollevati coloro che a destra e a sinistra hanno espresso preferenze che non saranno considerate, si sentano sollevati poiché non rappresentati non ricadrà su di loro la responsabilità dei prossimi anni, non loro saranno detti colpevoli della morte di quella, defunta, seconda Repubblica.

Così incomincia la terza era della Repubblica Italiana: la prima, quella dei grandi partiti, morì con tangentopoli, la seconda, quella delle grandi coalizioni, muore oggi, cucinata e servita, col contorno di tutti i "partiti desaparecidos", sul vassoio d'argento dell'Italia. Buon appetito, quindi, e sia lieto il fiero pasto in questo odierno pranzo che conta due soli invitati.
« I buoni governi non sono mai resi tali dalle leggi, ma dalle qualità personali di coloro che governano. La macchina del governo è sempre subordinata alla volontà di coloro che amministrano la macchina stessa. Perciò, per un governo, la cosa più importante è il modo in cui si scelgono i capi » (Frank Herbert)

2008-02-06

Come neve al sole

«Il tempo è come un fiocco di neve scompare mentre cerchiamo di decidere cosa farne» (R. Battaglia)
Sante parole, queste, che inducono a riflettere su un tempo sempre meno presente e sempre di più passato. Quotidianamente ormai il mondo è abituato a sperperare una grande quantità di questo preziosissimo bene, e, in qualche modo, proprio l'Italia sembra volersi aggiudicare ad ogni costo il primato in questa categoria. Negli ultimi venti anni la nostra Repubblica è stata evidentemente colpita dal terribile patogeno dell'immobilismo, coinvolta in una interminabile caduta di stile nella cultura e nella politica, imprigionata nella gabbia dell'ignavia della sua classe dirigente.

Tante parole sono state scritte proprio in questi giorni, tante parole sono state pronunciate in questo o in quel salotto televisivo, a quelle tante parole, il più delle volte prive di contenuto, non mi sono voluto associare. Ho preferito tacere di fronte allo spettacolo, di dubbio gusto, che ci hanno riservato i mass media e tramite questi coloro i quali sulla carta sono nostri dipendenti ma dalle quali scelte sembriamo dipendere senza scampo.

Ebbene alla fine è successo. Nonostante il tempo trascorso da quella che sarà ricordata come la serata della mortadella e dello champagne, quel 23 gennaio 2008 che entrerà nella storia mondiale delle porcate parlamentari, nonostante le molteplici e ripetute consultazioni da parte dei Presidenti della Repubblica e del Senato, è successo: le camere si sono sciolte.

Sebbene l'articolo 88 della nostra costituzione parli chiaro, infatti, solo formalmente il decreto di scioglimento può essere attribuito al presidente Napolitano, poiché, come mai accaduto finora sinora, in maniera assolutamente lampante le camere si sono sciolte da sole. Si sono sciolte in senato ma ancora prima in parlamento, si sono sciolte nel momento in cui si è insediato un governo incapace di autogovernarsi. Poco hanno contato le consultazioni e la quasi frenetica ricerca di un appiglio pur di non sciogliere le camere e con esse ogni speranza di vitalizio pensionamento dei loro componenti.

In realtà non è il governo da demonizzare, non questo, non l'altro. E' un intera classe ormai indemoniata che ha perso gli interessi verso coloro i quali essa dovrebbe servire. Sin dall'ultima riforma elettorale altro non è stato montato che un gigantesco pupazzo di neve per forza di cose destinato a sciogliersi: un pupazzo di enormi proporzioni, magari, ma pur sempre un pupazzo, un fantoccio in mano ai poteri deboli che hanno ormai imparato a divenire poteri forti; un fantoccio che, caso singolare, proprio oggi viene bruciato così come il vecchio carnevale che ci lascia alle porte di una precoce quaresima.

Ma se i bravi Cristiani inizieranno oggi il loro periodo di digiuno eucaristico e di penitenza spirituale, non credo affatto che sarà lo stesso per i nostri politici per i quali si aprono una settantina di giorni nei quali tenteranno in tutti i modi di ingozzarsi di voti e di imbottire il popolo i promesse elettorali: per poi divorarlo con squallida ingordigia nel giorno della (loro) Pasqua elettorale.

E sarà veramente una Pasqua, in ogni senso. Con un centro sinistra che ormai ha ben poco di sinistra e quasi nulla di centro, con un centro destra ormai avvezzo al tradimento perpetuato di ogni valore della passata e defunta destra ormai sepolta sotto i cumuli delle macerie della vecchia Repubblica più o meno Democratica, è inevitabile chiedersi se questo scontato passaggio di testimone sarà effettivamente un cambiamento.

La sinistra (o sedicente tale) è ormai spacciata e la cosa è scontata proprio grazie alla gratuita campagna elettorale messa in piedi a favore della destra da questo scellerato governo di sinistra, così come dalle scadenti trovate propagandistiche del neonato e già scaduto partito democratico. Vincerà quindi la destra (o tale detta) e probabilmente con una maggioranza tanto larga da consegnare il paese nelle mani di una oligarchia aristocratica di proporzioni mai viste sinora in un paese repubblicano.

Ma alla fine che importa al popolo? Prendetevi la Repubblica ma ridateci il pane! E a questo grido e al suono di una cacofonia di simili pensieri che gli italiani andranno, in parte, a votare in quel di Aprile. Sarà un voto pieno di forma per chi prenderà il timone del paese per i prossimi 5 anni, tuttavia sarà anche un voto assolutamente privo di significato per un popolo che ha ormai rinunciato a scegliere la rotta di questa pazza nave chiamata Italia.

Chissà un giorno come i nostri lontani nipoti ricorderanno questo periodo. Chissà se qualche futuro nostro discendente scriverà ancora dell'Italia paragonandola ad una nave dalla folle rotta. Magari, forse, qualcuno dirà di più: parlerà di noi come l'equipaggio di una grande nave, tanto grande da esser quasi un transatlantico. Ho paura, però, che già ai giorni nostri si stia scrivendo il nome di questa grande folle imbarcazione che da tempo è stata ormai varata come Civile Transatlantico Titanic.

In questo triste e desolato tramonto post-politico consegniamo alla storia il giudizio sulle nostre azioni, lo facciamo con la speranza, sempre più debole, che si riesca a scongiurare la preannunciata collisione e che un intervento miracoloso, in qualche modo, sciolga il gigantesco iceberg che ci attende. In questa fredda alba che annuncia la venuta della terza Repubblica comprendiamo però, in maniera sempre più definitiva, come l'unica cosa ad essersi sciolta sia stata l'anima della politica e del senso civico di una Repubblica ben rappresentata dalle attuali camere e, come queste, ormai sciolta: come neve al sole.
«(...) E come i semi sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera (...)» (K. Gibran)

2008-01-29

Mi voti? Ma quanto mi voti?

«Già da un pezzo, da quando non usiamo più vendere i voti, il popolo non si preoccupa più di nulla; una volta distribuiva comandi, fasci, legioni, tutto. Ora se ne infischia e due cose soltanto desidera ansiosamente: pane e giochi» (Giovenale)
Chissà se Decimo Giunio Giovenale, durante la scrittura delle Satire, intorno al 100 d.C. avrebbe mai potuto immaginare che 1900 anni più tardi nulla di nuovo avrebbero visto questi cieli. Questa frase estratta dal saggio autore latino è infatti oggi attuale come allora o forse anche più di allora.

Sembra dormire, ormai, quel popolo, o semplicemente quell'insieme di persone che abitano il territorio dello stato italiano. Capaci gli italiani, capacissimi anzi, di far baldoria, di gioire e di prestarsi a far festa se opportunamente incitati all'azione, ma di fatto carenti nella sostanza e nella capacità di farsi essi stessi promotori delle loro proprie iniziative.

Nel generale letargo della coscienza è quindi più che normale assistere ai dialoghi politici nei proliferanti salotti politici di tutte le reti, è più che normale vedere questi politici comportarsi come adolescenti isterici nella stagione degli amori: ora si additano, ora si corteggiano, ora si scontrano duramente, ora sfoggiano i migliori amichevoli sorrisi.

E così fra un bacino ed un litigio, questi eterni innamorati, dal passional
e bisogno fisico di poltrona, giocano a far gli adulti e nel farlo chiedono agli italiani quanto questi li apprezzino, quanto questi possano concedergli i loro favori se essi si dimostreranno vergini e casti, se faranno voto di presentarsi soli senza altri patner alle elezioni oppure se invece si presenteranno tutti insieme in una grande partecipazione orgiastica elettorale.

E fra un sondaggio ed un po' di pubblicità, fra un finto dibattito e l'inizio di una nuova campagna elettorale c'è anche chi, come nelle migliori storie d'amore, sente il bisogno di prendersi pause di riflessione.

E a chi può andare oggi in omaggio il San Valentino d'oro se non al nostro amato presidente Napolitano? Anche lui, innocente creatura, dolce e tenero innamorato della politica, vuole la sua pausa di riflessione. Eh si che ha molto da riflettere! Con oggi si può apertamente affermare che Napolitano ha verificato come la maggioranza dei partiti e dei seggi delle due camere non vuole affatto un governo di grande coalizione, non vuole tecnici e non vuole governi a termine, ha inoltre verificato come non ci sia nemmeno lontanamente un accordo sulla legge elettorale nemmeno all'interno della ex-maggioranza.

A sostengo di tali parole basta guardare, in questo momento, Ballarò su raitre con la senatrice Finocchiaro che a momenti parrebbe volersi lanciare sul collo del povero Diliberto con fare vampirico, cosa che effettivamente ad un'occhiata improvvisa potrebbe non sembrare tanto fantasiosa...

E dunque è c
omprensibile quanto Napolitano abbia da riflettere su questa decisione difficilissima con così poche possibilità di comprendere quali siano gli umori politici attuali. E quindi come non porgere ad Egli gli auguri di tutto il popolo di cui è presidente? Un popolo che certamente si fida ciecamente di lui e che non ha alcun dubbio sul fatto che in queste ore Napolitano si rinchiuderà in un bunker senza contatti col mondo esterno per evitare STRANE influenze.

Con la coscienza in pace quindi, mondata da ogni sospetto sulle importantissime ed imminenti nomine delle più alte cariche negli enti sottogovernativi italiani così come da ogni sospetto sulle pensioni parlamentari sempre più vicine, certi che la soluzione migliore per questa crisi di governo sarà comunicata a breve dalla Presidenza della Repubblica gli italiani dunque già attendono carponi.

«I più grandi dolori sono quelli di cui noi stessi siamo la causa» (Sòfocle)

2008-01-28

«Aggiungi un posto a tavola...

...che c'è un Cuffaro in più, se sposti un po' la seggiola stai comodo anche tu!»
Forse è con queste parole che il presidente Casini, segretario dell'UDC, richiamerà all'ordine i membri delle due Camere, infatti, per chi non lo avesse saputo, l'ormai ex presidente della regione Sicilia, Cuffaro si è dimesso.

Si è dimesso, ci tiene a farlo sapere, non certo per colpa della sentenza emessa pochi giorni fa dal Tribunale di Palermo, ma per la strumentalizzazione che se ne stava facendo. Si, infatti, ci tiene a
ribadirlo, non è mai stato condannato per favoreggiamento a stampo mafioso, perché lui non è certo un mafioso! L'ex presidente Cuffaro, infatti, come attesta la sentenza, non ha favorito l'intera Mafia, non ha certo svenduto favori all'ingrosso, si è solo premurato di svolgere un'attività di "favoreggiamento al dettaglio" a questo o quell'altro singolo mafioso.

Ed in effetti, però, per quanto incontestabile ne era la base, già la strumentalizzazione politica era ben che incominciata. Chi nei giorni scorsi con un rapido zapping tra un canale e l'altro non ha sentito svariate volte il nome di Cuffaro nei vari salotti politici, il più delle volte pronunciato da un'additante sinistra come disvalore per la campagna della destra?

Ebbene sì, lo ammetto, anche io ho firmato la petizione per chiedere le dimissioni di Cuffaro, ma qui mi assumo la responsabilità di sfidare questi stessi a fare lo stesso nel momento in cui il prossimo politico di sinistra dovesse essere coinvolto in problemi con la giustizia.

Ovviamente comprendo quanto possa essere vana ed inutile una tale sfida, ma solo poiché già so quanto vana è stata la richiesta di dimissioni a Cuffaro, infatti, non penso nemmeno lontanamente che ciò possa aver arrecato alcun disturbo al medesimo, specialmente in vista delle future e vicine elezioni politiche per le quali Casini ha già promesso allo stesso Cuffaro "in segno di fiducia e stima" il posto di capolista sia per la camera che per il senato nella Sicilia orientale.

Ovviamente nessuno avrà mai il coraggio di collegare tutto ciò all'immunità parlamentare di cui godrà Cuffaro quando sarà eletto, così come nessuno potrà mai nemmeno lontanamente supporre che una simile operazione abbia a che vedere con la futura non processabilità del neo-deputato o neo-senatore, che, condannato in primo grado, potrebbe non scontare mai la condanna.

La verità è che nemmeno io voglio fare grandi supposizioni, forse proprio per la paura e il disgusto che naturalmente nasce dalle considerazioni in proposito, tuttavia una domanda mi è inevitabile: chi prenderà adesso in mano il testimone del dimissionario presidente dell'ARS?

Forse non è la domanda, ma la risposta a causare in me il peggior sentimento: un sentimento di profondo disgusto, certo, ma anche di profonda pietà e tristezza per questa mia disperata terra. Da sole suonano nella mia mente le parole di una canzone molto forte come The End dei Doors:
[The End] Can you picture what will be
So limitless and free
Desperately in need of some stranger's hand
In a desperate land

(Puoi immaginare come sarà la fine? Così infinita e libera. Col disperato bisogno di una mano straniera in una terra disperata)

2008-01-25

Sinistra, ultimo atto

«La democrazia è la forma di governo che dà ad ogni uomo il diritto di essere il proprio oppressore»
Condivido pienamente queste parole scritte molti anni fa da Henry Louis Mencken, mai infatti vi fu stato più democratico dell'Italia nel conferire al popolo il potere di autodistruggersi.

Durante la mattina e il pomeriggio di questa giornata catanese dal clima quasi primaverile ho avuto modo di ascoltare la gente e di sentire l'euforia e la festa di coloro
che non troppo discretamente si rallegravano di ricordare l'avvenuta caduta del governo di Romano Prodi. Come non farsi coinvolgere da tale euforia? Come non condividere, almeno in parte, almeno colti da un sentimento di empatia, gli umori collettivi?

Tiriamo le somme dunque di questo govern
o per capire qualcosa del governo che verrà. La legislatura è durata meno di due anni, è nata già manchevole di una maggioranza stabile per effetto di una legge elettorale definita una "porcata" da coloro che l'avevano scritta e approvata. E sebbene la sconfitta elettorale con questa legge si sia presentata come un ottimo contrappasso per chi ha tentato di mettere le manacce sulla costituzione e sulle elezioni, non ha certo giovato al paese, in nessun modo.

In questo periodo di tempo, diciamocelo, il governo non ha concluso NULLA. Bhe, non proprio nulla in fondo... Il governo tre o quattro cose le ha fatte. Ha bloccato tutte le opere pubbliche, quelle cattive, inutili ed irrealizzabili (come il ponte di Messina), ma anche quelle buone, utili e soprattutto necessarie (come la TAV); ha varato le leggi finanziare di lacrime e sangue, di fatto riducendo il debito pubblico di oltre 3 punti percentuali e portandolo al minimo storico del 1.2%, anche se per far questo ha indebitato gli italiani; infine ha indultato i carcerati e la monnezza.

Nient'altro, ahimè trovo da elencare fra le cose compiute da questo governo. Alla luce dei fatti, senza esprimere alcuna opinione sui meriti o sui demeriti individuali, l'Italia si è arenata, è rimasta ferma per due anni, fra l'altro molto buoni dal punto di vista economico, fino ad oggi, quando alle porte si affaccia una possibile grande recessione. Non voglio sindacare
sulle colpe, non so se l'incapacità è derivata dall'esecutivo o dall'inesistente maggioranza, o dalle lotte intestine o dalla non collaborazione fra i diversi schieramenti alleati ed opposti. Certo è che solo un ricordo rimarrà agli italiani della passata legislatura.

Abbiamo guadagnato di meno, abbiamo speso di più, abbiamo saldato una parte del debito pubblico indebitandoci noi stessi. Alla fine dobbiamo dire che il ministro Padoa Schioppa non sembra essersi reso partecipe di un'eccellente azione economica
del governo, alla fine si è limitato a fare quello che ogni altra lavandaia avrebbe saputo fare, ha risolto il debito semplicemente spostandolo dalle casse pubbliche alle tasche degli italiani. Insomma un'idea di economia a mio avviso un po' casalinga, un po' domestica è questo che mi pare aver fatto il nostro ministro: economia domestica.

Come non parlare poi dell'immobilismo tecnologico? Delle mancate riforme sulla scuola? Dei promessi PAX, DICO e non dico.. Insomma dove sono finite quelle 230 pagine di programma elettorale? E certo che di cose ne erano state promesse... E non si escano fuori le scuse inerenti la legge elettorale, poiché il programma è stato redatto quando già questa legge era stata votata ed approvata.

E' prevedibile così quale sarà il futuro risultato elettorale, sono altresì prevedibili a mio avviso le sce
lte che sarà costretto a fare il Presidente della Repubblica. E' probabile che Napolitano tenti di costituire un governo tecnico con lo scopo di varare la sola riforma elettorale, ma con quale maggioranza? E quale riforma??

Ad oggi va preso atto della non esistenza di una maggioranza e della non esistenza di un'idea di riforma elettorale che possa trovare dei consensi in numero sufficiente da essere approvata ed applicata.

Pertanto è evidente la difficoltà che Napolitano temo non riuscirà ad affrontare dovendo quindi sciogliere le camere e richiamando alle urne elettorali gli italiani. Ma cosa succederà in quel momento?

Secondo molte voci sarà l'astensionismo a prevalere, tuttavia io non ne sarei così certo. Il centro-destra (o detto tale) parte infatti avvantaggiato da una campagna elettorale durata più di un anno e mezzo gratuitamente e volontariamente offerta dallo scellerato governo di sinistra appena defunto. E come
biasimare gli italiani?

Se è vero che scegliere il male minore non è una soluzione, è anche facile pensare cosa direbbe in proposito uno dei padri di famiglia che ultimamente non sono riusciti a sfamare i loro figli il 20 del mese. Dopo una serie di tassazioni vessatorie ed un infinita richiesta di lacrime e sangue da parte di un governo che per tagliare la spesa pubblica ha ben pensato di ampliare l'organico, il numero di ministri e sottosegretari ed i propri stipendi, quanti italiani sarebbero disposti a concedere il bis?

Se è vero dunque che oggi più che mai il fenom
eno dell'astensionismo inciderà sulle elezioni, credo anche che questo non sarà così esteso e che riguarderà soprattutto gli elettori del centro-sinistra. La conseguenza di quanto detto è ovviamente tutta a vantaggio del centro-destra, è infatti prevedibile che la casa delle libertà e tutto il circondario siano eletti a larghissima maggioranza, cosa per la quale dovranno certamente ringraziare il dimissionario professore ed il suo esecutivo.

Temo però che ci aspettino anni duri, semp
re più duri. Temo che l'Italia stia per consegnare nelle mani del centro-destra tutto lo strapotere di cui ha bisogno per regnare incontrastato nei prossimi cinque anni innalzando sotto la Sacra Bandiera Repubblicana la pesante effige di un nuovo regno barbaro.

Credo che Romano Prodi e con egli la sinistra abbia concluso la propria carriera politica almeno per una o due generazioni, è lecito quindi comprendere la felicità di Berlusconi e del suo schieramento tutto che potrà felicemente brindare oggi con dell'ottimo champagne.


«Ogni nazione ha il governo che si merita» (Joseph Maistre)

2008-01-24

Il governo è (s)caduto

«La vera arte del governo consiste nel non governare troppo»
Questo è ciò che disse Jonathan Shipley e forse per questa ragione avrebbe detto anche che il governo appena caduto era formato da grandissimi artisti. Infatti se c'è una cosa della quale l'esecutivo Prodi II non si può accusare è proprio quella di aver "governato troppo". Battuto dalla sua stessa maggioranza, trattato a pesci in faccia da chi ha espresso la sua fiducia sub contditione il neo-ex premier Romano Prodi è salito in questi minuti al Quirinale per rassegnare, con estrema rassegnazione, le sue dimissioni al Presidente della Repubblica.

Come sempre, però, anche questo passo importante della politica italiana è stato condotto "all'italiana", con il solito stile che contraddistingue il nostro modo di essere "politically correct", giusto appena a suon di "cesso", "troia", "
checca" etc... E tra una rissa sedata ed una lavata di capo (o di faccia sputata) è proseguita l'allegra commedia del Senato.

E così fra la compravendita di questo o di quel senatore, le incertezze, i dubbi, le risse e le varie vicende a contorno comprensive di sbarellamenti e trasporti su sedie a rotelle, il
governo Prodi alla fine è caduto, pare, per non rialzarsi più. Ma fa veramente bene tutto ciò alla nostra Italia? E' veramente positivo vedere un tale spettacolo durante un momento altamente istituzionale come quello della fiducia ad un governo?

Certo è che se qualcuno si è risentito dei fatti accaduti questo non è il popolo italiano, che, anzi, ha accolto con un boato la dichiarazione di voto, quasi come dopo il rigore di Fabio Grosso che decretò la vittoria della nazionale durante i mondiali del 2006. Festeggiamo dunque, finché possiamo ancora tirare un respiro di sollievo, festeggiamo adesso e subito, ma facciamo presto, poiché il tempo e la storia non si fermano mai.

Festeggi l'Italia con l'opposizione tutta. Poco importa, in fondo, se nel mondo è così che ci ricorderanno. Poco importa se saranno le corna o gli sputi proposti dai nostri senatori a dichiarare al mondo chi siamo. Poco importa se questa crisi di governo si apre con le bottiglie di spumante stappate durante la lettura dell'esito del voto di fiducia. Poco importa se rimarranno le immagini dei senatori del centrodestra che si ingozzano di mortadella per schernire Prodi nel momento della massima manifestazione della sua incapacità.

Brindate quindi ed ingozzatevi tutti di mortadella, anche voi! Attenti però perché si dice che oggi la mortadella sia (s)caduta.
«Tutti i governi votano per alzata di mano. Il nostro per calata di braghe» (Anonimo)

2008-01-23

Nuovo Medioevo

«Le ultime [diverse] elezioni hanno posto le basi per i prossimi 500 anni di medioevo» (Frank Zappa, 1989)
I miei pochi appassionati avranno letto il precedente articolo a carattere storico che tratta della nascita del medioevo, non solo come periodo storico ma anche come realtà sociale figlia degli eventi del suo tempo. Con onestà intellettuale non si può negare che, per quanto ricco di latenti fermenti ed evoluzioni silenti, il medioevo è stato il tempo storico della decadenza e dell'abbandono dei valori della civiltà classica.

Con altrettanta onestà non possiamo evitare il confronto tra la storia passata e la cronaca presente e non possiamo altresì evitare di restare allarmati dalla somiglianza dei fenomeni a carattere sociale che si sono verificati allora e che si stanno verificando oggi.

E' mio parere che la civiltà mondiale, ed in particolare il popolo italiano, sta andando incontro ad un nuovo medioevo, del quale si ravvisano già i primi sintomi nel periodo di grave decadenza sociale e culturale che stiamo vivendo oggi.

Il primo sintomo del "decadentismo da medioevo", come lo voglio definire oggi, è la disgregazione dello stato costituito, è ciò che avviene quando le autorità centrale si disinteressano del destino e dell'evoluzione delle realtà sociali delegando tutto a piccoli o grandi amministratori locali che per disinteresse dello stato (o per troppo de illecito interesse) riescono ad eclissarne la figura e l'influenza rendendo la democrazia solo un pallido riflesso di una partecipazione fittizia e del tutto superflua da parte del popolo.

Sia per spirito di corporazione, o di casta se vogliamo, sia per spirito di autosalvaguardia degli interessi personali (anche a carattere economico) la politica si è ormai disinteressata alle realtà locali, a livello nazionale e mondiale, rinchiudendosi nelle dorate torri d'avorio dei loro parlamenti sicuri e assolutamente decontestualizzati da ogni possibile riferimento democratico. Ciò ha favorito la decentralizzazione dei punti di riferimento del potere, garantendo a questi, siano essi governatori di uno stato federali o presidenti di un consiglio regionale, un'autonomia ed una sicurezza d'azione messa in totale sicurezza da ogni ingerenza esterna.

Per avvenire tutto ciò, però, è necessario che si riesca, con un abile manovra degna dei migliori prestigiatori, a riunire e collegare in maniera indissolubile i quattro poteri di uno stato. Quando i poteri legislativi, esecutivi e giudiziari appartengono a categorie assolutamente inscindibili e collegate da irrivelabili questione a carattere economico ed amministrativo, spesso oltre i limiti di quanto consentito dalla legge, viene a cadere tutta la struttura democratica che garantisce il funzionamento di una Repubblica o di un qualsiasi stato a regime repubblicano.

Il compito di prevenire questi atteggiamenti di reciproca salvaguardia, spesso ai limiti o anche oltre i limiti della collusione e della corruzione, spetta alla stampa e ai mass media a tutti i livelli. Ma cosa succede se i media sono di proprietà degli stessi ricchi uomini invischiati nelle vicende che dovrebbero denunciare? E' ovvio che una tale situazione mina alla base l'esistenza stessa del quarto potere democratico che è quello dell'informazione, anzi, trasmuta questa in uno strumento di propaganda e disinformazione utile soltanto al rimbambimento del popolo che potrà essere così facilmente indottrinato a dovere.

In una situazione del genere è ovvio che l'unica legge veramente funzionante e quella del più forte. Chi detiene il potere è in realtà il più forte, dal punto di vista economico o dal punto di vista più pratico del termine. Poiché l'ordine costituito cessa di essere tale, vengono meno anche la salvaguardia dei diritti e dei doveri di ogni cosiddetto cittadino di un tale stato, ma così facendo viene meno anche la sicurezza e la legittimità di uno stato, una volta scomparso anche il senso di legittimità non sarà affatto uno scandalo per ogni abitante del territorio, se sottoposto a tali regole, l'affidarsi al primo protettore locale in grado di dare sicurezza e stabilità, anche se con un costo non troppo basso.

E' questo il fertilissimo limo sul quale le criminalità organizzate crescono rigogliose, impadronendosi del territorio e dei suoi abitanti, insinuando le sue lunghe braccia nello stato, stringendo con questo rapporti di collusione e corruzione strettissimi, coinvolgendo quanta più gente possibile nell'amministrazione pubblica all'interno di patti associativi, a stampo mafioso, ed intrappolando così, tutti, nella strettissima morsa del ricatto e della paura, dalla quale l'unico scampo è dato dall'autopreservazione dello stato delle cose che perpetua all'infinito il ciclo mafioso in cui lo stato finisce per essere coinvolto. E' così che la mafia non è più paragonabile un cancro che attacca lo stato, essa si sostituisce allo stato, è lo stato medesimo che diventa mafia nella sua interezza ad ogni livello.

Nella generale sfiducia verso una classe politica oltre i limiti del criminale, nella generale insicurezza e mancanza di protezione se non mediante le ramificazione locali della criminalità organizzata, nel proliferare degli interessi a carattere economico dei soliti pochi potenti di turno, una nazione cessa di esistere e, sebbene formalmente riconosciuta tale sulla carta, si disgrega in un'interminabile serie di rapporti di vassallaggio nei confronti dei vari gradi di potere.

E' così che l'ordine costituito di uno stato viene deposto dalla mafia, esattamente come l'Imperatore Augustolo venne deposto da Odoacre, sebbene ciò avvenga in maniera molto più indignitosa. E se dovessimo fare un confronto con il passato tempo della storia, non posso evitare di pensare che il mondo stia rivivendo, sebbene in diversa forma estetica, ma con uguali contenuti, proprio quegli eventi che hanno caratterizzato la fine del 400 d.C. Forse è proprio all'inizio degli anni '90 che il declino internazionale ha avuto inizio, specialmente in Italia, nel 1992, quando, finita la prima Repubblica non ne seguì un'altra se non formalmente sulla carta. Forse è proprio quel 1992 l'anno in cui i barbari approfittarono della situazione, giustamente venutasi a creare, per inserire il loro cuneo nello stato, uno stato destinato a crollare su se stesso e i cui poteri, ahimé, credo siano stati deposti da tempo.

E' evidente cosa sembra attenderci adesso. Con le banche sempre più grasse, come sanguisughe sempre più in forze, che dissanguano all'unisono i popoli del pianeta in una cacofonia di lamenti e lacrime, con le case che appartengono ormai tutti ad immensi padroni del territorio in un nuovo e rivisitato concetto di latifondo, con la scuola che ha smesso di funzionare, con le informazioni che hanno smesso di circolare e con gli stati che hanno cessato di esistere quale può essere il futuro che ci attende?

Forse è vero che nulla passa di nuovo sotto i nostri cieli. Forse è vero ciò che Vico sosteneva predicando la ciclicità della Storia. Forse un'altra volta la gente si ritirerà dalle città troppo costose, smetterà di abitare queste cave di cemento e di acciaio senza un cuore sociale, smetterà di farsi stipare come pacchi incasellati in immensi edifici creati senza logica di quartiere al solo scopo di essere depositi di anime.

Si ritirerà nelle campagne la gente, là dove la vita costa di meno e dove è possibile produrre da se tutto il necessario? Si ritirerà là dove potrà riscoprire i valori della famiglia tanto violentemente strappati ad essa? Si ritirerà là dove potrà nascondersi dalla modernità e dall'evoluzione sociale che tanto indignitosamente fatto perdere ogni interesse nei suoi confronti?

Forse non è necessario porsi queste domande, forse non c'è bisogno nemmeno di pensarci, forse, basta guardarsi intorno, incrociare i volti e gli sguardi della gente, forse, è sufficiente tendere l'orecchio e il cuore per sentire nell'aria il disperato aroma di un popolo di popoli che hanno perso la speranza.

Forse è già qui, è già iniziato, il nuovo medioevo in questo periodo di decadenza civile e culturale, in questo tragico oblio di valori nel quale noi tutti naufraghiamo. Beato chi non arriverà a vederne gli esiti. Beato, sì, chi non ci sarà.
«La modernità, che sta giungendo alla propria fine, venne concepita all'epoca del Rinascimento. Noi oggi stiamo assistendo alla fine del Rinascimento» (Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev)

2008-01-22

Antico medioevo

«Odoacer Torcilingorum rex habens secum Sciros, Herulos diversarumque gentium auxiliarios Italiam occupavit et Orestem interfectum Augustulum filium eius de regno pulsum in Lucullano Campaniae castello exilii poena damnavit» (Getica, 242)
«Odoacre, re dei Torcilingi, che aveva con se gli Sciriani, gli Eruli e diverse altre genti ad aiutarlo, occupò l'Italia e, ucciso Oreste, depose suo figlio Augustolo dal regno, condannandolo all'esilio nel castello di Lucullio in Campania» Sono le parole che Jornandes scrisse nel 551 d.C. all'interno della sua Getica (o De origine actibusque Getarum) per descrivere la fine dell'Impero Romano d'Occidente seguita alla deposizione dell'imperatore Flavio Romolo Augusto (noto anche come Augustolo) per opera del re Odoacre la sera del 4 settembre 476 d.C. proclamatosi re della penisola Italica.
Sono molte le versioni su questa vicenda, secondo alcune fonti addirittura vi sarebbe stato un accordo tra l'imperatore Augustolo e il re Odoacre per la presa della capitale dell'Impero, in seguito al quale Odoacre avrebbe fatto salva la vita di Augustolo, il quale infatti non fu ucciso, condannandolo, si, all'esilio in un maniero campano, ma passandogli un vitalizio di seimila soldi annui, pari al reddito di un ricco senatore imperiale.

Altri sostengono che è il 486 l'anno della caduta dell'Impero, cioè quando il Regno di Soissons, ultimo baluardo dell'occidente, fu annesso al Regno dei Franchi, tuttavia, poco importa della data esatta in cui questo avvenne, certamente però, prima del 500 d.C. cadde l'Impero Romano d'Occidente, e con la sua caduta, come gli storici convengono quasi universalmente, si pone inizio a quella lunga età di transizione, e spesso di decadenza, nota come medioevo.

Sebbene siano state molteplici le opere di rivalutazione del medioevo c
ome periodo storico e come fenomeno culturale sono innegabili gli aspetti negativi che lo contraddistinsero, così come è innegabile la decadenza culturale, sociale e generalmente riguardante l'umanità che in quegli anni portò ad una rapida frammentazione ed implosione dei valori civici e del senso di stato o di nazione a favore della legge del potere localizzato e accentrato nelle mani dei piccoli o grandi signori feudali.

Il primo elemento che contraddistinse il medioevo fu la disgregazione amministrativa, quindi la mancanza di interesse da parte dell
'istituzione governativa centrale nei confronti dei governatorati provinciali e periferici, favorendo così la costituzione di domini privati, nei quali i governatori locali potevano avere, in scala, le stesse facoltà dell'imperatore. Ben prima che Augustolo scrivesse la sua lettera all'imperatore dell'Impero Romano d'Oriente, forse poiché sotto minaccia di morte da parte di Odoacre, esprimendo la non necessità di avere due imperatori, e consegnando ad Odoacre l'Italia, la struttura sociale ed economica dell'Impero aveva già cominciato a collassare su se stessa, i Romani si impoverirono sempre di più, indebitandosi e divenendo schiavi, molti dovettero abbandonare le città per rifugiarsi nelle campagne dove la vita costava di meno, tutta l'oro di Roma e del suo Impero continuava a convergere, come in pozzi senza fondo, negli abbondanti saccula di strozzini e grandi latifondisti.

A causa del generale impoverimento la gente cominciò a perdere fiducia nell'Impero medesimo, e questo, dal canto suo, non era in grado di garantire sicurezza e stabilità ai Romani.
Già dalle prima invasioni barbariche la delocalizzazione della forza militare imperiale aveva consegnato le città e le province, tutte, nelle mani delle brigate locali. Il deludente trattamento ricevuto dall'impero da parte dell'esercito aveva poi dato il colpo di grazia a qualsiasi gruppo armato in grado di mantenere legittimamente l'ordine costituito, le città avevano così lasciato spazio alle bande agli ordini di potenti signorotti locali, i quali erano in quel tempo gli unici in grado di mantenere una sorte di ordine. Nasceva un nuovo stato dentro lo stato che come un cancro avrebbe da subito cominciato a divorare le fondamenta dell'Impero.

In assenza di protezione ed ordine costituito tutte le istituzioni crollarono su se stesse una dopo l'altra. Il 4 settembre del 476 d.C. l'Impero era già allo sfascio, l'Imperatore non era che una figura simbolica e senza potere ormai da tempo, la giustizia non veniva più esercitata, solamente amministrata come potere unico e legato alla legge ed alla forza dei potenti locali. Le realtà locali si richiudevano su se stesse e nemmeno le notizie su quella o quell'altra azione del governatore di turno riuscivano ad evadere dai confini sempre più fortificati delle singole aree territoriali.

Sebbene il regno di Soissons cadde solo nel 486 d.C. consegnando ai Franchi l'ultimo baluardo dell'Impero Occidentale, l'occidentalità dell'Impero romano andò perduta molto tempo prima. Tutto l'insieme dei valori civili e morali andò perduto quando le città cominciarono a trasformarsi in piccoli gruppi di latifondi fortificati dove ricchi signori locali, in totale accordo con la forsennata gestione e reggenza dell'Impero stesso, offrivano protezione in cambio di assoluta fedeltà e sudditanza ad essi stessi prima che all'Impero.

Il V secolo tramontava con le ceneri fumanti di un grande e vasto impero, l'alba del secolo successivo sarebbe stata salutata dalle infinite distese desolate delle città in macerie come perpetui monumenti al tempo che fu e che mai più sarebbe stato.
«Il Medioevo è passato alla storia come il periodo dei secoli bui. Nessuno, però, mi ha spiegato chi era stato a spegnere la luce» (Luciano De Crescenzo)

2008-01-21

Una schifezza mai Vista...

«L'edizione di Windows Vista Home Premium garantisce maggiore facilità d'uso, sicurezza e intrattenimento sia su computer desktop che portatili»


Sono queste le parole con cui la softwarehouse di Redmond presenta il nuovo e (a suo dire) innovativo sistema operativo nei suoi molteplici tipi e versioni: una adatta per ogni utente a secondo delle maggiori o minori castrazioni apportate alle prestazioni del sistema medesimo.

Poco importa poi se nel tuo sistema a 64 bit ti trovi con un modestissimo sistema operativo zoppicante a 32 bit, potrai ben dire e vantarti di avere Vista, personalizzato ed adeguato alle tue caratteristiche di utente.

Apprezzatissima (da parte dei produttori) l'innovazione di windows defender, un logorroico sistema che non fa altro che chiederti e richiederti inutili conferme fino a snervarti, il tutto per impedire che qualche cracker possa fare danno. Infatti è noto che se un cracker attacca il tuo sistema in tua assenza, a furia di acconsentire alle proprie operazioni, gli verranno gli scrupoli ed abbandonerà la faccenda.

Che dire poi dell'interfaccia grafica? "Eccezzziunale... veramente", così bella, che, guarda caso, sembra proprio una commistione dei nuovi desktop grafici per KDE, Gnome (desktop manager di Linux) e Mac-OS (della Apple). Che coincidenza!

E che usabilità, che migliorie! Come non apprezzare gli sforzi dei programmatori Microsoft che, non potendo rinnovare ancora di più con nuove idee il sistema, di fatto uguale in prestazioni e gestione dei servizi al suo predecessore, han ben pensato di ricollocare tutte le applicazioni e le aree di configurazione da tutt'altra
parte. Così, ad esempio, se prima per configurare un IP statico di rete ci volevano appena tre passaggi e una conferma, adesso addirittura di passaggi ce ne vogliono il doppio con il triplo di conferme, che offertona speciale!!

Che dire infine delle suite office 2007 studiate a posta per questo sistema operativo? Coi nuovi formati con la x alla fine dell'estensione forse non garantiscono alcuna compatibilità con i predecessori, ma volete mettere il piacere di un'interfaccia blu puffo da doversi ristudiare da cima a fondo? Per non parlare della patente europea del computer, al secolo ECDL, che, poiché riguardante office 2003, completamente diverso, da oggi non vale più nulla!

Che sarà mai infine se Vista chiede un hardware di esose proporzioni per essere utilizzato? Cosa importa se il solo media center si mangia 90 MB di ram? Cosa importa se 1,2 GB di ram ti risultano impegnati con il solo sistema provvisto di sidebar (casualmente simile alla googlebar) e di media player?

Concludo smentendo le accuse mosse a Bill Gates di tentare di forzare le leggi della concorrenza e della libera scelta dell'utente.

Non è vero che Microsoft e le case produttrici di computers preassemblati si son messi d'accordo per distribuire solo pc e laptop con vista OEM (cioé già incluso ed installato) per imporne l'acquisto, l'han fatto solo per facilitare il passaggio all'utente!

Non è vero che le hardwarehouse non producono più driver compatibili con XP per facilitare l'acquisto di Vista dopo accordi fatti con zio Bill, sono solo troppo impegnati per farli!

Non è vero che il bootloader di Vista è stato studiato a posta per impedire la convivenza di questo con altri sistemi operativi come Linux, è solo uno sfortunato gioco della sorte se questo blocca la partenza del computer ad ogni minimo cambio dell'MBR obbligando al ripristino da immagine su cd ed alla perdita di ogni altro sistema!

Ed infine non è vero che Bill Gates e Microsoft sono stati pluricondannati per tutte le vicende su riportate dalla commissione europea, è solo che i giudici non li amano! Ed è proprio per questo motivo che tutti gli utenti (ma solo quelli informati, e spesso non dai venditori) possono richiedere in qualsiasi momento, secondo direttiva europea, il downgrade a XP o la rimozione dell'OEM con conseguente rimborso.

Tutti insieme, dunque, facciamoci fregare dal tentativo di obbligato upgrade a Vista, facciamoci accogliere a tentacoli aperti da questa nuova interfaccia, anche se alquanto priva i contenuto, nonostante i costi. Non diamo infine ascolto alle voci che descrivono Microsoft in declino e Linux sempre più in ascesa, è tutta propaganda sovversiva dell'ordine costituito internazionale delle case produttrici!

«Quantum mechanic Seth Lloyd says the universe is one giant, hackable computer. Let’s hope it’s not running Windows» (Kevin Kelly)

2008-01-20

La magistratura e i suoi consigli

«Resto governatore, domani mattina sarò nel mio ufficio come sempre a lavorare al servizio della Sicilia»
Sono queste le parole umide di lacrime che Totò Cuffaro, presidente della Regione Sicilia, ha pronunciato alle 17.44 dopo la sentenza che lo vede condannato a 5 anni di reclusione per favoreggiamento, ma non per mafia. Sì, infatti è questa la linea di confine degli uomini d'onore, quell'articolo 7 che definisce se il favoreggiamento sia o non sia stato a stampo mafioso. Ed infatti, come si legge nella sentenza, Cuffaro non ha favorito la mafia ma soltanto qualche amico, che poi questi amici fossero anche mafiosi è un altro paio di maniche...

Dunque, con la coscienza pulita, mondata dalla macchia di quell'articolo 7, mondata da ogni dubbio sulla sua mafiosità, il presidente della Regione Sicilia può ben intendere come meramente consultiva la sentenza del giudice ed intendere la sua condanna a 5 anni di carcere come un lieve consiglio a trasferirsi in una delle comode suite del carcere di Palermo che sono
già pronte ad accoglierlo. Ma il presidente, ligio al dovere e con profondo senso civico, decide che da domani non godrà dell'offerta ospitalità della galera, preferendo a questo il ritorno al suo impeccabile lavoro.

Certamente egli è comunque grato alla magistratura, così come grati sono tutti i suoi colleghi e amici, poiché, in fondo è vero, ogni magistrato per via della rettitudine che lo contraddistingue è sempre pronto ad elargire buoni consigli, e forse, a volte, pure ad ascoltarli.

Proprio la giornata di ieri è stata quella dei consigli, dalla
condanna consiliatrice al Consiglio Superiore della Magistratura, l'ente di autogoverno della magistratura nel nostro paese, piccolo parlamento di giudici con le sue commissioni e i suoi consigli, chiamato a vigilare sul funzionamento della struttura giuridica italiana, anche, a volte, essendo costretto a spinose questioni come quelle di certi giudici provinciali come qualche De Magistris.

E ieri, nella giornata dei buoni Consigli, quelli che non si possono rifiutare, secondo quanto previsto dalla legge hanno scritto la loro
sentenza, i giudici superiori, nei confronti del De Magistris. Riconosciuto colpevole, questo, è stato condannato alla perdita di anzianità, al trasferimento e al cambio di ruolo perdendo così la sua funzione di PM.

Nella giornata dei consigli, infatti, il Consiglio Superiore della Magis
tratura non ha tradito le aspettative del consiglio dei Ministri e del Parlamento tutto, ormai in agitazione per le vicende politiche degli ultimi tempi.

Forse le azioni di ieri mostrano un ravvisamento della magistratura? Che sia questo il ritorno di questi giudici così zelanti alla retta via della statalità e della fedeltà all'organo governativo?

Solo il tempo potrà dirci quanto più roseo sarà il futuro della magistratura, dell'Italia e degli italiani tutti.
«Non è vero che in Italia non esiste giustizia. E' invece vero che non bisogna mai chiederla al giudice, bensì al deputato, al ministro, al giornalista, all'avvocato influente. La cosa si può trovare: l'indirizzo è sbagliato» (Giuseppe Prezzolini)

2008-01-19

La casta famiglia del ministro

«Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale»
«La magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere»

(Art. 112 e 104-1° della Costituzione della Repubblica Italiana)
Probabilmente i miei pochi lettori saranno portati a noia nel leggere quanto sopra, poiché forse è ormai prevedibile questo mio vezzo del citare qua e là quel vecchio e desueto testo costituzionale che ormai giace dimenticato sotto cumuli di polvere in qualche pregiato leggio a Montecitorio. Desueto, infatti, poiché nessuno sembra più ricordare i principi, i valori e persino le norme che in esso sono espresse con il loro significato sociale, politico e giuridico.

E' ancora possibile, oggi, credere nella
Costituzione e nella sua validità ed applicazione all'interno dei territori all'interno di quello stato che almeno sulla carta si costituisce Repubblica Italiana? E' ancora possibile supporre come valido il principio dell'assenza di ingerenze ed di imposizioni di un potere rispetto ad un altro? E' vero che i quattro poteri costituiti ed estesi di una nazione, la legge, il giudizio, l'ordine pubblico e l'informazione, possono considerarsi legittimamente esercitati in autonomia ed indipendenza reciproca in Italia?

Ed è anche vero che «Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato» come da articolo 67 della nostra cosiddetta Costituzione? I recenti eventi di questi ultimi due giorni non possono evitare di suscitare intimamente nell'animo di ogni cittadino, anche solo lontanamente degno di essere chiamato tale, un forte e stringente dubbio, che inevitabilmente non può a sua volta portare ad altro che ad una risposta negativa.

In Campania sono stati emessi 23 avvisi di garanzia nei confronti di altrettanti esponenti politici dell'UDEUR, partito guidato da Clemente Mastella, ad oggi EX ministro della Giustizia, fra i quali la stessa moglie e cognati e parenti ed amici del Clemente nazionale, in pratica tutti uomini e donne di fiducia del fu ministro Mastella, sull'integrità morale e giuridica dei quali l'onorevole non ha espresso alcun dubbio brandendo anzi la spada della retorica e della sua dotta cultura in difesa di questi. Tanto da dimettersi, il signor ministro, per l'indignazione, per l'offesa, per l'ingerenza di tale cerchia di insulsa gente che addirittura osa emettere dei mandati di cattura interferendo così con i politici.

Sì, perché, a dire del ministro e del parlamento tutto,
come confermato dagli scroscianti e ripetuti applausi della sinistra e della destra, del centro e degli estremi più lontani, è una vergogna ed un fatto scandaloso che la magistratura osi addirittura arrestare i parenti di un politico, infatti così come il politico gode dell'immunità parlamentare, anche la famiglia dovrebbe goderne. Ebbene sì, perché qui la vera Casta è la magistratura, e la politica deve correre ai ripari, magari con qualche legge opportuna, una di quelle leggi ad person... anzi nò, volevo dire ad generem: giusto appena uno di quei piccoli, dolci e modesti provvedimenti che ripristinino la castità dello stato e della magistratura, una castità che prenda spunto, per far piacere al cattolicissimo ministro, dai sani valori della famiglia, sì, questa grande e allargata FAMIGGHIA che governa l'Italia.

E non è forse un godere del cuore quando vediamo la commovente solidarietà con cui questa grande famiglia del parlamento si stringe intorno al compunto e commosso ministro? Non è forse commovente vedere come il pio Bondi esprima a nome suo e di tutte le schiere forziste la propria vicinanza con voce quasi rotta dalle "drammatiche e tragiche" parole del ministro dimissionario? Si questa è l'Italia che ci piace, quando coloro che nei candidi salotti di Porta a Porta si presentano come acerrimi avversari politici, si stringono a cerchia per difendersi come consanguinei parenti nel momento del pericolo.

E auguriamo loro quindi che ci riescano a difendersi! Che possano riuscire a combattere i tentacoli della legge, che possano sfuggire all'applicazione della giustizia, che mai debbano conoscere le fredde celle dove altri traditori dello stato devono giacere, che ne escano puliti ed impuniti per il bene della casta classe di questi parvi servitori dello stato, della repubblica, o ancora di più della loro res, poiché ormai è così alto in loro il senso di affezione per questo nostro stato che ne proteggono le istituzioni con indefessa indole, quasi come se queste fossero tutte cellule di un immortale organismo che sfugge alle cicliche leggi della natura, avvinghiandosi, con tutte le sue forze, per la difesa di quelle poltrone riscaldate con tanto coraggio.

Per fortuna (loro) è probabile che essi riescano a difendersi, è probabile che passino indenni la bufera, nonostante la presenza di pochi demoni eversivi come gli esponenti, in ordine di lettura, dell'Italia dei Valori e de La Destra, che uniche e isolate pecore nere hanno avuto il coraggio di dire le cose così come stanno nonostante i mormorii e le occhiate di sbieco dell'intero gregge di ignobili capre!

Sono questi i giorni più duri, in questa allegra orwelliana fattoria degli animali, quando il Romanissimo Napoleone è chiamato a prendere in mano le redini, fosse anche ad interim, nonostante in cuor suo compunto e commosso, lascivo e delicato nel concedere al dimissionario ministro proroghe e pause di riflessione come nemmeno nei più dolci dialoghi tra fidanzatini in crisi. Come evitare di far quindi loro i nostri auguri? Come mostrarsi sordi al languido richiamo del piangente parlamento che ora più che mai ha bisogno del nostro aiuto?

Si mostri quindi unita l'Italia e gridi all'unisono che NO, NON PUÒ ESSER, QUESTA "GIUSTIZIA", UGUALE PER TUTTI! Che sempre vivi restino fra i nostri politici questi valori morali, che essi sempre si dimostrino rispettabili uomini d'onore che mai, a costo di non vedere e non sentire, vogliono mancar di rispetto o vogliono che si manchi di rispetto alla loro FAMIGLIA.

«Mi ha fatto piacere vedere in qualche luogo uomini, per devozione, far voto d'ignoranza, come di castità, di povertà, di penitenza» (Michel de Montaigne)

2008-01-18

Universitas Dogmatium Generale

« Carissimi tutti,

appresa, da qualche minuto, la notizia che il Papa ha annullato la sua visita alla 'Sapienza', e l'applauso con cui questa decisione è stata accolta dagli studenti radunati in assemblea, sarei un ignavo e, peggio ancora, un vile -come uomo che ha dedicato il suo lavoro all' Università e, più in generale, come cittadino italiano- se vi tacessi che nello stesso istante non rammarico ma -più, molto più- offesa, dolore, impotenza e menomazione della mia libertà si sono impossessati del mio animo. Agli occhi miei, la 'Sapienza' è ancora Università 'de jure', ma, dopo questo LUTTUOSO evento, certo non più Università di fatto, non più, cioè, luogo fisico e, in uno, comunità di anime intelligenti in grado di accogliere, valutare e dibattere l'UNIVERSO mondo delle idee pensabili.

Credo che la situazione creata, lungi dal costituire la pretesa esaltazione del pensiero razionale o la rivendicazione della conculcata libertà scientifica di Galileo, abbia determinato, da stasera, uno straordinario, istantaneo impoverimento della nostra Italia, precipitata nell'inferno dell'ignoranza, del buio, e della paura dell' idee e dei sentimenti 'altri'.

Galileo fu convocato, interrogato ed ascoltato da quella vecchia, ma ben peggiori sono i segni che colorano l'alba della nuova inquisizione. E, soprattutto, ho pietà per quei poveri giovani ignoranti -resi tali da una società ignorantissima- i quali hanno applaudito alla notizia dello 'scongiurato' evento, la visita del Papa, fatto della cui gravità non hanno avuto la minima percezione. Ma, carissimi, chi semina vento raccoglie tempesta.....

Che Dio abbia pietà di questa nostra smarrita Italia... »
Voglio pubblicare a disposizione dei pochi che mi leggono la mia risposta a questa mail, breve, ma ricca di contenuto, pervenutami quest'oggi:

Carissimo amico mio,


grazie per avermi reso partecipe di questo pensiero che ho accolto come sempre con la profonda stima e l'affetto ormai familiare che nutro nei tuoi confronti.

Non condivido però questo nella sua interezza sebbene mi trovi ad occupare una posizione simile alla tua col mio pensiero.

Io credo che La Sapienza abbia subito una definitiva caduta di stile con queste azioni, poiché, sebbene è vero che l'autorità ecclesiastica, sebbene massima, non ha diritto di ingerenza o interferenza alcuna con le istituzioni secolari e laiche del nostro e degli altri paesi, c'è anche da chiedersi, con sana integrità ed onestà intellettuale, quando un ente secolare, laico, lontano quanto vogliamo da alcuna rappresentanza ecclesiastica, possa definirsi istituzione.

Una struttura accademica come quella Universitaria ha il compito costituito di essere "Universitas Studium Generale".

Proprio noi che sediamo ai lati opposti di quelle cattedre, che son banco di prova e tributo per alcuni delle due schiere e che son pulpito e piedistallo per altri, abbiamo il compito di porci questa domanda.

Noi che, a vanto o vergogna, apparteniamo a quella Siciliae Studium Generale, il Siculorum Gymnasium vanto della nostra terra dal 1434, ma non a tutt'oggi, siamo chiamati più di ogni altro a riflettere sulla reale attinenza del nome a quella struttura che ad oggi viene ancora chiamata così.

E' veramente l'Università italiana un luogo di STUDIO UNIVERSALE E GENERALE, pertanto aperto all'universalità delle persone e delle anime, alla pluralità dei pareri e delle posizioni, all'ascolto GENERALE vagliato da un giudizio SCIENTIFICO e sempre presente?

Provo un forte rammarico nell'accorgermi di quanto poco tempo impieghi questa domanda a trovare una risposta nella mia mente ed è triste accorgersi come nel battito di un impulso neuroelettrico in un solo singolo e desolato neurone già si trovi la radicale risposta che non lascia spazio ad alcun dubbio: "NO!"

L'università italiana, che ormai potremmo identificare come un'unica e monotòna universalità delle università italiane, ormai tende all'inevitabile declino divergendo senza rimedio al "meno infinito" del guadagno culturale che in esse si riceve.

Quando questa universalità si chiude negandosi all'ascolto, negandosi al confronto, negandosi al dialogo, negandosi, perché no, a quella necessaria richiesta di messa in discussione, allora questa universalità di università perde istantaneamente il suo nome divenendo di fatto un luogo di culto, dove indorati predicanti professano la propria indiscutibile fede promuovendo le proprie posizioni ed imponendo i propri dogmi dall'alto di quelle cattedre che diventano pulpiti.

I fatti de La Sapienza sono solo la punta dell'iceberg della decadenza delle università, che da campi fertili del pluralismo intellettuale e della crescita culturale si son ridotti ad universali sensi unici tutti tendenti, come bandiere al vento, verso la conca stagnate della decadenza dove ciò che da bambino mi veniva descritta nel sussidiario come la pianta dell'intelletto, da innaffiare e curare ogni giorno, immancabilmente avvizzisce e muore soffocata dalle pesanti esalazioni sulfuree di questa carcassa in decomposizione tutta italiana.

E così, con questa triste immagine da discarica, certo poco piacevole, ma affatto nuova in questo paese, ormai internazionalmente e clamorosamente noto come 'o paese della monnezza, ti lascio, mai smentendo il mio pessimismo ontologico e mai finendo di ritenere come solo la presenza di pecore nere come te possano alimentare un lontano lumicino di speranza che va comunque sempre più affievolendosi.

Perdonami, infine, per questa mia saccente risposta, del resto, chi mai son io per commentare ed additare a tal modo questa università?

Per fare il verso all'amato Sergio Corazzini:
«sono solo uno studente che piange e soffre.»

2008-01-17

Anno Nuovo...

... casotto nuovo!
Chiedo scusa a tutti i miei lettori, ma, a causa di una serie di situazioni che si sono venute a creare ed un periodo di inattività di questo blog, unito alla perdita di molti dei post pubblicati, sono stato costretto a resettare il blog medesimo, per cui vedrete pubblicati come a partire dal 1° gennaio di quest'anno anche dei vecchi post. Sebbene rammaricato devo però interrompere i festeggiamenti per il lieto evento poiché da domani, 18 gennaio, purtroppo per chi mi legge, comincerò nuovamente a tingere le pagine virtuali di questo spazio di memoria con le mie nuove quotidiane lagnanze.
Sempre il mio grazie a chi segue questo piccolo angolo di web con tanta affezione... (forse ansiosi di vaccinarsi contro di essa).