Un volo di gabbiano sul mare dell'oblio...

Ecco cos'è questo spazio di memoria. Non è altro che il tentativo di un volo, come gabbiani inesperti, nella vana speranza di vincere il tempo. Qui, come innocenti pennuti, si abbandonano al vento di tempesta i pensieri e le memorie, in uno spazio senza indirizzo, verso un interlocutore all'infinito, in questo campo di volo, col rischio di bagnarsi le ali, nel tentativo di sfuggire per un istante ai flutti dell'oblio che vorace divora l'esistenza dell'uomo.

2009-01-09

Caro amico ti scrivo...

« Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po', e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò... » (Lucio Dalla)
Sembra opportuno cominciare questo nuovo anno sulle note di una famosissima canzone di Lucio Dalla, una di quelle che tutti prima o poi abbiamo cantato, forse anche cambiandone qualche parola, forse sostituendo a quel "ti scrivo" altre azioni più comuni e moderne come ad esempio "ti invio una E-Mail" o magari l'attualissimo "ti invio un sms". Noi, uomini nostalgici d'un passato che è stato, preferiamo affidare i nostri pensieri alla Scrittura, magari supportati dai più moderni sistemi tecnologici, ma altrettanto lontani dalle, digitalmente economiche, brutture grammaticali delle abbreviazioni da messaggino (tvb, cvd, c6, nc6, etc...).

Dopo questo periodo festivo trascorso (per fortuna) rapidamente, resi sazi da fintamente ricchi cenoni ed illeggibili fiumi di auguri elettronici al netto di vocali, è inevitabile tirare le somme di ciò che è stato e porsi domande su ciò che sarà. Ci perdoni il celebre cantautore se dubitiamo della sua capacità nello scrivere oggi quella lettera, ci perdonino gli italiani se già da subito consideriamo, senza sconti o saldi di sorta, quanto ardua possa essere l'impresa per un cittadino della "Repubblica" all'alba di questo 2009. Di cosa parlereste voi se doveste raccontare di quest'anno ad un amico lontano? Ecco cosa scriverebbero alcuni di noi:
Caro Amico,
non stracciare subito questa lettera poiché, a dispetto del suo incipit, ormai tristemente comune, non ti chiederò il tuo voto; non metterla da parte con un sospiro ipocrita in attesa di tempi migliori, non voglio la tua beneficenza; non cercare la frode scrutando attentamente fra le mie parole, non mi interessa con chi chiami o se hai la TV satellitare; non cercare carta e penna per far di conto, non voglio farti credito...

Caro Amico,
non leggere con nostalgia questa mia poiché a te io sorrido, che lontano ed innocente spettatore sarai innanzi ai fatti che ti voglio raccontare.

Caro Amico,
sebbene sembri solo un anno da quando sei partito, mi pare un secolo o forse due. A volte, nel cuore della notte, cercando distratto e bisognoso quel poco d'acqua per ristorare la bocca amara di tristezze e delusioni, mi chiedo dove io sia, in che luogo dello spazio e del tempo io mi trovi: s'è vero che nell'Italia Repubblica sono nato o se piuttosto sia la mente a giocarmi uno scherzo che mi proietta infelice duecento anni nel futuro. E' dunque il 2008 ad essersi concluso Caro Amico? O è questo ancora l'anno 1809 per concessione e grazia di Sua Maestà il Re?

Quest'anno, se la memoria non mi inganna, è cominciato tra i tumulti di coloro che chiedevano un nuovo governo, e che l'hanno ottenuto, e coloro che chiedevano nuove condizioni salariali all'insegna dei diritti e della dignità del Lavoro umano. Mi preoccupa il pensare che questa possa essere un ricordo falso e libertino di una realtà che narra della passata Rivoluzione dei Francesi, sedata nel sangue e caduta nel silenzio per opera dei potenti riuniti in Congresso a Vienna. Erano gli aerei ad essere pericolosamente stretti fra gli artigli dell'Estero conquistatore o piuttosto le Alpi? 

In questa confusione che affolla i miei pensieri temo non vi sia però differenza nei risultati... forse solo in quei miliardi di euro che gli Italiani dovranno pagare per colpa degli Aerei di cui ti parlavo... Certo, sempre ammesso che esista questa moneta e non sia una mia invenzione, un parto della mente alla ricerca di un'economia "virtuale". Poco importa, in fondo, siano i vecchi Franchi o i bravi Tarì, che sia Euro o Parpagliola la neonata moneta, sia colpa dell'Alitalia oppure dell'Austria: è comunque un fatto che non bastano i denari nemmeno per il Pane. Poco importa inoltre se è colpa della Pubblicità, oppure se ciò viene dalla reale bocca di Sua Maestà la Regina: comunque ci scherniscono proponendoci di mangiare Brioche.

Non detestarmi, Amico Caro, per questa mia intollerabile mancanza di certezza, non credermi idiota per questa mia improvvisa confusione, perdona la mia assenza di discernimento quando vedo, oggi, come allora, i risultati dei sussurri del potente. Così io, misero uomo del Terzo Stato, oppure solo dimenticato membro del popolo dei precari, mi affliggo, e considero smarrito il tempo e lo spazio. 

Certo, Caro Amico, confido che sia meglio. "Cosa?" tu chiederai e la risposta sarà per te di grande sconcerto. Meglio subire il giogo della Follia, lasciarsi cadere nell'ebbrezza di un oblio senza fine, nell'incertezza del presente e nell'indifferenza per il futuro. Meglio questo piuttosto che la presente consapevolezza dei nostri tempi. Perché oggi, più di ieri, chi non ha ancora perso il senno è costretto, da lampanti ed innegabili fatti, a rendersi conto della vita che scorre innanzi ai suoi occhi.

Caro Amico, s'è vero che il millennio è già trascorso, allora è vero che venticinque anni fa Catania si rendeva protagonista di uno dei suoi fatti più neri. Nonostante siano passati più di sette secoli da quando in questa città fu fatto divieto d'indossare Maschere o di coprirsi il volto, il disonore infame e l'opulenta vergogna, che tutto può e comanda, ha continuato ad indossare l'oscuro velo e a compiere i suoi crimini con mano guantata. Venticinque, ho detto, gli anni. Venticinque: da quando Giuseppe Fava fu brutalmente ucciso ed ignobilmente calunniato nella tomba. Venticinque anni d'ombra: esempio dell'eclisse di ogni virtù.

Non voglio credere, Caro Amico, che la mia mente goda di buona salute, poiché altrimenti doveri ammettere verosimile il parto della follia che oggi chiamo Italia: un luogo, del tempo e dello spazio, dove anche il pensiero e la parola son compagni di cella, legati agli stessi ceppi d'un umido e buio sotterraneo dimenticato, inevitabilmente costretti ad affidarsi al sogno per sfuggire dall'inespugnabile realtà.

Caro Amico,
all'inizio di questo nuovo anno ti porgo i miei Auguri, sia questo felice per te che vivi altrove, ti raggiungano la mia paura e la mia speranza che tu possa non tornare, ti tocchino i miei timori e le mie consolazioni, siano questi per te monito di un tempo che è stato e che di nuovo, forse, sarà.
«Non c'è speranza senza paura, né paura senza speranza.» (Karol Wojtyla)

2008-06-16

Voglio andare a vivere in campagna

Diario di un candidato alla vigilia elettorale.
Caro diario,

da quanto tempo non ti scrivo, da quanti giorni non ha luogo questo mio ricorrente passatempo?

Scusa, caro diario, ma, come saprai, sono stato molto occupato, ultimamente, per questa piccola campagna elettorale che ha impegnato me (e i miei elettori) per appena sei o sette mesi, ma adesso è conclusa.

Ho parlato di tante cose in questi giorni, ho cercato di additare nel migliore dei modi i miei avversari politici, l'ho fatto sempre con lo stile che mi contraddistingue, senza fare troppa polvere, giusto per dare quella necessaria impressione di scontro. Del resto si sa, guardati dagli amici che dai nemici ti guarda Dio... è il lato cattivo della politica questo, caro diario: troppi amici! Ma alla fine non mi preoccupo, la paura è per i giovani, noi vecchi lupi della politica ben sappiamo quanto fragile sia lo scontro ideologico nel momento in cui si parla della difesa dei reciproci interessi.

Eppure a volte mi preoccupo, caro diario, di questa Italia ormai così improduttiva. Sarà colpa dell'euro o dell'evasione fiscale? Non lo so, caro diario, poiché di economia non me ne intendo, ma una cosa è certa: non si ruba più bene come una volta. Certi momenti quasi mi sembra di vedere il popolo svegliarsi, si lo so che siamo in Italia e che questa è solo immaginazione, ma ugualmente per un attimo ho i brividi... Ah gentaglia, se solo sapesse quanto è facile cambiare le cose, ma per fortuna non lo sa e non c'è pericolo per lo status quo.

Si è vero, quest'anno abbiamo rischiato con la questione delle morti bianche, ma i giornali questa volta hanno proprio esagerato. Nemmeno fosse morto il papa! Cosa ci vuoi rubare da questi tizi in tuta che nemmeno arrivano alla seconda settimana del mese? Sono elementi inerti e poco rilevanti per le mie tasche, che pensino a lavorare di più e a pagare più tasse, allora forse ne potremo discutere... Forse, bada bene caro diario, poiché nessuno è così sprovveduto da mettersi contro le grandi industrie... ed alla fine che sarà mai qualche decina di morti l'anno? Ci servono qualche migliaio di caduti per poterci sedere al tavolo delle trattative!

Ma che bei mesi che ho passato, caro diario, soprattutto perché regolarmente pagati dagli Italiani, certo ho dovuto anticipare di tasca mia, ma figurati se non lo becco quell'1% che riparerà ogni conto alle magiche parole di "rimborso elettorale". Sapessero i miei elettori quanto sono cornuti e bastonati... C'è ancora qualche fastidioso cittadino (specie fortunatamente in via di estinzione) che tenta di avvertire gli abitanti di questa penisola sul mio passato da corrotto e colluso, ma non c'è problema, infatti non sono stato un attimo in prigione, il tutto è caduto in prescrizione e con le attenuanti. Certo caro diario quest'ultima parte è meglio ometterla, non vorrei che qualche elettore andasse a scoprire che l'applicazione delle attenuanti implica l'essere stati riconosciuti evidentemente colpevoli... Ma alla fine cosa può un cittadino in un mare di omertosi sudditi? Per questo sto tranquillo.

Oggi vedo con chiarezza il mio passato politico. Ho amministrato contro la legge, ho commesso reati contro la mia nazione, mi sono indebitamente appropriato di ciò che non era mio, ho abusato del mio ufficio e della mia posizione, sono stato tanto corrotto quanto colluso, spesso ho aiutato il proliferare ed il benessere della mafia, non ho mai rispettato il mio mandato. In qualsiasi altra parte del mondo a quest'ora sarei rinchiuso all'interno di una cella senza chiave, ma qui siamo in Italia ed è proprio in funzione di questo mio onorevole passato che ricevo oggi le lodi ed il riconoscimento del partito. Ora posso dirmi politicamente maturo ed aspirare alle più alte posizioni nell'amministrazione dello stato.

Tante cose ho detto nei passati giorni, caro diario, tante cose illegali ho fatto e tantissime buone ne ho promesse, ora, in questo week-end elettorale, è il momento del silenzio, stasera la chiusura della mia campagna. So già cosa dire e come comportarmi, farò le mie ultime promesse elettorali e, alla fine, come sempre, chiederò di metterci una croce sopra.
[ogni riferimento a fatti o persone esistenti è da ritenersi triste sintomo puramente casuale di una nazione malata, N.d.A.]

2008-05-19

La calata di San Filippo: piccolo teatro antico

«La grande città, ai giorni nostri, è l'unico deserto alla portata dei nostri mezzi» Albert Camus
Se un poco accorto turista si trovasse a passare, per caso, dopo essere incorso in un'incauta scelta arrivato ad un qualche bivio dalle parti di Piedimonte Etneo, e se il caso dovesse giudicare opportuno farlo succedere il sabato antecedente la terza domenica di maggio, questo turista di cui discorrevamo poc'anzi potrebbe restare piacevolmente meravigliato e sbigottito.

Lontano dal caotico suono dei clackson e dei motori rombanti della città, fra i monti che attorniano le gole dell'Alcantara, in una quieta valle nasce il paesino di Calatabiano: un luogo che, come in una bolla d'aria sospesa nel tempo, sembra ancora oggi riprodurre le sembianze di un borgo quattrocentesco. Se però dovesse capitare di passare per le sue vie in quel di maggio, i fiori, i manifesti, le bandiere e gli addobbi non ci consentirebbero di restare immuni da una naturale curiosità per la locale manifestazione religiosa: la calata (e la salita) di San Filippo Siriaco.

La manifestazione prevede, in maniera assolutamente regolare, ogni anno, l'accalcarsi di curiosi e turisti lungo la ripida saluta che dalla piazza centrale del paese conduce fino al promontorio dove sorge il castello Arabo-Normanno, preceduto lungo la via dalla chiesa del SS. Crocifisso. Dopo la sfilata del corteo storico, con i costumi tradizionali della casata dei Cruyllas, da qui che parte il fercolo, una riproduzione del Santo Nero che la leggenda vuole avere più volte sconfitto Satana. Circa tredici quintali portati in spalla dai portatori che percorrono correndo la ripidissima discesa arrivando alla piazza del paese in circa sei minuti, veloci per rappresentare la rapidità delle azioni del Santo contro satana. Dopo otto giorni, la domenica della settimana successiva, per l'ottava, alla discesa segue la salita del fercolo del Santo di ritorno dalla chiesa madre di Maria SS. Annunziata.

L'incolpevole turista che dovesse quindi, in questa data e in questi modi, trovarsi ad errare, non potrebbe evitare di guardare con stupore, apprensione e sbalordimento questa manifestazione che mette in scena questa narrazione sul grande palcoscenico del paese di Calatabiano e sul quale ogniuno dei partecipanti e degli spettatori recita la sua parte che, per molti, non è solo folklore ma anche religione e profondo sentimento.

Nonostante ogni anno siano in molti a venire a vedere le gesta dei portatori che tradizionalmente indossano tre nastri, verdi, rossi e gialli, «'nttrizzati» in testa, tuttavia l'evento non sembra avere grosso risalto, sebbene questo, a parere univoco di chi viene a guardarlo, sembri essere un'attrattiva molto più degna di nota che, magari, le eterne ed infinite tribune elettorali che i media nazionali e locali ci snocciolano quotidianamente davanti agli occhi.

Il turista sarebbe rimasto certamente piacevolmente meravigliato, come detto in principio, ma, di fatto, sbigottito dal silenzio che, come nebbia lattiginosa, sembra essersi infiltrato fino a farsi muro tra noi e quei fatti che i pochi potenti dei media han giudicato troppo poco importanti, e quindi indegni di nota. Cosa sia a rendere tale il giudizio di quei pochi forse è da cercare proprio in questi "noi altri" che, troppo spesso, disumanamente inerti, ci lasciamo convincere, con estrema facilità, a diventare spettatori addomesticati di spettacolari e improponibili immondizie. Così, tapini, a favore del nulla rinunciamo alla storia.
«Cos'è la storia dopo tutto? La storia sono fatti che finiscono col diventare leggenda; le leggende sono bugie che finiscono col diventare storia.» Jean Cocteau

2008-05-15

Ombre cinesi

«La teoria di supersimmetria suppone che ogni particella che osserviamo ha una particella "ombra"» (INFN)
Roma, 15 aprile 2008 - Una nuova alba sulla capitale dilegua tutte le ombre notturne sui sei colli romani, uno in particolare, però sembra non sortire l'effetto radiante del nostro astro celeste, uno, in particolare, sempre quello, Montecitorio, è oggi il teatro dove si vine messo in scena l'atto di nascita dell'ombra per eccellenza, quell'altissima e democratica espressione delle ombre italiane: il governo ombra.

Cosa c'è mai di strano in questa iniziativa? Come ci spiega la fisica questo non solo è possibile ma è anche previsto! E infatti se è vero che oggi il Senato della Repubblica conferisce la fiducia al premier Silvio Berlusconi e al suo governo, è altrettanto vero che in silenzio le ombre conferiscono la fiducia al lato oscuro dello "sforzo" repubblicano col "governo delle ombre" del nostrano e domestico Lord dei Sith "Darth Veltroni". Come reagirà il moderno yoda della terza repubblica?

Senza cedere al lato oscuro dello "sforzo" con la sua solita carismatica altezza morale (in evidente carenza di un'altezza fisica) il Cavaliere jedi Berlusconi subito prospetta un futuro di collaborazione e di reciproco rispetto con la repubblica delle ombre, e già prevede, infatti, una lunga serie di colloqui a cadenza settimanale con colui che fu il suo avversario politico: il leader dei Sith Veltroni.

A parte gli scherzi e le metafore farsesche, mirabilissima e irraggiungibile è però l'immaginazione fantapolitica dei nostri dipendenti romani, laddove nemmeno l'arguita penna di George Lucas è mai arrivata ci pensa la Mussolini che, così, tanto per non essere da meno, inventa e reinventa il suo governo "penombra". E sì, perché tra l'ombra e la luce, come ancora una volta la fisica ci insegna, c'è sempre una zona di penombra!

Da dietro le quinte, in questo palcoscenico televisivo che manda in onda lo show della fiducia, gli ombrosi e i penombrati si sfregano le mani.Quello che oggi assume tutti i propri poteri costituzionali è quindi un governo sospeso fra ombre e luci, come materia infinitamente sospesa sull'orizzonte del buco nero della rappresentanza parlamentare italiana, così creato e strutturato, a loro dire, per dare maggiore partecipazione agli elettori, ed in effetti, assolutamente riguardevole della diversità del creato, anch'esso pieno di sfumature.

Cosa ci aspetta dunque? Sarà forse il tempo del governo "chiaroscuro" di Casini? Sarà Di Pietro ad inventarsi un governo a "luce soffusa"? O saranno gli stessi presidneti delle camere ad evolvere oltre la loro stessa funzione politica inventando il governo "a sprazzi di colore"?

In questo scenario tra il mitico e il leggendario che resta diviso tra luci e ombre, del presente e del passato, palesemente sospeso tra il comico e il tragico, noi tutti, ignari e platonici spettatori, incatenati al muro della vergogna di questa moderna spelonca, non possiamo sottrarci, nemmeno a volerlo, a questi giochi politici di mirabile ed altissima fattura: abilissime esibizioni di pagliacci eletti che ancora pensano di stupire mentre proiettano su codesto muro lo spettacolare susseguirsi mediatico della loro inconclusa serie di ombre cinesi.
«Lo chiamano "Er Penombra", uno che non va d'accordo nemmeno con se stesso...» (Paolo Bonolis)

2008-04-27

25 Aprile 2008: ritorno... "a quel paese"

«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» (Art. 21, Costituzione della Repubblica Italiana)
Torino, 25 Aprile 1945: le truppe partigiane armate con un equipaggiamento di fortuna e con la sconsiderata incoscenza della gioventù liberano il capoluogo piemontese dall'occupazione nazifascista, lo stesso avviene a Milano mentre il Clnai proclama lo sciopero generale. Dall'alba al tramonto si svolge l'ultimo atto del nazifascismo che conclude la partecipazione dell'Italia alla seconda guerra mondiale. Tredici giorni di fuoco seguiranno velocemente macchiati dell'ultimo sangue dei vincitori e dei vinti, fino alla resa della Germania firmata dall'ammiraglio Karl Dönitz sulle macerie di una nazione divisa e scomparsa. In un Italia devastata in soli 45 giorni verrà nominato il Comitato di Liberazione e sarà dato il via ai lavori che porteranno alla costituente.

Oggi, dopo 63 anni, nuovamente rendiamo omaggio ai morti, tutti i morti, di quel 25 aprile , di quelle pagina nere della storia di Italia. Qualcosa però sembra essere cambiato d'improvviso. E' facile il confronto, proprio oggi, che siamo portati a voltarci indietro, tra la fine degli anni '40 e la fine di questi anni a doppio 0. Ed ecco, insano, s'insidia il dubbio che forse l'Italia non abbia preservato la sua stessa memoria.

Com'è possibile, ci chiediamo oggi, che questo stato sia la stessa sovrana nazione che ricostruì se stessa in meno di 10 anni? Possiamo ritenere ancora fedelmente rispettati quei 139 sacrosanti principi su cui il nostro paese si è fondato emanando la sua Costituzione? E' ben semplice darsi una risposta: semplice come accendere la TV, come aprire un giornale, come un click del mouse. A chi appartiene oggi quel belpaese che fu Italia?

Proprio in quei luoghi della memoria citati dal poeta Piero Calamandrei, a sua volta citato dall'ex presidente della camera Bertinotti durante il suo discorso di insediamento, ci perdonino le onorate salme di quel nerissimo '45 dell'essere Italiani. Ci perdonino per non aver saputo conservare le libertà pagate col loro sangue e la loro vita, ci perdonino per l'indifferenza e l'ignavia. Ci perdonino per l'aver rinunciato ad essere cittadini in uno stato che ha venduto se stesso.

Ma il perdono, si sa, non appartiene più ai morti, bensì ai vivi che troppo spesso, lascivi, perdonano se stessi con leggerezza. Certo non è la casta politica, oggi, a dar l'impressione di naufragare nei rimorsi, non è quella classe che strumentalizza a fini propagandistici perfino una sacra festa laica come questa: facendo della commemorante propaganda, sempre pronti, in vero, a mostrare il serio e compunto sorriso elettorale al primo obiettivo che capiti a tiro.

Forse, la novità, quest'anno, è che qualcuno ha detto basta: a modo suo, privo di fine tatto giornalistico, magari, come molteplici direttori di testate e giornali ci ricordano, ma certamente in un modo più che efficace.

Torino, 25 Aprile 2008: una folla di gente si raduna in piazza San Carlo, attorno al palco dove Beppe Grillo parlerà al pubblico del V2-Day, il secondo V-Day organizzato soprattutto con lo scopo di raccogliere adesioni e firme per i tre referendum proposti da Grillo per abolire l'ordine dei giornalisti, il finanziamento pubblico ai giornali e la legge Gasparri (nota anche come decreto salva-rete4). Le stime ufficiali dicono tra le 40 e le 60 mila persone, ma i grilli invece sostengono di essere stati quasi 120 mila. Altissimo il successo anche in altre città fra cui Napoli dove sono state raccolte fino al pomeriggio oltre 8000 firme, non di meno Catania, Roma e le altre principali città dove si è tenuto il V2-Day.

Dalle prime stime sembrerebbero essere già state raccolte oltre 1.300.000 firme (ricordando che per la proposta referendaria ne occorrono 500 mila) e la raccoltà durerà ancora per diverso tempo, per permettere a tutti coloro che non hanno potuto di firmare anch'essi, infatti per farlo basterà rivolgersi ad uno dei tantissimi meet-up e gruppi diffusi sul territorio nazionale. Per firmare occorre solo un documento di riconoscimento valido.

Certamente il grandissimo afflusso di gente al fenomeno V-Day non può che far riflettere. Sebbene infatti si sprechino le accuse di qualunquismo, di anarchia politica, persino di inciviltà, è pur vero che la gente, che non sta comodamente seduta nelle dorate sedi istituzionali, si è lasciata coinvolgere, o meglio, ha coinvolto se stessa e gli altri. Decine di giovanissimi (e meno giovanissimi) hanno contribuito in prima persona all'organizzazione su scala nazionale dei V2-Day, il tutto a titolo totalmente gratuito, mediante piccole forme di autofinanziamento, senza alcun aiuto da parte di nessuno né in termini economici né in termini informativi (anzi con il deliberato intento da parte di quasi tutti mass-media di stende un forzato silenzio sull'evento).

Ma silenzio non è stato possibile fare data la portata e la grande entità della giornata. E il dopo V2-Day? C'è ciò chi prontamente mette le mani avanti già tacciando di inutilizzabilità delle firme raccolte poiché in periodo elettorale, ma dimenticando i notissimi e celebri esempi delle volte in cui in Italia ciò è successo senza troppo clamore. Come andrà a finire tutto ciò?

Forse è semplicemente presto per dirlo, ciò che però è certo è che non ancora a lungo si potrà tentare di stendere il silenzio e di oscurare quelle centinaia di persone che in moltissime piazze hanno costruito una V gridando con tutto il cuore alle caste Italiane quell'imperativo di moto che ormai nasce, in tutti, dal cuore.

Le implicazioni sono evidenti, ma la storia ci insegna come la cronaca sia destinata a restare tale a lungo prima di divenire storia. Il 25 Aprile insegna anche questo: non sono maturi i tempi per le considerazioni e gli animi sono ancora troppo accesi per poter analizzare con razionalità storica gli eventi recenti e gli eventi passati di questo secolo. Forse un giorno l'Italia si renderà conto di aver visto l'alba di una nuova Italia, ma non è questo il giorno.

Forse un giorno gli Italiani saranno tornati Italiani e allora, solo allora, con una nuova libertà, riscoperta e ritrovata, potranno dare un libero e sereno giudizio sulle nostre presenti e passate azioni. Oggi, per alcuni, forse quel giorno è più vicino: il giorno in cui questo pese ritroverà memoria e scoperta dei valori della Costituente.


Tra rimembranze e perentori auguri, fra mandati e mandanti, si conclude così il giorno del ritorno... "a quel paese".
«La gente esige la libertà di parola per compensare la libertà di pensiero, che invece rifugge.» (Sören Kierkegaard)

2008-04-21

Politiche 2008: il pranzo è servito

«Quasi sempre, in politica, il risultato è contrario alle previsioni» (François-René De Chateaubriand)
Roma, 14 Aprile 2008: l'alba di una nuova era politica e storica abbraccia i cieli nuvolosi di una capitale ancora addormentata e completamente indifferente alle lunghe maratone notturne che hanno occupato le reti televisive italiane. Già a partire dalla sera precedente, però, arriva sconvolgente il terremoto politico indissolubilmente destinato a cambiare, forse in via definitiva, gli equilibri e il volto della cosiddetta Repubblica Italiana.

Lo spettacolo inizia alle 16 in punto, appena chiusi i seggi elettorali con la comparsa dei primi exit poll, i sondaggi fallimentari, i tanto demonizzati strumenti della confusione e dell'errore, semplice frutto, tuttavia, della proverbiale impazienza e poca sincerità, qualità tipicamente italiana in fatto di politica. Chi propone di abolirli, chi di ridimensionarli, chi invece li vanta come strumento scientifico di certa previsione. Il risultato? Tutto sbagliato. La colpa? Tutta nostra. Nel bene o nel male subito c'è chi canta vittoria, chi si congratula, chi si vanta e si impegna in altisonanti progetti, chi già spende previsioni sulla data delle future e prossime nuove elezioni.

Poi le prime proiezioni, a queste l'ingrato compito di instillare il dubbio. Il motivo? Sarà un anomalia statistica! Ma un'anomalia non è. Si susseguono i minuti ed infine le ore, si fa metà pomeriggio, e dopo la seconda e la terza, vedendo l'andazzo sempre più controtendente rispetto agli exit poll, superato il 40% di schede esaminate, l'esito comincia a farsi chiaro. Forse allora, solo in quel momento, qualcuno si volta verso due cantucci ombrosi del palcoscenico elettorale, lì dove i riflettori si affievoliscono e dove la luce scema come una speranza morente: qualcuno si è perso per strada.

Ore 19.00, ormai è evidente, Berlusconi ha stravinto, almeno alla Camera, forse anche al senato, il partito democratico non è riuscito a muoversi dalla percentuale già propria da prima della mini-campagna elettorale condotta comunemente in sordina in questi mesi, l'UDC passa per il rotto della cuffia, solo grazie agli elettori palermitani e siciliani... E gli altri?

Pochi sono i secondi necessari a fare due conti, ed ecco su questo grande palcoscenico a reti unificate i colossi si voltano, e lì, fagocitati dalle quinte della politica tutti i partiti minori e quei partiti che minori si ritrovano oggi ad essere. Come soldati, come anime senza nome al fronte nemico cadono sotto la pioggia di piombo i volti notissimi della politica, cadono sbattendo la faccia contro un muro, lasciando l'impronta su quello sbarramento, frutto della legge porcellum, che impone il silenzio a quei gruppi elettorali che non costituiscono il 4% dell'elettorato non coalizzato.

Le grandi forbici delle recenti elezioni tagliano fuori le ali della scena politica italiana, solo tre le liste sopravvissute, sull'orlo dello scivolo per il bipartitismo "all'italiana".

Alla luce di questa alba post-elettorale, godendo dei malinconici raggi di un sole malato, viene da chiedersi chi fossero i reali nemici. Chi era quell'avversario innominato a cui si riferiva Veltroni nei giorni passati? Quale invece il voto sprecato tanto additato da Berlusconi fino all'ultimo istante? Forse non era fra questi due che si svolgeva lo scontro. Forse erano proprio quei partiti, i non coalizzati, i paria della casta, il comune nemico di una specie di organismo politicamente modificato, un ibrido dialettico, un leader carismatico quale Silter Veltrusconi.

Sera, ormai, di questo 14 Aprile dell'8. Una luna moscia fa capolino fra cupi nuvoloni che annunciano pioggia, acida, corrosiva rugiada timore dei campi, singolarmente simile a quella pioggia di voti con cui l'Italia ha cambiato l'Italia. Si senta sollevato quel poco-percento di Italiani ai quali oggi lo Stato volta le spalle, si sentano sollevati coloro che a destra e a sinistra hanno espresso preferenze che non saranno considerate, si sentano sollevati poiché non rappresentati non ricadrà su di loro la responsabilità dei prossimi anni, non loro saranno detti colpevoli della morte di quella, defunta, seconda Repubblica.

Così incomincia la terza era della Repubblica Italiana: la prima, quella dei grandi partiti, morì con tangentopoli, la seconda, quella delle grandi coalizioni, muore oggi, cucinata e servita, col contorno di tutti i "partiti desaparecidos", sul vassoio d'argento dell'Italia. Buon appetito, quindi, e sia lieto il fiero pasto in questo odierno pranzo che conta due soli invitati.
« I buoni governi non sono mai resi tali dalle leggi, ma dalle qualità personali di coloro che governano. La macchina del governo è sempre subordinata alla volontà di coloro che amministrano la macchina stessa. Perciò, per un governo, la cosa più importante è il modo in cui si scelgono i capi » (Frank Herbert)

2008-02-06

Come neve al sole

«Il tempo è come un fiocco di neve scompare mentre cerchiamo di decidere cosa farne» (R. Battaglia)
Sante parole, queste, che inducono a riflettere su un tempo sempre meno presente e sempre di più passato. Quotidianamente ormai il mondo è abituato a sperperare una grande quantità di questo preziosissimo bene, e, in qualche modo, proprio l'Italia sembra volersi aggiudicare ad ogni costo il primato in questa categoria. Negli ultimi venti anni la nostra Repubblica è stata evidentemente colpita dal terribile patogeno dell'immobilismo, coinvolta in una interminabile caduta di stile nella cultura e nella politica, imprigionata nella gabbia dell'ignavia della sua classe dirigente.

Tante parole sono state scritte proprio in questi giorni, tante parole sono state pronunciate in questo o in quel salotto televisivo, a quelle tante parole, il più delle volte prive di contenuto, non mi sono voluto associare. Ho preferito tacere di fronte allo spettacolo, di dubbio gusto, che ci hanno riservato i mass media e tramite questi coloro i quali sulla carta sono nostri dipendenti ma dalle quali scelte sembriamo dipendere senza scampo.

Ebbene alla fine è successo. Nonostante il tempo trascorso da quella che sarà ricordata come la serata della mortadella e dello champagne, quel 23 gennaio 2008 che entrerà nella storia mondiale delle porcate parlamentari, nonostante le molteplici e ripetute consultazioni da parte dei Presidenti della Repubblica e del Senato, è successo: le camere si sono sciolte.

Sebbene l'articolo 88 della nostra costituzione parli chiaro, infatti, solo formalmente il decreto di scioglimento può essere attribuito al presidente Napolitano, poiché, come mai accaduto finora sinora, in maniera assolutamente lampante le camere si sono sciolte da sole. Si sono sciolte in senato ma ancora prima in parlamento, si sono sciolte nel momento in cui si è insediato un governo incapace di autogovernarsi. Poco hanno contato le consultazioni e la quasi frenetica ricerca di un appiglio pur di non sciogliere le camere e con esse ogni speranza di vitalizio pensionamento dei loro componenti.

In realtà non è il governo da demonizzare, non questo, non l'altro. E' un intera classe ormai indemoniata che ha perso gli interessi verso coloro i quali essa dovrebbe servire. Sin dall'ultima riforma elettorale altro non è stato montato che un gigantesco pupazzo di neve per forza di cose destinato a sciogliersi: un pupazzo di enormi proporzioni, magari, ma pur sempre un pupazzo, un fantoccio in mano ai poteri deboli che hanno ormai imparato a divenire poteri forti; un fantoccio che, caso singolare, proprio oggi viene bruciato così come il vecchio carnevale che ci lascia alle porte di una precoce quaresima.

Ma se i bravi Cristiani inizieranno oggi il loro periodo di digiuno eucaristico e di penitenza spirituale, non credo affatto che sarà lo stesso per i nostri politici per i quali si aprono una settantina di giorni nei quali tenteranno in tutti i modi di ingozzarsi di voti e di imbottire il popolo i promesse elettorali: per poi divorarlo con squallida ingordigia nel giorno della (loro) Pasqua elettorale.

E sarà veramente una Pasqua, in ogni senso. Con un centro sinistra che ormai ha ben poco di sinistra e quasi nulla di centro, con un centro destra ormai avvezzo al tradimento perpetuato di ogni valore della passata e defunta destra ormai sepolta sotto i cumuli delle macerie della vecchia Repubblica più o meno Democratica, è inevitabile chiedersi se questo scontato passaggio di testimone sarà effettivamente un cambiamento.

La sinistra (o sedicente tale) è ormai spacciata e la cosa è scontata proprio grazie alla gratuita campagna elettorale messa in piedi a favore della destra da questo scellerato governo di sinistra, così come dalle scadenti trovate propagandistiche del neonato e già scaduto partito democratico. Vincerà quindi la destra (o tale detta) e probabilmente con una maggioranza tanto larga da consegnare il paese nelle mani di una oligarchia aristocratica di proporzioni mai viste sinora in un paese repubblicano.

Ma alla fine che importa al popolo? Prendetevi la Repubblica ma ridateci il pane! E a questo grido e al suono di una cacofonia di simili pensieri che gli italiani andranno, in parte, a votare in quel di Aprile. Sarà un voto pieno di forma per chi prenderà il timone del paese per i prossimi 5 anni, tuttavia sarà anche un voto assolutamente privo di significato per un popolo che ha ormai rinunciato a scegliere la rotta di questa pazza nave chiamata Italia.

Chissà un giorno come i nostri lontani nipoti ricorderanno questo periodo. Chissà se qualche futuro nostro discendente scriverà ancora dell'Italia paragonandola ad una nave dalla folle rotta. Magari, forse, qualcuno dirà di più: parlerà di noi come l'equipaggio di una grande nave, tanto grande da esser quasi un transatlantico. Ho paura, però, che già ai giorni nostri si stia scrivendo il nome di questa grande folle imbarcazione che da tempo è stata ormai varata come Civile Transatlantico Titanic.

In questo triste e desolato tramonto post-politico consegniamo alla storia il giudizio sulle nostre azioni, lo facciamo con la speranza, sempre più debole, che si riesca a scongiurare la preannunciata collisione e che un intervento miracoloso, in qualche modo, sciolga il gigantesco iceberg che ci attende. In questa fredda alba che annuncia la venuta della terza Repubblica comprendiamo però, in maniera sempre più definitiva, come l'unica cosa ad essersi sciolta sia stata l'anima della politica e del senso civico di una Repubblica ben rappresentata dalle attuali camere e, come queste, ormai sciolta: come neve al sole.
«(...) E come i semi sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera (...)» (K. Gibran)

2008-01-29

Mi voti? Ma quanto mi voti?

«Già da un pezzo, da quando non usiamo più vendere i voti, il popolo non si preoccupa più di nulla; una volta distribuiva comandi, fasci, legioni, tutto. Ora se ne infischia e due cose soltanto desidera ansiosamente: pane e giochi» (Giovenale)
Chissà se Decimo Giunio Giovenale, durante la scrittura delle Satire, intorno al 100 d.C. avrebbe mai potuto immaginare che 1900 anni più tardi nulla di nuovo avrebbero visto questi cieli. Questa frase estratta dal saggio autore latino è infatti oggi attuale come allora o forse anche più di allora.

Sembra dormire, ormai, quel popolo, o semplicemente quell'insieme di persone che abitano il territorio dello stato italiano. Capaci gli italiani, capacissimi anzi, di far baldoria, di gioire e di prestarsi a far festa se opportunamente incitati all'azione, ma di fatto carenti nella sostanza e nella capacità di farsi essi stessi promotori delle loro proprie iniziative.

Nel generale letargo della coscienza è quindi più che normale assistere ai dialoghi politici nei proliferanti salotti politici di tutte le reti, è più che normale vedere questi politici comportarsi come adolescenti isterici nella stagione degli amori: ora si additano, ora si corteggiano, ora si scontrano duramente, ora sfoggiano i migliori amichevoli sorrisi.

E così fra un bacino ed un litigio, questi eterni innamorati, dal passional
e bisogno fisico di poltrona, giocano a far gli adulti e nel farlo chiedono agli italiani quanto questi li apprezzino, quanto questi possano concedergli i loro favori se essi si dimostreranno vergini e casti, se faranno voto di presentarsi soli senza altri patner alle elezioni oppure se invece si presenteranno tutti insieme in una grande partecipazione orgiastica elettorale.

E fra un sondaggio ed un po' di pubblicità, fra un finto dibattito e l'inizio di una nuova campagna elettorale c'è anche chi, come nelle migliori storie d'amore, sente il bisogno di prendersi pause di riflessione.

E a chi può andare oggi in omaggio il San Valentino d'oro se non al nostro amato presidente Napolitano? Anche lui, innocente creatura, dolce e tenero innamorato della politica, vuole la sua pausa di riflessione. Eh si che ha molto da riflettere! Con oggi si può apertamente affermare che Napolitano ha verificato come la maggioranza dei partiti e dei seggi delle due camere non vuole affatto un governo di grande coalizione, non vuole tecnici e non vuole governi a termine, ha inoltre verificato come non ci sia nemmeno lontanamente un accordo sulla legge elettorale nemmeno all'interno della ex-maggioranza.

A sostengo di tali parole basta guardare, in questo momento, Ballarò su raitre con la senatrice Finocchiaro che a momenti parrebbe volersi lanciare sul collo del povero Diliberto con fare vampirico, cosa che effettivamente ad un'occhiata improvvisa potrebbe non sembrare tanto fantasiosa...

E dunque è c
omprensibile quanto Napolitano abbia da riflettere su questa decisione difficilissima con così poche possibilità di comprendere quali siano gli umori politici attuali. E quindi come non porgere ad Egli gli auguri di tutto il popolo di cui è presidente? Un popolo che certamente si fida ciecamente di lui e che non ha alcun dubbio sul fatto che in queste ore Napolitano si rinchiuderà in un bunker senza contatti col mondo esterno per evitare STRANE influenze.

Con la coscienza in pace quindi, mondata da ogni sospetto sulle importantissime ed imminenti nomine delle più alte cariche negli enti sottogovernativi italiani così come da ogni sospetto sulle pensioni parlamentari sempre più vicine, certi che la soluzione migliore per questa crisi di governo sarà comunicata a breve dalla Presidenza della Repubblica gli italiani dunque già attendono carponi.

«I più grandi dolori sono quelli di cui noi stessi siamo la causa» (Sòfocle)

2008-01-28

«Aggiungi un posto a tavola...

...che c'è un Cuffaro in più, se sposti un po' la seggiola stai comodo anche tu!»
Forse è con queste parole che il presidente Casini, segretario dell'UDC, richiamerà all'ordine i membri delle due Camere, infatti, per chi non lo avesse saputo, l'ormai ex presidente della regione Sicilia, Cuffaro si è dimesso.

Si è dimesso, ci tiene a farlo sapere, non certo per colpa della sentenza emessa pochi giorni fa dal Tribunale di Palermo, ma per la strumentalizzazione che se ne stava facendo. Si, infatti, ci tiene a
ribadirlo, non è mai stato condannato per favoreggiamento a stampo mafioso, perché lui non è certo un mafioso! L'ex presidente Cuffaro, infatti, come attesta la sentenza, non ha favorito l'intera Mafia, non ha certo svenduto favori all'ingrosso, si è solo premurato di svolgere un'attività di "favoreggiamento al dettaglio" a questo o quell'altro singolo mafioso.

Ed in effetti, però, per quanto incontestabile ne era la base, già la strumentalizzazione politica era ben che incominciata. Chi nei giorni scorsi con un rapido zapping tra un canale e l'altro non ha sentito svariate volte il nome di Cuffaro nei vari salotti politici, il più delle volte pronunciato da un'additante sinistra come disvalore per la campagna della destra?

Ebbene sì, lo ammetto, anche io ho firmato la petizione per chiedere le dimissioni di Cuffaro, ma qui mi assumo la responsabilità di sfidare questi stessi a fare lo stesso nel momento in cui il prossimo politico di sinistra dovesse essere coinvolto in problemi con la giustizia.

Ovviamente comprendo quanto possa essere vana ed inutile una tale sfida, ma solo poiché già so quanto vana è stata la richiesta di dimissioni a Cuffaro, infatti, non penso nemmeno lontanamente che ciò possa aver arrecato alcun disturbo al medesimo, specialmente in vista delle future e vicine elezioni politiche per le quali Casini ha già promesso allo stesso Cuffaro "in segno di fiducia e stima" il posto di capolista sia per la camera che per il senato nella Sicilia orientale.

Ovviamente nessuno avrà mai il coraggio di collegare tutto ciò all'immunità parlamentare di cui godrà Cuffaro quando sarà eletto, così come nessuno potrà mai nemmeno lontanamente supporre che una simile operazione abbia a che vedere con la futura non processabilità del neo-deputato o neo-senatore, che, condannato in primo grado, potrebbe non scontare mai la condanna.

La verità è che nemmeno io voglio fare grandi supposizioni, forse proprio per la paura e il disgusto che naturalmente nasce dalle considerazioni in proposito, tuttavia una domanda mi è inevitabile: chi prenderà adesso in mano il testimone del dimissionario presidente dell'ARS?

Forse non è la domanda, ma la risposta a causare in me il peggior sentimento: un sentimento di profondo disgusto, certo, ma anche di profonda pietà e tristezza per questa mia disperata terra. Da sole suonano nella mia mente le parole di una canzone molto forte come The End dei Doors:
[The End] Can you picture what will be
So limitless and free
Desperately in need of some stranger's hand
In a desperate land

(Puoi immaginare come sarà la fine? Così infinita e libera. Col disperato bisogno di una mano straniera in una terra disperata)

2008-01-25

Sinistra, ultimo atto

«La democrazia è la forma di governo che dà ad ogni uomo il diritto di essere il proprio oppressore»
Condivido pienamente queste parole scritte molti anni fa da Henry Louis Mencken, mai infatti vi fu stato più democratico dell'Italia nel conferire al popolo il potere di autodistruggersi.

Durante la mattina e il pomeriggio di questa giornata catanese dal clima quasi primaverile ho avuto modo di ascoltare la gente e di sentire l'euforia e la festa di coloro
che non troppo discretamente si rallegravano di ricordare l'avvenuta caduta del governo di Romano Prodi. Come non farsi coinvolgere da tale euforia? Come non condividere, almeno in parte, almeno colti da un sentimento di empatia, gli umori collettivi?

Tiriamo le somme dunque di questo govern
o per capire qualcosa del governo che verrà. La legislatura è durata meno di due anni, è nata già manchevole di una maggioranza stabile per effetto di una legge elettorale definita una "porcata" da coloro che l'avevano scritta e approvata. E sebbene la sconfitta elettorale con questa legge si sia presentata come un ottimo contrappasso per chi ha tentato di mettere le manacce sulla costituzione e sulle elezioni, non ha certo giovato al paese, in nessun modo.

In questo periodo di tempo, diciamocelo, il governo non ha concluso NULLA. Bhe, non proprio nulla in fondo... Il governo tre o quattro cose le ha fatte. Ha bloccato tutte le opere pubbliche, quelle cattive, inutili ed irrealizzabili (come il ponte di Messina), ma anche quelle buone, utili e soprattutto necessarie (come la TAV); ha varato le leggi finanziare di lacrime e sangue, di fatto riducendo il debito pubblico di oltre 3 punti percentuali e portandolo al minimo storico del 1.2%, anche se per far questo ha indebitato gli italiani; infine ha indultato i carcerati e la monnezza.

Nient'altro, ahimè trovo da elencare fra le cose compiute da questo governo. Alla luce dei fatti, senza esprimere alcuna opinione sui meriti o sui demeriti individuali, l'Italia si è arenata, è rimasta ferma per due anni, fra l'altro molto buoni dal punto di vista economico, fino ad oggi, quando alle porte si affaccia una possibile grande recessione. Non voglio sindacare
sulle colpe, non so se l'incapacità è derivata dall'esecutivo o dall'inesistente maggioranza, o dalle lotte intestine o dalla non collaborazione fra i diversi schieramenti alleati ed opposti. Certo è che solo un ricordo rimarrà agli italiani della passata legislatura.

Abbiamo guadagnato di meno, abbiamo speso di più, abbiamo saldato una parte del debito pubblico indebitandoci noi stessi. Alla fine dobbiamo dire che il ministro Padoa Schioppa non sembra essersi reso partecipe di un'eccellente azione economica
del governo, alla fine si è limitato a fare quello che ogni altra lavandaia avrebbe saputo fare, ha risolto il debito semplicemente spostandolo dalle casse pubbliche alle tasche degli italiani. Insomma un'idea di economia a mio avviso un po' casalinga, un po' domestica è questo che mi pare aver fatto il nostro ministro: economia domestica.

Come non parlare poi dell'immobilismo tecnologico? Delle mancate riforme sulla scuola? Dei promessi PAX, DICO e non dico.. Insomma dove sono finite quelle 230 pagine di programma elettorale? E certo che di cose ne erano state promesse... E non si escano fuori le scuse inerenti la legge elettorale, poiché il programma è stato redatto quando già questa legge era stata votata ed approvata.

E' prevedibile così quale sarà il futuro risultato elettorale, sono altresì prevedibili a mio avviso le sce
lte che sarà costretto a fare il Presidente della Repubblica. E' probabile che Napolitano tenti di costituire un governo tecnico con lo scopo di varare la sola riforma elettorale, ma con quale maggioranza? E quale riforma??

Ad oggi va preso atto della non esistenza di una maggioranza e della non esistenza di un'idea di riforma elettorale che possa trovare dei consensi in numero sufficiente da essere approvata ed applicata.

Pertanto è evidente la difficoltà che Napolitano temo non riuscirà ad affrontare dovendo quindi sciogliere le camere e richiamando alle urne elettorali gli italiani. Ma cosa succederà in quel momento?

Secondo molte voci sarà l'astensionismo a prevalere, tuttavia io non ne sarei così certo. Il centro-destra (o detto tale) parte infatti avvantaggiato da una campagna elettorale durata più di un anno e mezzo gratuitamente e volontariamente offerta dallo scellerato governo di sinistra appena defunto. E come
biasimare gli italiani?

Se è vero che scegliere il male minore non è una soluzione, è anche facile pensare cosa direbbe in proposito uno dei padri di famiglia che ultimamente non sono riusciti a sfamare i loro figli il 20 del mese. Dopo una serie di tassazioni vessatorie ed un infinita richiesta di lacrime e sangue da parte di un governo che per tagliare la spesa pubblica ha ben pensato di ampliare l'organico, il numero di ministri e sottosegretari ed i propri stipendi, quanti italiani sarebbero disposti a concedere il bis?

Se è vero dunque che oggi più che mai il fenom
eno dell'astensionismo inciderà sulle elezioni, credo anche che questo non sarà così esteso e che riguarderà soprattutto gli elettori del centro-sinistra. La conseguenza di quanto detto è ovviamente tutta a vantaggio del centro-destra, è infatti prevedibile che la casa delle libertà e tutto il circondario siano eletti a larghissima maggioranza, cosa per la quale dovranno certamente ringraziare il dimissionario professore ed il suo esecutivo.

Temo però che ci aspettino anni duri, semp
re più duri. Temo che l'Italia stia per consegnare nelle mani del centro-destra tutto lo strapotere di cui ha bisogno per regnare incontrastato nei prossimi cinque anni innalzando sotto la Sacra Bandiera Repubblicana la pesante effige di un nuovo regno barbaro.

Credo che Romano Prodi e con egli la sinistra abbia concluso la propria carriera politica almeno per una o due generazioni, è lecito quindi comprendere la felicità di Berlusconi e del suo schieramento tutto che potrà felicemente brindare oggi con dell'ottimo champagne.


«Ogni nazione ha il governo che si merita» (Joseph Maistre)