Roma, 2 giugno 1946. Questa data, nota a tutti gli italiani (o almeno spero sia così) poiché è il giorno in cui si festeggia la festa della Repubblica, ci riporta indietro al lontano '46 quando gli Italiani furono chiamati a votare nel plebiscito popolare che segnò il passaggio dell'italia all'ordinamento repubblicano abbandonando così la monarchia costituzionale come forma di governo. Ma, come spesso accade quando si parla di storia, non ci si può sottrarre dal compito di giudicare e considerare di nuovo le cronache storiche quando si entra in possesso di nuovi elementi.
La mia opinione è che il plebiscito del 1946 fu solo un voto apparente e facente da copertura ad un golpe aristocratico. Non è infatti vero che una volta avuto termine la monarchia dei Savoia, dismesso lo scudo crociato del Regno d'Italia, subito gli italiani si trovarono un'altro scudo crociato, ma stavolta quello della Democrazia Cristiana, a dominare la Repubblica, morta ancora prima di nascere, a favore di una nuova Aristocrazia? Fu questo infatti il frutto della prima Repubblica, null'altro che il tempestoso mutare dei nomi, il riammodernarsi degli stemmi e la candida (ma nemmeno troppo) e scintillante propaganda della fine degli anni '40. E così, mentre la Democrazia Cristiana governava l'Italia, la presenza del piano Marshall (dignitosissima opera di aiuto, ci mancherebbe), insieme agli aiuti popolari, che potremmo ben leggere, senza troppa licenza, come tangenti pro-voto, garantiva la prosecuzione e la cristallizzazione dello status quo. In quegli anni gli Italiani, del resto, erano troppo impegnati a raccogliere i cocci rimasti alla fine di quella fase della grande guerra degli ultimi due secoli che i libri di storia chiamano "Seconda Guerra Mondiale".
Erano troppo impegnati gli italiani di allora nel tentativo di trovare uno scopo per tirare avanti, per godere e rallegrarsi delle cose più misere sperando di riuscire a non pensare al passato per qualche momento, dipenticando per un attimo ciò che la guerra degli anni precedenti aveva trattenuto con se. L'Italia del dopofascismo e del secondo dopoguerra (o cosiddetto) lavorava sodo e si accontentava di poco: di un pacco di pasta, di una concessione governativa, di un posto fisso alle Poste della Repubblica, di un voto dato all'ultimo politicante di turno per guadagnarsi il piatto dell'ultima offerta. E così, fra una legislatura e l'altra, trascorsero quegli anni di durissimo lavoro verso l'uscita di un tunnel oscuro e verso una luce che esplose di colpo nel boom economico degli anni '60.
E così, fra una Lamborghini e una Maserati viste sfrecciare per la strada, dodici ore in fabbrica alla Fiat e un piatto di spaghetti la sera a tavola in famiglia, trascorrevano anche quegli anni mentre gli Italiani costruivano il loro piccolo sogno, mentre acquistavano le loro Fiat 500 tirandole a lucido come fossero le migliori Rolls Royce, andando a lavoro ogni giorno col sorriso sul volto, incorniciato dalle stanche rughe di un pesantissimo passato. E così, fra un capodanno e l'altro, fra una legislatura e la seguente, mentre cambiavano i numeri nel calendario, gli italiani si portavano avanti, sbarcando quotidianamente il lunario e abituandosi e accontentandosi dello stato delle cose e dello Stato Italiano.
Fra una canzone del Festival di Sanremo ed una da quello di Castrocaro, canticchiando gli italiani mossero poi i primi passi nello sconvolgente decennio degli anni '70, figli prediletti del boom appena vissuto, dell'esplosione tecnologica e dei fiori. Passavano gli anni e con loro passavano di moda gli occhiali di metallo a favore delle orribili montature in osso colore nero o tartarugato, il Padrino passava dal grande al piccolo schermo e il cinema odorava di nuovo col Tempo delle Mele. Tutto par procedere in maniera tranquilla agli italiani, mentre ai politici resta l'osso grosso dei sotterfugi e delle porcherie illegali di quegli anni rispetto alle quali gli italiani restano assolutamente ignoranti.
E' il 1978 a dare una scossa all'italia e al mondo politico quando il 16 marzo, in via Farini, a Roma, alla viglilia della chiamata alle urne, cinque uomini facenti parte della scorta di sicurezza vengono sterminati a sangue freddo e Aldo Moro, segretario della Democrazia Cristiana, viene rapito dalle Brigate Rosse. Il giorno seguente vedrà per la prima volta la maggioranza degli Italiani votare. Dopo altri 54 giorni Aldo moro sarà assassinato con altrettanto sangue freddo dalla mano di Mario Moretti, a capo di quella cellula. E' il nono giorno del mese di maggio del 1978. Seguiranno gli anni di Giulio Andreotti presidente del consiglio che cederà il testimone nelle mani di Francesco Cossiga per la legislatura seguente.
Intanto mentre il sangue scorre per le strade italiane, il popolo saluta il decennio delle grandi promesse e delle grandi speranze, accoglie con timore il 1980 e gli anni seguenti. Saranno gli anni della svolta tecnologia, sarà un momento di forte cambiamento ed evoluzione del pensiero, fino al 1985, anno di frattura fra due diversi prototipi generazionali i classe "alto 85" e i classe "basso 85", chi vi scrive, sebbene nato all'inzio delle seconda metà dell'85, sente di appartenere profondamente alla prima categoria. Intanto tra vari governi di coalizione si giung con passo sempre più pesante all'anno che vide il mondo cambiare volto nei promettenti giorni del 1989.
Un uragano è però alle porte, mentre Giulio Andreotti viene nominato per l'ultima volta capo del consiglio, il 17 febbraio del 1992 scattano le manette per Mario Chiesa, è l'inizio dell'operazione Mani Pulite. In seguito a diversi decreti parlamentari il pool di Antonio Di Pietro, allora magistrato di punta nelle vicende di Tangentopoli, passa al setaccio l'intero scenario politico italiano, portando alla luce moltissime porcherie sotto lo stemma della Camera de Deputati, ma in fondo, solo una piccola parte di quanto realmente accaduto. Il governo e la politica italiana si sfracellano, la struttura parlamentare crolla su se stessa convergendo in un breve governo tecnico. E' la fine della prima repubblica.
La seconda repubblica nasce fra un fuoco incrociato di dialettica e retorica fra i poli degli eredi indegni della destra e della sinistra italiana. E' il 10 maggio del 1994, viene eletto Berlusconi, capo del nascente partito di Forza Italia nella coalizione del cosiddetto Buon Governo, ma subito cade nel giro di 8 mesi, viene quindi affidato un governo tecnico nelle mani di Lamberto Dini nominato dall'allora presidente Scalfaro. La successiva legislatura vede salire al potere Prodi e l'Ulivo, ma segue un girotondo di primi ministro, un lungo balletto sabbatico, attorno al cadavere dello stato Italiano, dove i nuovi oligarchi banchettano sui resti della cacciata degli aristocratici di corte. Fra un balletto e l'altro, in mezzo al totale malcontento degli italiani, le elezioni del 13 maggio 2001 vedranno la nuova ascesa a capo del consiglio di Sivlio Berlusconi, governerà per i successivi 5 anni mettendo mano a tutto e tutti, modificando infine la legge elettorale. Con quest'ultima modificazione gli Italiani vengono privati del diritto di indicare un nome sulle schede elettorali, oramai lunghi lenzuoli dove alliniati in riga per ordine di coalizione si vedono solo due lunghe schiere di simboli di parito. Il 17 maggio del 2006 Romani Prodi presta per la sua seconda volta giuramento su un libro dagli ottimi intenti ma dalle poco realistiche parole: la Costituzione Italiana. Il primo articolo di questa dice esattamente:
La mia opinione è che il plebiscito del 1946 fu solo un voto apparente e facente da copertura ad un golpe aristocratico. Non è infatti vero che una volta avuto termine la monarchia dei Savoia, dismesso lo scudo crociato del Regno d'Italia, subito gli italiani si trovarono un'altro scudo crociato, ma stavolta quello della Democrazia Cristiana, a dominare la Repubblica, morta ancora prima di nascere, a favore di una nuova Aristocrazia? Fu questo infatti il frutto della prima Repubblica, null'altro che il tempestoso mutare dei nomi, il riammodernarsi degli stemmi e la candida (ma nemmeno troppo) e scintillante propaganda della fine degli anni '40. E così, mentre la Democrazia Cristiana governava l'Italia, la presenza del piano Marshall (dignitosissima opera di aiuto, ci mancherebbe), insieme agli aiuti popolari, che potremmo ben leggere, senza troppa licenza, come tangenti pro-voto, garantiva la prosecuzione e la cristallizzazione dello status quo. In quegli anni gli Italiani, del resto, erano troppo impegnati a raccogliere i cocci rimasti alla fine di quella fase della grande guerra degli ultimi due secoli che i libri di storia chiamano "Seconda Guerra Mondiale".
Erano troppo impegnati gli italiani di allora nel tentativo di trovare uno scopo per tirare avanti, per godere e rallegrarsi delle cose più misere sperando di riuscire a non pensare al passato per qualche momento, dipenticando per un attimo ciò che la guerra degli anni precedenti aveva trattenuto con se. L'Italia del dopofascismo e del secondo dopoguerra (o cosiddetto) lavorava sodo e si accontentava di poco: di un pacco di pasta, di una concessione governativa, di un posto fisso alle Poste della Repubblica, di un voto dato all'ultimo politicante di turno per guadagnarsi il piatto dell'ultima offerta. E così, fra una legislatura e l'altra, trascorsero quegli anni di durissimo lavoro verso l'uscita di un tunnel oscuro e verso una luce che esplose di colpo nel boom economico degli anni '60.
E così, fra una Lamborghini e una Maserati viste sfrecciare per la strada, dodici ore in fabbrica alla Fiat e un piatto di spaghetti la sera a tavola in famiglia, trascorrevano anche quegli anni mentre gli Italiani costruivano il loro piccolo sogno, mentre acquistavano le loro Fiat 500 tirandole a lucido come fossero le migliori Rolls Royce, andando a lavoro ogni giorno col sorriso sul volto, incorniciato dalle stanche rughe di un pesantissimo passato. E così, fra un capodanno e l'altro, fra una legislatura e la seguente, mentre cambiavano i numeri nel calendario, gli italiani si portavano avanti, sbarcando quotidianamente il lunario e abituandosi e accontentandosi dello stato delle cose e dello Stato Italiano.
Fra una canzone del Festival di Sanremo ed una da quello di Castrocaro, canticchiando gli italiani mossero poi i primi passi nello sconvolgente decennio degli anni '70, figli prediletti del boom appena vissuto, dell'esplosione tecnologica e dei fiori. Passavano gli anni e con loro passavano di moda gli occhiali di metallo a favore delle orribili montature in osso colore nero o tartarugato, il Padrino passava dal grande al piccolo schermo e il cinema odorava di nuovo col Tempo delle Mele. Tutto par procedere in maniera tranquilla agli italiani, mentre ai politici resta l'osso grosso dei sotterfugi e delle porcherie illegali di quegli anni rispetto alle quali gli italiani restano assolutamente ignoranti.
E' il 1978 a dare una scossa all'italia e al mondo politico quando il 16 marzo, in via Farini, a Roma, alla viglilia della chiamata alle urne, cinque uomini facenti parte della scorta di sicurezza vengono sterminati a sangue freddo e Aldo Moro, segretario della Democrazia Cristiana, viene rapito dalle Brigate Rosse. Il giorno seguente vedrà per la prima volta la maggioranza degli Italiani votare. Dopo altri 54 giorni Aldo moro sarà assassinato con altrettanto sangue freddo dalla mano di Mario Moretti, a capo di quella cellula. E' il nono giorno del mese di maggio del 1978. Seguiranno gli anni di Giulio Andreotti presidente del consiglio che cederà il testimone nelle mani di Francesco Cossiga per la legislatura seguente.
Intanto mentre il sangue scorre per le strade italiane, il popolo saluta il decennio delle grandi promesse e delle grandi speranze, accoglie con timore il 1980 e gli anni seguenti. Saranno gli anni della svolta tecnologia, sarà un momento di forte cambiamento ed evoluzione del pensiero, fino al 1985, anno di frattura fra due diversi prototipi generazionali i classe "alto 85" e i classe "basso 85", chi vi scrive, sebbene nato all'inzio delle seconda metà dell'85, sente di appartenere profondamente alla prima categoria. Intanto tra vari governi di coalizione si giung con passo sempre più pesante all'anno che vide il mondo cambiare volto nei promettenti giorni del 1989.
Un uragano è però alle porte, mentre Giulio Andreotti viene nominato per l'ultima volta capo del consiglio, il 17 febbraio del 1992 scattano le manette per Mario Chiesa, è l'inizio dell'operazione Mani Pulite. In seguito a diversi decreti parlamentari il pool di Antonio Di Pietro, allora magistrato di punta nelle vicende di Tangentopoli, passa al setaccio l'intero scenario politico italiano, portando alla luce moltissime porcherie sotto lo stemma della Camera de Deputati, ma in fondo, solo una piccola parte di quanto realmente accaduto. Il governo e la politica italiana si sfracellano, la struttura parlamentare crolla su se stessa convergendo in un breve governo tecnico. E' la fine della prima repubblica.
La seconda repubblica nasce fra un fuoco incrociato di dialettica e retorica fra i poli degli eredi indegni della destra e della sinistra italiana. E' il 10 maggio del 1994, viene eletto Berlusconi, capo del nascente partito di Forza Italia nella coalizione del cosiddetto Buon Governo, ma subito cade nel giro di 8 mesi, viene quindi affidato un governo tecnico nelle mani di Lamberto Dini nominato dall'allora presidente Scalfaro. La successiva legislatura vede salire al potere Prodi e l'Ulivo, ma segue un girotondo di primi ministro, un lungo balletto sabbatico, attorno al cadavere dello stato Italiano, dove i nuovi oligarchi banchettano sui resti della cacciata degli aristocratici di corte. Fra un balletto e l'altro, in mezzo al totale malcontento degli italiani, le elezioni del 13 maggio 2001 vedranno la nuova ascesa a capo del consiglio di Sivlio Berlusconi, governerà per i successivi 5 anni mettendo mano a tutto e tutti, modificando infine la legge elettorale. Con quest'ultima modificazione gli Italiani vengono privati del diritto di indicare un nome sulle schede elettorali, oramai lunghi lenzuoli dove alliniati in riga per ordine di coalizione si vedono solo due lunghe schiere di simboli di parito. Il 17 maggio del 2006 Romani Prodi presta per la sua seconda volta giuramento su un libro dagli ottimi intenti ma dalle poco realistiche parole: la Costituzione Italiana. Il primo articolo di questa dice esattamente:
Oggi, 2 agosto 2007, alla luce di quando ho detto posso affermare che non ci credo. Invero l'Italia altro non è, ad oggi, che una Partitocrazia oligarchica, fondata sul ricatto, la cui sovranità ad altri non appartiene che a chi detiene la capacità di porre in scacco quanti più pezzi importanti possibili sullo scacchiere dei poteri dello Stato e del Popolo. In definitiva quanto è cambiato dai lontani tempi del Regno d'Italia? Alla Storia il compito di giudicare, giudicarci e dare giudizio. Solo una frase resta impressa nella mia mente grazie alla finissima penna di Tommasi da Lampedusa:L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
«Perché tutto rimanga com’è tutto deve cambiare.»
3 commenti:
leggere l'intero blog, pretty good
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
molto intiresno, grazie
Posta un commento